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La seconda serie è qui.

La prima qui.

«Salvezza nazionale» ma con chi?

Quello che si presenta in Parlamento sarà uno dei governi più inguardabili che la storia recente abbia mostrato. Un governo nato sotto l’esigenza della “Salvezza Nazionale” ma che contiene al suo interno esponenti con cui non bisognerebbe prendere nemmeno un caffè. A quel punto meglio un governo formato da soli tecnici. E invece ci hanno presentato una macedonia immangiabile. Ho accolto con piacere la decisione, seppur combattuta e non condivisa da tutti, di Sinistra italiana di votare No alla fiducia. Il No è l’unica risposta possibile alle farneticazioni di Salvini e di Brunetta, di Giorgetti e Gelmini ecc. Ma questo No non deve rimanere lettera morta. Questo No deve portare conseguentemente ad un Sì. Un Sì all’unione definitiva di tutto quel popolo di sinistra che negli anni si è perso per strada scegliendo vicoli e vicoletti. Abbiamo bisogno di riportare quel popolo su una stessa strada che va tracciata con attenzione e che deve essere priva di ostacoli (vedi possibili alleanze con Pd e M5S). Il tempo, come al solito, stringe e bisogna far presto. Al lavoro e alla lotta.

Roberto Longobardi

 

Approfittiamone…

Che dire? Passerà! Questo è sicuro! Molto più sicuro della pandemia! E allora approfittiamone, abbiamo due anni di tempo per ricostituire uno straccio di sinistra organizzata degna di questo tratto distintivo (obbligatorio per chi aderisce leggere Bobbio), che unisca e non divida, che sia capace di rappresentare i valori e le istanze necessarie e da salvaguardare e non abbia alcuna incertezza sulle poche cose fondamentali che servono agli italiani, così come agli europei e ai cittadini del mondo: pace, contrasto vero ai cambiamenti climatici, riequilibrio e ridistribuzione della ricchezza, solidarietà e accoglienza, lotta alla povertà e cancellazione del debito dei paesi poveri. Una sinistra europea connessa con il mondo capace di battersi per il ridisegno delle istituzioni internazionali e delle loro funzioni. Che dite? Ci riusciremo? Ho molti dubbi, purtroppo, ma mi illudo che, in tanti, ci si senta addosso la responsabilità di provarci e non lasciare le macerie di ciò che abbiamo distrutto solo sulle spalle dei giovani (vedi Greta) o peggio su quelle dei finti benefattori (vedi Gates). Buon lavoro ai costruttori.

Antioco Usala

 

Politica fallita, rischio oligarchia dei tecnici

L’insediamento del governo Draghi certifica la totale sconfitta della politica italiana, che si è dimostrata così incapace di gestire gli ultimi sei mesi di emergenza, facendosi sballottare tra le richieste di industriali miopi e di un mondo scientifico che non sa bene come comunicare le proprie idee a profani e affaristi, da rendere non solo necessaria l’instaurazione di un governo tecnico, ma perfino auspicabile. Ebbene, una simile sconfitta (ascrivibile alla classe politica tutta ma in special modo a chi si autodefinisce “progressista” e, a volte, “di sinistra”) non fa che farmi pensare che tira una brutta aria. Come può un governo tecnico decidere su qualcosa? Il mondo dell’economia, da buona tradizione dell’empirismo britannico, si arroga la conoscenza delle verità ultime: si fa così perché è l’unica cosa giusta da fare. Un tecnico ritiene sempre di avere un motivo validissimo per far qualcosa ma, a ben vedere, la validità stessa degli argomenti presentati spesso è non solo debole ma addirittura nulla e alla base delle strategie stesse ci sono nient’altro che scelte arbitrarie, basate sulle idee dominanti (che, citando Marx, sono le idee della classe dominante). E di qui si arriva al concetto di oligarchia, del governo “dei migliori”. Stiamo intraprendendo una strada che non ha sbocchi piacevoli e auspico fortemente una presa di posizione del mondo della sinistra (ora troppo occupata a godersi il successo delle ultime manovre di palazzo).

Iacopo Rippa

 

Che c’entra citare la Resistenza…

In seguito alla “beatificazione” di Draghi ed all’“ammucchiata” quasi totale dei soggetti presenti in Parlamento a sostegno del “salvatore della patria”, si è citata l’esperienza unitaria della Resistenza, dimenticando però che quella unità aveva un nemico preciso, il nazi-fascismo, e quindi un collante altrettanto preciso, l’antifascismo, mentre quella odierna i fascisti ce l’ha al suo interno (quelli della Meloni sono all’opposizione, ma quelli di Salvini governano). Credo che si potrebbe cercare di unificare gli intenti critici, più che in enunciazioni general-generiche contro il Governo Draghi, intorno a obiettivi come: la difesa della democrazia costituzionale, l’opposizione ai provvedimenti che il Governo prenderà in contrasto con le esigenze popolari (ad esempio, l’utilizzo dei finanziamenti europei per portare avanti le grandi opere inutili e dannose), la promozione di campagne vere e proprie su temi avvertiti come importanti da un gran numero di persone (esemplificando, i vaccini “bene comune”, svincolati dalla logica dei brevetti, e la pubblicizzazione dell’acqua), la riproposizione, con forza, della lotta al precariato e della indicazione di “un’altra Europa”, da contrapporre a quella attuale, neo-liberista, il mantenere alta la guardia rispetto al razzismo, al sessismo, al fascismo (con le destre “negazioniste” – dei pericoli causati dalla pandemia – oggi in ruoli di governo), il tenere in considerazione, ed appoggiare, l’esperienza della Società della Cura che cerca di collegare gli interventi di impegno sociale sviluppatisi a livello locale.

Moreno Biagioni

 

Attenti alle favole

Come sia possibile per il Pd e per LeU convivere con Brunetta (quello della caccia ai fannulloni, che ha contribuito a far passare il messaggio dei lavoratori pubblici come lazzaroni), con la Gelmini e Giorgetti? Come sia possibile farsi fregare da Draghi con la favola del Ministero alla Transizione Ecologica, quando colui che la gestirà, Cingolani, solo un anno fa dichiarava che il solare costa troppo e che il gas è il male minore (fonte Greenpeace)? Come sia possibile sostenere i diritti dei migranti, volerli estendere, stando al governo con la Lega razzista di Salvini, quella dei porti chiusi, dei respingimenti? Oppure stare insieme con la neo ministra della Giustizia Cartabia, ex Presidente della Corte Costituzionale, di fede ciellina, contraria alle unioni civili delle persone omosessuali e a favore del crocifisso in tutti gli edifici pubblici? Questo governo non mi rappresenta, è un governo della destra che renderà i ricchi sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri. Dai vari governi “tecnici” (Dini, Ciampi, Monti e Draghi) i lavoratori, i pensionati, i disoccupati, hanno avuto solo batoste, frutti avvelenati, subiamo ancora oggi gli effetti nefasti della riforma pensionistica della Elsa piangente. E’ urgente, dobbiamo, ricostruire una forza di sinistra degna di questo nome, lavorando con tutti i soggetti politici e sociali disponibili, in forma federata, a rete, ma unita sui contenuti, che metta al primo posto i diritti dei lavoratori, il diritto al lavoro e l’equità fiscale.

Beppe Bettenzoli, Crema

 

Condivido De Petris

Per essere oltremodo sintetica, come da voi richiesto, voglio sottoscrivere pienamente l’articolo su Loredana de Petris del 16.02. In questo momento e in questa situazione assolutamente anomala non vedo altre soluzioni, sempre con la barra a dritta!

Patrizia Horn

 

L’intellettuale collettivo che ci manca

In questo momento di profonda crisi, pagata esclusivamente dalla parte più debole del popolo italiano, l’intera classe dirigente ha mostrato la sua totale inadeguatezza. La Politica è morta; non c’è più. Il suo posto è stato assunto da banchieri e tecnocrati secondo la legge del capitale. Il problema per i lavoratori non è quello di starci (De Petris) o non starci (Fratoianni) ma la mancanza di un “Nuovo Principe”, di un “Intellettuale Collettivo” capace di interpretare e rappresentare gli interessi dei più deboli. Manca “il Partito”. Quella organizzazione di uomini e donne capace di guidare l’intero proletariato italiano (che esiste ancora) alla conquista di nuovi e vantaggiosi equilibri. Se stiamo in queste condizioni, un pensiero va ai “riformisti” ad iniziare da Napolitano e a seguire Occhetto, Veltroni, Dalema, Bersani e gli altri ancora.

Flavio Mastrocecco, Atessa (Ch)

 

Dov’è la democrazia…

La Democrazia è il diritto del popolo di scegliersi i propri rappresentanti, non è la schiavitù di un popolo che ha un uomo al comando che decide lui solo al posto di tutti. La storia migliore è di quelli che voteranno No alla storia peggiore. Saluti comunisti

Giovanni Scavazza

 

Difficile no a Mattarella

Cercando di essere obbiettivi, non era certo facile dire di no al Presidente Mattarella. Detto questo, credo che un governo simile avrebbe dovuto essere un governo di scopo con una durata limitata e non un governo di legislatura. Sia pur con molti se e molti ma, condivido la posizione di Sinistra Italiana.

Marco Roani

 

All’opposizione, se non ora quando?

Di fronte all’ibrido governo, guidato da Draghi, voluto da Confindustria e dalla grande stampa, per la sinistra la risposta è passare all’opposizione. Confondersi con i Salvini, i Brunetta, i Renzi non giova minimamente a Leu. Come insegnano le precedenti esperienze dei governi tecnici – Draghi non sarà diverso – la crisi verrà fatta pagare ai ceti medi impoveriti, ai lavoratori che prima o poi verranno licenziati, ai precari, ai pensionati, ai giovani. Basti vedere il trattamento riservato al Sud nel programma del governo “di alto profilo”. I “tecnici” a chi faranno pagare l’aumento del debito pubblico? La presenza di Leu, all’interno dell’ammucchiata della maggioranza, servirà solo ad appannarne l’immagine. Per risvegliare un po’ la sinistra in questa fase di grande confusione è necessario fare opposizione, lavorare nella vasta area degli sfiduciati, mettere al centro concretamente un progetto di unità per le sue troppo sparse membra. Se non ora, quando?

Domenico Mattia Testa

 

Difendiamo il lavoro di Speranza

Gentile redazione de Il Manifesto, sento il bisogno di fare sentire anche la mia voce. A sinistra c’è un grande disorientamento di fronte a questo anomalo e ambiguo governo, ma tant’è, questa ancora una volta è la realtà con cui dover fare i conti, inutile rimuoverla. Io dico, con grande sofferenza, che dobbiamo difendere il lavoro che ha svolto Roberto Speranza, la sua figura potrebbe rivelarsi una inaspettata chiave di svolta per una riacquisita credibilità da parte della sinistra, non più vista come un eterno asilo nido di incorreggibili bimbi litigiosi che si contendono i pochi giocattoli rimastigli, bensì una possibile vera possibile alternativa democratica a questo sistema capitalista che genera disuguaglianza e malessere.

Libero Genovese

 

Tre No al governo Draghi

Tralasciando la mia opinione personale su Mario Draghi, che richiederebbe di essere approfondita rispetto alle decisioni politico-economiche da lui prese in passato, e augurandomi il meglio (o il meno peggio) per il futuro del nostro Paese, dico tre convinti No al nuovo governo. Dico No all’operazione premeditata che ha portato alla caduta del governo Conte II, al fine di indebolire quell’embrione di alleanza progressista che si andava formando tra M5S, Pd e LeU. Dico No alla presenza dei partiti che hanno deciso di sostenere il nuovo governo: le “new entry” Lega e Forza Italia, non per il loro passato, ma anzi per il loro presente e per la visione di Paese che ci hanno presentato fino a ieri; e Italia viva, principale esecutore politico dell’operazione anti-Conte. Infine, dico No alla scelta di M5S, Pd e LeU di sedersi al tavolo con il carnefice, fingendo di non capire che il bersaglio principale della crisi e della nascita di un nuovo governo antidemocratico erano proprio loro e le loro idee.

Andrea Marchina

Puntiamo alla riconversione

Io credo che tutto sommato Renzi (anche se lo odio) abbia fatto bene a far cadere il Conte 2, perché ritengo che non avrebbe avuto la “forza tecnica” e la “determinazione” di Draghi, sia pure finalizzate a favore del capitalismo nostrano, per puntare con alte probabilità di successo alla riconversione ecologica.

Michele Teti, Pisa

 

Manca una proposta di patrimoniale

I vari governi Conte 1 e 2 non sono mai stati “il mio governo”. Entrambi con una forte impronta neoliberista. Entrambi votati a disperdere quei valori “antichi” che, a metà del secolo scorso, portarono alla liberazione dal nazifascismo. Sono stati due governi che hanno riflettuto il “cattivo” sentire del popolo nostrano. Non hanno posto nessun freno alle pressanti richieste di ristori – soldi – da parte del ceto medio e imprenditoriale e delle loro categorie rappresentative anzi, le hanno soddisfatte. Ricordiamoci che quei settori produttivi sono “grandi” evasori complessivamente intesi. Governi che si sono “astenuti”, in un periodo di Covid 19, nel mettere una patrimoniale sui grandi e medi patrimoni finanziari, immobiliari, assicurativi, ecc.

Noi siamo un popolo ricco, per esempio, rispetto a quello argentino o boliviano i cui governi – ora – stanno intraprendendo la strada di adottare una vera patrimoniale che non altera la natura e l’ammontare di quei grandi patrimoni destinandola a combattere il Covid 19 e non solo. Ecco, questo esempio ci indica una strada da seguire per intervenire a favore della nostra collettività, non solo per debellare la presente pandemia ma, per tendere al riequilibrio sanitario e sociale.

Ora, il governo Draghi non si è posto questo problema che io individuo il primo da affrontare e risolvere per la nostra collettività. Una scelta di questo tipo, se adottata, avrebbe fatto sentire, a noi popolo, che nelle menti e nell’operatività dei nuovi ministri si sta facendo strada il dubbio che il sistema neoliberista – quello delle democrazie occidentali (leggi europee) – non sia più in grado di riequilibrare le evidenti disuguaglianze che esso stesso ha creato e, che continua a creare, per esempio riconoscendo solo nel Pil il centro del benessere collettivo ormai divenuto un obsoleto eufemismo che non ci sfama.

Grazie per l’attenzione: la riflessione continua.

Alessio Bonechi, Pistoia

 

La sinistra deve cogliere al volo le opportunità di incidere 

Ottima l’iniziativa di aprire un dibattito per contribuire a definire la situazione politica dal punto di vista di noi lettori di sinistra ed amici del Manifesto. Al riguardo io ritengo che non siamo in una situazione di messa al bando della politica, anzi penso che siamo di fronte ad una accelerazione dei processi politici e che la sinistra debba cogliere al volo tutte le opportunità del momento. Dobbiamo partire dalla pandemia che ha determinato una situazione del tutto nuova per la crisi sanitaria, economica e sociale a livello mondiale.

Il Covid 19 non è né di destra né di sinistra ma ad esso si possono dare risposte di destra oppure di sinistra. Come ha dimostrato l’approccio della destra mondiale con Trump, Bolsonaro, l’Inghilterra e la Svezia con il negazionismo o la semplice sottovalutazione. L’Italia con il governo Conte ed il ministro Speranza, in particolare nella prima ondata del marzo 2020, ha saputo dare una risposta di tutela della salute ed ugualmente di tutela dell’economia con atti significativi come la cassa integrazione ed il blocco dei licenziamenti.

Il Ministro Speranza ha assunto fin dall’inizio una impostazione del tutto istituzionale di riconoscimento del contributo della scienza e non cadendo in polemiche sterili con le regioni amministrate dal centro destra. Ora con il nuovo governo Draghi a mio avviso è fondamentale mantenere la sinistra al governo con Speranza per continuare a garantire la stessa modalità di approccio che ha ricevuto un così alto consenso nel paese. La sinistra non deve tirarsi indietro in un momento di crisi del paese ma combattere per affermare i nostri valori dentro il nuovo governo. Tirarsi indietro oggi vorrebbe dire diventare ininfluenti nel paese ora e probabilmente per sempre.

Nel contempo è questo il momento di costruire una forza di sinistra nuova che sappia raccogliere il meglio delle esperienze presenti nei territori e che sappia sviluppare un campo aperto con Pd e 5S per essere competitivi alle prossime elezioni amministrative e politiche. Essere presenti vuol dire non abbandonare il campo e lasciare il paese in mano alla destra più becera che si ricordi. La pandemia ha reso chiaro che l’Italia potrà uscirne in un quadro europeo ed infatti l’Europa è stata fondamentale nel rendere possibile la politica del governo Conte.

Oggi è ancora più fondamentale il rapporto con l’Europa perché si tratta di agire non solo in emergenza ma mettere le basi di un nuovo modello di sviluppo basato sulla tutela ambientale. Le forze sovraniste in Italia hanno perduto la loro battaglia ed ora nel governo di unità nazionale è necessario mantenere forte il legame con l’Europa. La battaglia della sinistra in Italia deve sempre di più essere collegata alle sinistre europee per arrivare ad una modernizzazione del paese che abbia come rotta da seguire l’efficientamento collegato alla giustizia sociale ed alle uguaglianze.

Come utilizzare i fondi europei sarà la sfida decisiva per il futuro del nostro paese e solo con adeguate riforme strutturali il processo sarà compiuto. In questo quadro la sinistra deve essere presente forte dei propri valori e delle competenze acquisite. Oggi è il momento di fare un salto verso una politica aperta al futuro e lasciarsi alle spalle disquisizioni vecchie, provinciali e non comprese dalle persone, solo così la sinistra in Italia avrà ancora un ruolo e saprà essere protagonista in Europa e nel mondo.

Silvio del Buono, Genova

 

La lotta parlamentare deve continuare 

Premetto di essere un elettore di LeU, di esserlo stato di SI e prima ancora di Sel di Nichi Vendola e di essere (come tanti) tuttora alla ricerca di una Sinistra Unitaria Plurale ed Ecosocialista che ritengo essere l’unico “orizzonte” possibile e auspicabile per una reale prospettiva rinnovamento democratico e sociale del nostro paese. Una ricerca per ora purtroppo vana e che gli ultimi avvenimenti rischiano di allontanare al di là delle pur ottimistiche intenzioni. Protagonista lo “spirito autoreferenziale” che anima i protagonisti dell’ennesima divisione e “atomizzazione” della rappresentanza parlamentare costituita nel raggruppamento di Liberi e Uguali e pure all’interno di Sinistra Italiana.

Ho letto oggi le interviste a Fratoianni e De Petris e devo dire di essere davvero sconcertato perché mi sono sembrate alquanto distanti (se non contrapposte) sia per quanto riguarda l’analisi della fase politica che della “genesi” e composizione del governo che dello stesso ruolo e prospettiva della “sinistra”. Ora a me pare del tutto evidente che la “genesi” sia della crisi del governo Conte 2 che del nuovo governo Draghi nulla ha a che vedere con un presunto quanto inesistente “fallimento del sistema politico”. Un’immagine mistificatoria costruita ad arte dai media mainstream per oscurare in un indistinto e nebbioso grigiore le reali responsabilità.

Ma è invece riscontrabile molto concretamente nel tentativo dei cosiddetti “poteri forti” economico finanziari (forse anche massonici) di impedire che le ingenti risorse europee del Recovery fund venissero gestite da un governo formato dalla coalizione democratica e progressista fra Pd M5S LeU (unico esempio in Europa) orientata prevalentemente al sostegno dei “beni comuni” e dei bisogni e diritti sociali in alternativa agli interessi esclusivi del mercato finanziario e della impresa capitalista (una volta avremmo detto della “borghesia padrona”). Da qui la decisione della crisi la cui esecuzione pratica (killer politico) è stata affidata al “rancoroso narciso” Matteo Renzi su mandato di “lor signori”.

Tuttavia il “golpe” è riuscito solo parzialmente perché nella composizione del nuovo governo, insieme agli indigeribili “rospi o draghi” ministri di Lega e FI sono presenti in modo significativo maggioritario e in dicasteri importanti come Salute Interni Esteri Istruzione e Difesa) ministri di Pd LeU e M5S e perché (e questo è un dato che non si può dimenticare né sottovalutare) la “coalizione democratica” mantiene comunque, pur nelle mutate condizioni e rapporti di forza, la maggioranza assoluta alla Camera e relativa al Senato ed è quindi in grado di rappresentare ed esercitare politicamente una garanzia democratica nei confronti degli atti concreti (provvedimenti legislativi) del nuovo governo.

Quindi non tutto è compromesso e la lotta parlamentare deve continuare pur nel nuovo contesto politico meno favorevole. E forse proprio per questo. Quindi in conclusione io penso che la Sinistra debba avere un ruolo importante in questo nuovo scenario ma soprattutto debba perseguire e consolidare l’obiettivo strategico della Alleanza Progressista fra Pd LeU e M5S come alternativa democratica per un reale cambiamento nel nostro Paese. A partire dalle prossime elezioni amministrative nelle grandi città (Milano, Torino, Napoli, Roma, Bologna…) ed in previsione delle future elezioni politiche che a mio avviso avranno luogo fra meno di due anni dopo l’elezione del nuovo presidente della Repubblica (forse ancora superman Draghi?)

Giulio Morelli. Pavia

 

È tempo di veicolare le idee di sinistra in maniera unitaria 

Esistono in Italia molte formazioni politiche che bene o male, chi più chi meno, si rifanno al comunismo, al socialismo o comunque alla sinistra. Ci sono inoltre una miriade di associazioni (impossibile elencarle tutte) che potremmo sicuramente annoverare almeno come “simpatizzanti” di sinistra. Possiamo pensare in questa temperie draghista che tutte le persone che danno vita alle associazioni ed alle forze politiche sommariamente sopraelencate (se proviamo a fare una somma algebrica dei voti, sicuramente ci stupiamo) riescano a trovare un punto (solo un punto) per cui valga la pena provare a stare insieme?

Possiamo pensare anche che tutte queste persone possano sottoscrivere un finanziamento collettivo (detesto gli anglicismi e la parola crowdfunding) per dare finalmente vita ad un qualcosa di mediaticamente accettabile che riesca a veicolare le idee al di fuori delle oche giulive (uso il femminile intendendo maschi e femmine, perché il maschile di oca non esiste) che pensano e pretendono di fare informazione (da Berlinguer a Gruber, da Floris a Formigli, da Merlino a Panella, da Giordano a Porro a Del Debbio e via discorrendo)? Penso che sia questo ciò che ci sta di fronte, non Draghi sì o Draghi no.

Flavio Attolini

 

Ci aspettiamo qualcosa da Leu

Sta di fatto che senza una fase di Terrore Rosso nessuna rivoluzione, purtroppo, sembra compiuta. Della rivoluzione inglese, di quella francese e russa è restato qualcosa, dalla Comune di Parigi solo rimpianti. Perciò dalla forze rivoluzionarie presenti nel governo Draghi (Leu) ci aspettiamo qualcosa. Che venga dai nostri padroni non quel fiume di sangue, che ormai ci ripugna, ma almeno un fiume di denaro.

Ci sono dei buoni precedenti storici ricordati da Santa Wikipedia: le leggi antimagnatizie di Giano della Bella ad esempio. Espropri, patrimoniali, prestiti forzosi e comunque pene giudiziarie per i reati dei magnati doppie di quelle riservate al “popolo”. Così era anche nella Repubblica di Venezia che, da perfetta sconosciuta, suscita ancora tanta nostalgia nei leghisti. Anche l’istituto controverso della prescrizione dei reati potrebbe perfino essere esteso, per la gioia dei garantisti, purché ne preveda l’esclusione per i ricchi, che oggi ne risultano i quasi esclusivi fruitori. Avanti, quindi, con Draghi verso il Sol dell’Avvenire!

Giorgio Carlin, Torino

 

Prendiamo esempio dall’attivismo sudamericano

I pañuelos verdi in Argentina festeggiano per l’approvazione dell’aborto, in Ecuador Yaku Pérez indigeno forse diventerà presidente. In Bolivia il Movimiento al socialismo è tornato forte, alcuni esempi che testimoniano come in Italia il benessere sembra un’eredità che col tempo ha anestetizzato i nostri valori. La sinistra dovrebbe prendere spunto dall’attivismo sudamericano e stimolare i giovani e tutti a non accontentarsi. Lottare per emanciparsi sarebbe la medicina per iniziare a guarire da questa nostra democrazia che non ci rappresenta ormai più.

Paolo Carlucci, Torino

 

Priorità alla salute

Mi auguro vi sia ancora una qualche speranza di autenticità democratica. In qualsiasi contesto (letterario o politico) si abusano i termini “democratico” – “democrazia” et similia, quasi candida veste a coprire i lugubri, mai rimossi orpelli del ventennio. Inaugurando monumenti al gen. Graziani, deturpando lo splendore di Piazza Unità, a Trieste, con un tributo al “vate” D’Annunzio, istigatore della violenza squadrista e via discorrendo, dimenticando – ad esempio – che proprio noi, proprio i fascisti, inaugurarono le spietate esecuzioni delle foibe, contro la “inferiore razza barbara degli slavi”, e così via.

Quale speranza potrà mai avere un raffazzonato governo Draghi, cui potrà essere sparato or da destra or da sinistra qualche calcio in porta a portiere battuto? Mi guardo intorno in queste ore, dopo il provvedimento di blocco degli impianti sciistici e non trovo nessuno che sostenga le proprie argomentazioni con l’imperativo categorico della difesa della salute. Tutti, proprio tutti, si occupano del danno economico (prenotazioni, impianti, alberghi, ecc.).

Nessuno, ripeto, nessuno che – pur ammonendo il Ministro – abbia a mente che l’ipotetico, augurabile minor numero di contagi e relative, indesiderabili conseguenze, debba essere ascritto a merito della tanto deprecata decisione. Ed appare fin troppo ovvio – scusate la banalità – che un fascistello di strada abbia a sfregarsi le mani per il piatto prelibato: chiedere, pretendere, la sostituzione dei tecnici, previa decapitazione. Con grande gioia dei suoi fans. Avremo tecnici di ‘Casa Pound’?

Paolo Magro

 

La riedizione dell’Aventino

Se si sono seguiti gli avvenimenti di questi giorni da vicino, uno spettacolo impressionante di metamorfosi, cori di strumenti a fiato e miopia politica. Se si cerca di vederlo con l’ottica della storia, tra 50 anni, una riedizione dell’Aventino, purtroppo non in chiave di farsa, semmai di opera lirica, un suicidio gioioso di tanti partiti politici dal passato degno di rispetto.

Antonella Dolci

 

Puntiamo al proporzionale

Mi sembra proprio che anche questa sempre più evanescente sinistra, oramai omeopatica, non voglia affatto comprendere che tendere, come auspicabile, al ripristino del sistema proporzionale (certamente più orientato costituzionalmente) postula necessariamente ed intuibilmente un cambio di paradigma mentale (o, meglio, un “ripristino”) che ci riporti a ragionare, in coerente conseguenza, in termini analogamente “proporzionali”, laddove invece sembra proprio che continuiamo a ragionare in termini di maggioritario pur parlando di proporzionale!

Ne consegue, quindi, che un governo di coalizione (naturale esito del proporzionale), come sostanzialmente, in via anticipatoria, può qualificarsi il Governo Draghi, non deve scandalizzare per nulla, anzi, tutt’altro! Il maggioritario è palesemente un sistema non democratico, consentendo in buona sostanza, come abbiamo potuto toccare con mano dall’oramai sciagurato referendum, la “dittatura” di una maggioranza (non foss’altro che per un solo voto) su una restante popolazione, pur cospicua, priva così di alcuna voce in capitolo.

Se, per assurdo, noi di sinistra costituissimo maggioranza e così quindi “stabilmente” governassimo, avremmo forse perseguito la dittatura del proletariato ma non certo la democrazia. La stabilità non è un valore in sé, certo è auspicabile, ma sfido chiunque ad affermare serenamente che gli “stabili” governi di maggioranza sinora succedutisi abbiano prodotto meglio e di più di quanto non fu fatto nel corso dei (rimpianti) “precari” governi di coalizione!

Democrazia è contemperare i molti interessi variamente rappresentati “proporzionalmente”.

Suvvia, e mi rivolgo a Fratoianni, vogliamo il proporzionale? e allora pedaliamo (e maturiamo) in coalizione! (naturalmente nel famoso “arco costituzionale”) Diversamente … “L’estremismo malattia infantile del comunismo”!

Roberto Figurato, Roma

 

Le perplessità sulle dimissioni di Conte

Sono rimasto un po’ perplesso soprattutto sulla fine del Governo Conte rispetto all’insediamento del nuovo Governo. Aldilà della causa formale della crisi innescata da Renzi – con tutte le pressioni politiche e mediatiche del ritardo nella programmazione del recovery plan e sulla gestione della crisi pandemica -, ancora mi domando perché Conte ottenuta la fiducia del Parlamento (assoluta alla Camera, relativa al Senato) sarebbe andato dal Presidente Mattarella per rassegnare le dimissioni.

Sotto il profilo costituzionale non era obbligato a dimettersi perché non vi era stata alcuna sfiducia delle Camere, ma avrebbe potuto continuare con un Governo di minoranza, come è avvenuto in Spagna. Conte avrà commesso un errore politico nel dimettersi? Io penso invece che Conte “sia stato invitato” a fare questo passo spinto da pressioni ricevute dall’esterno, ma anche dall’interno della maggioranza oltre ovviamente a Renzi.

Andrea Casamassima, Mesagne (Br)

 

Un disegno di commissariamento

Ricordo che i golpe, un tempo, venivano attuati dai militari, oggi li ispirano i grandi banchieri e i tecnocrati dell’alta finanza, emissari della Confindustria ed alti referenti del Vaticano. Tuttavia, in modo ipocrita li chiamano “governi tecnici”. Lungi da me l”intenzione di formulare un’analisi dietrologica: qui mi limito ad una presa d’atto, ad una mera constatazione di quanto è accaduto sotto i nostri occhi nell’ultimo mese. Ad insinuare dubbi non sono i “perfidi bolscevichi” ed i “sovversivi rossi”, bensì pennivendoli al servizio degli apparati di potere, alti funzionari organicamente inseriti nei Palazzi del potere da anni. Viceversa, stupisce (non più di tanto) che i soggetti di un fantomatico e vago “centro-sinistra”, in cui si riconoscono oggi il Pd, il M5S e vari “cespuglietti”, non abbiano mai battuto ciglio, né proferito verbo, per denunciare, né per stigmatizzare una congiura di palazzo in piena regola, che è stata orchestrata da elementi politici che fanno capo al potere economico sovranazionale ed “anonimo”, vale a dire il capitalismo cosmopolita, che non è più tanto occulto ed agisce in modo eversivo.

Una trama in cui il doppiogiochista Renzi ha fornito il ruolo dell’ariete di sfondamento, per rovesciare Conte e insediare un nuovo esecutivo, di tipo “tecnico”, che dai nominativi di alcuni ministri “riesumati” alla stregua del dottor Frankenstein (Brunetta e Gelmini, giusto per citare un paio di nomi che ci fanno rabbrividire), si preannuncia già tetro e sinistro. Mi viene in mente una vignetta disegnata da Vauro ai tempi del governo Monti, che apparve sul Manifesto, in cui un tizio chiedeva: “E la democrazia?”, e un altro rispondeva: “L’hanno pignorata le banche!”.

È una sintesi geniale di quanto è accaduto ancora nella realtà odierna. Anzitutto, la squadra del neonato esecutivo Draghi, concentra una serie di figure legate a doppio filo con i poteri forti e tradizionali, che da anni condizionano il triste destino del nostro Paese: le banche d’affari, la Confindustria, il Vaticano, i vertici militari. Tali poteri sono rappresentati nel governo Draghi in modo completo, usando il vecchio “manuale Cencelli”. Infatti, figurano vari portavoce della Confindustria e dei poteri economici di regime, bocconiani, nonché docenti di università private, più alcuni fiduciari delle alte gerarchie ecclesiastiche, ed infine vecchi arnesi del berlusconismo, che credevamo, in modo ingenuo, che fossero ben riposti in una soffitta, e via discorrendo.

Il loro compito sarà di ordine prettamente tecnico-esecutivo, più che politico, in quanto dovranno tradurre in atti ed in provvedimenti di legge immediati, le direttive dettate dai vertici del mondo confindustriale: si tratta di una linea politica sposata in pieno dalle più alte istituzioni globali, come il FMI e tutto l’establishment al completo, bancario e finanziario, di tipo sovranazionale. Si potrebbe azzardare l’ipotesi che Draghi sia solo l’esecutore di un “disegno” di commissariamento del governo del nostro Paese.

Si è passati ad un tipo di esecutivo in cui figurano i referenti delle grandi banche d’affari, i “tecnici” confindustriali ed i referenti della curia pontificia, nonché lo “stato maggiore” berlusconiano. È arduo scegliere il “meno peggio” in un calderone pieno di personaggi a dir poco discutibili, di cui già abbiamo sperimentato le “capacità”: ricordo solo l’operato del già citato Brunetta. L’esecuzione dei principali punti programmatici prescritti dall’alto al governo del nostro Paese, da parte dei soggetti che in vari modi costituiscono l’emanazione più diretta delle più alte oligarchie del mondo finanziario, comporterà forse ulteriori violazioni dei diritti e principi di tipo democratico e sindacale, ovvero delle residue tutele sociali che ancora hanno garantito il mondo del lavoro nei comparti della Scuola e Pubblica Amministrazione in Italia.

È assai lecito paventare il rischio che incasseremo ulteriori sacrifici in quanto lavoratori. Dalle enunciazioni ancora piuttosto vaghe e generiche, direi ambigue, a tal punto che Mario Draghi si potrebbe ribattezzare come “democristiano”, si evince una palese assenza di rottura rispetto alla linea seguita dai governi negli ultimi lustri. Al contrario, si coglie una linea di aperta continuità con la politica adottata in passato da diversi governi sul fronte economico-sociale, e in particolare sul tema dell’istruzione scolastica e della Pubblica Amministrazione.

Lucio Garofalo

 

Verso una nuova formazione di destra liberale 

Lo scenario politico è di grande confusione. Non vi è dubbio che la politica sia commissariata e in una situazione di sospensione comatosa sine die. In realtà i governi sono due, uno che morde (Draghi e i ministri direttamente scelti da lui) e un altro in grado solo di abbaiare. Renzi rivendica a se questo risultato. Veramente non capisco a chi giovi questa vittoria di Pirro e quale strategia prefiguri. Qualche amico mi accusa di antirenzite acuta; non mi pare; cerco di valutare le cose con il necessario distacco e senza fare il tifo per nessuno. Noto soltanto e ciò mi preoccupa molto, una grave difficoltà per le forze riformiste di sinistra a ritagliarsi un ruolo.

In particolare il Pd che vede sfaldarsi la sua linea strategica di un’alleanza strutturale con LeU e i 5S, a partire dalle prossime elezioni amministrative, (il caso di Napoli dove il Pd ancora annaspa alla ricerca di un candidato credibile), è emblematico, mentre a sinistra e tra i 5S non si attenuano i mal di pancia. Intanto Renzi spara solo sul Pd accusandolo di diventare la sesta stella del Movimento. Uno scenario davvero inquietante. Purtroppo stenta ancora a svilupparsi una riflessione seria per rifondare una sinistra moderna basata sul recupero di alcuni valori tradizionali, a partire dal concetto che senza giustizia sociale non può esserci ne libertà ne Democrazia, coniugati con la difesa dell’ambiente e lo sviluppo di una tecnologia al servizio dell’uomo.

Intanto Italia viva si sta sempre più allontanando da quest’area, verso un centrodestra probabilmente più liberal, dell’attuale, cosa di per se non negativa e probabilmente chiarificatrice, ma lontana dalle sue radici fondanti. Non mi stupirei, in un prossimo futuro, specialmente se la legge elettorale restasse quella che è (come è molto probabile), se ci trovassimo di fronte a una nuova formazione tipo Forza Italia viva.

Luigi Schiano

 

La sinistra avrebbe fatto meglio a mantenere la riserva

Sento e leggo tanti commenti e la maggior parte sono di natura estremamente positiva, quasi a livello beatificazione. Allora mi chiedo, ma lo stiamo beatificando prima di fare il miracolo! Tutti gli stanno dando fiducia senza avere nulla in mano. Secondo me, non basta dire che ha intenzione di riformare l’istruzione o il pubblico impiego. Non basta sapere che parla di “svolta ambientalista” o che rilancerà gli investimenti pubblici, perché ciascuno di questi argomenti sono scelte politiche e a seconda del tipo di riforma che si deciderà si potranno determinare effetti completamente opposti.

Quello che mi aspettavo (ma l’agire si può correggere anche in corso d’opera) dalle forze di Sinistra era di parlare non di fiducia cieca (come molti hanno sbandierato) ma di una fiducia con riserva. La riserva che ti permetta di avere la possibilità di dire anche di no di fronte a eventuali scelte sbagliate, di astenersi, di incidere sulle decisioni. In questo apprezzo il documento di Sinistra Italiana e mi rammarico per le decisioni di due suoi parlamentari di non accettare, ignorando la tanto agognata rappresentanza, la voce degli iscritti al proprio partito e quindi anche di chi con il loro voto ha permesso loro di sedersi in quei posti di rappresentanza. Se si continua su questa linea, non mi stupisce il vuoto politico che fa nascere i Draghi

Donatella Prati, Reggio Emilia

 

La distanza incolmabile tra cittadini e istituzioni

Ieri Tonino Perna concludeva su “il Sud nella servitù del Nord” scrivendo: “… Solo una grande mobilitazione potrebbe cambiare questo scenario. Ma dove sono le forze politiche o sindacali capaci ancora di compiere questo miracolo?”. Marco Revelli conclude il suo “Un altro deus ex machina sul piano inclinato della crisi politico-sociale” scrivendo “il “miracoloso” governo di Mario Draghi rischia di sfidare le leggi fisiche della politica, con esiti potenzialmente infausti … se, completato il mandato, la politica si presentasse ancora nuda alle elezioni del ’23”. Credo che entrambi colgano la distanza, di questi ultimi decenni, tra il cittadino e le Istituzioni. Vedi la venuta meno di forze politiche e sindacali di un tempo.

Figlio di operaio e da sempre nei movimenti, passato nella Pa proporrei agli amici dei movimenti, una terza forza, lo “spiritus loci”, la “coscienza dei luoghi”, il 70% dei quali sono sotto governi di piccoli Comuni. Periferie. Che le istituzioni superiori guardano, al più, con paternalismi. Ho sempre condiviso la definizione del “Comune, ente esponenziale della democrazia”. Avendo lavorato per oltre 30 anni nei Comuni e toccato con mano, grazie a loro, la grandezza dello “spiritus loci”, ne coglievo, insieme, le potenzialità e, stante continue violazioni dell’articolo 5 della Costituzione sulle autonomie locali, il perché di Province, Regioni e Stato che facevano, e fanno, di tutto e di più. Meno la debita attenzione ai Principi Fondamentali dei primi 12 articoli della Costituzione. Tra loro, l’articolo 5 sulle autonomie locali. Sempre che, tornando ai piccoli Comuni, se ne segua, con urgenza, l’avvio delle loro fusioni. Per un solo Comune. Con “bilancio partecipato” e servizi distribuiti tra i Municipi fusi e connessi, a salvaguardia dello “spiritus loci”, da fibra ottica.

Luigi Meconi, Altidona

 

Conte deve rimanere sulla scena

Spett.le redazione, raccolgo l’invito ad esprimere un’opinione.

Non aggiungo nulla a quanto scritto da altr* compagn* sulla natura del Governo Draghi, sulla sue genesi e sulle ragioni pretestuose con cui è stata affossata l’esperienza del Governo Conte. Mi vorrei soffermare sulle prospettive.

Condivido in pieno la decisione di Sinistra Italiana, per la quale simpatizzo, di non concedere la fiducia a Draghi, non solo per la presenza di ministri leghisti e di Forza Italia nella compagine dell’esecutivo, ma anche per il segno a mio parere di destra dell’operazione condotta: passare da una gestione “keynesiana” del Recovery Plan (permettete la semplificazione), con ristori e contributi a classi e ceti con maggiore propensione al consumo, a una impronta “confindustriale” che punti sugli investimenti, sulle grandi opere, nell’illusione che poi il mercato, riattivato da questa robusta iniezione di liquidità, possa poi generare crescita e benessere per tutti; è la classica ricetta neoliberista che l’occidente segue da decenni e che ha già mostrato tutta la sua inefficacia e che si personalizza nella “cacciata” del ministro Gualtieri, vero obiettivo (assieme al Presidente Conte) della manovra di palazzo ordita da Matteo Renzi.

Sarebbe necessaria, a mio avviso, una nuova strada, che utilizzi questa ingente somma di danaro per rilanciare i servizi pubblici essenziali (sanità su tutti), per una riforma fiscale in senso realmente e fortemente progressivo, per un nuovo protagonismo degli investimenti pubblici a sostegno della transizione ecologica, tutte cose lontanissime dalla visione del mondo del banchiere Draghi e delle forze che lo sostengono. Il Paese ha quindi bisogno di una opposizione “di sinistra” che non lasci il monopolio nel contrastare politiche ancora di segno neoliberista alla destra di Fratelli d’Italia: è una situazione già vissuta nella storia del ’900 con esiti nefasti per la stessa democrazia.

Non voglio però gettare la croce addosso alle forze (Pd, M5S e LeU) che hanno deciso di appoggiare il Governo: non rispondere all’appello del Presidente Mattarella sarebbe stato effettivamente complicato per partiti che hanno, al contrario di Sinistra Italiana, una rappresentanza parlamentare decisiva per la nascita di qualsiasi governo. In questo senso vedo con favore la formazione dell’intergruppo al Senato tra questi partiti.

In sostanza, il processo di costruzione di un’alleanza riformista Pd-M5S-Sinistra non si deve arrestare per la diversa collocazione verso il Governo Draghi; non bisogna concepire il Parlamento come unico luogo dell’agire politico, questa alleanza va fatta vivere nei territori, a partire dalle prossime amministrative; e d’altra parte, con questa scelta di campo, il M5S abbandona forse definitivamente il carattere populista e a-ideologico, che l’aveva portato oltre il 30% dei consensi, per avviarsi sulla strada di una alleanza “di progresso” che contrasti l’avanzata delle destre. E questo, al netto degli inevitabili contraccolpi elettorali, è un fatto positivo.

Questa costruenda coalizione dovrà avere, a mio avviso, Giuseppe Conte come leader; spesso la sinistra (e il centrosinistra) hanno pagato la mancanza di una personalità che identificasse un’alleanza, oppure la debolezza di questa figura; Conte, con il gradimento registrato nella gestione del periodo più difficile del dopoguerra, può rappresentare il giusto catalizzatore.

Infine, il problema della spaccatura di LeU: vale un discorso analogo, ci saranno in Parlamento compagn* in maggioranza e altr* all’opposizione, ma la strada verso un nuovo soggetto della sinistra non ne dovrà soffrire; è la parte più difficile, da sempre le scissioni hanno creato personalismi e steccati che ancora ci portiamo dietro come macigni; ad esempio, non vedo possibile che una nuova forza di sinistra possa fare a meno di Erasmo Palazzotto, che pare orientato a votare la fiducia a Draghi, né di altre persone come lui. E’ la parte più difficile, far convivere una diversa collocazione parlamentare con un processo di sintesi unitaria.

Ma bisogna provarci, forse è veramente l’ultima occasione.

Paolo Pierini, Recanati

 

Draghi è il male minore 

Analizzare la crisi politica della sinistra e soprattutto dell’area comunista risulta quantomeno sconfortante. Sono più sigle che votanti, tanto è che oggi alla manifestazione No Draghi ne conto ben 15. Capisco che questo governo non possa rientrare nel nostro modo di vedere una futura società ma è pur vero che ora c’è bisogno di proposte e soluzioni reali. La scelta era tra Draghi e votazioni dove nel caso visto il profilarsi di sigle comuniste, ognuna a protezione del proprio orticello, saremmo come al solito risultati irrilevanti. Pertanto trovo in Draghi (spero) il male minore e l’unico attuabile in questo quadro politico oltre ad eventuali pericolose votazioni che potrebbero darci il totale sfascio (e fascio) in questo momento.

Fabio Mazzacchera

 

Governo Draghi e la sinistra

In questi giorni intorno a Draghi c’è una vera infatuazione collettiva, ma nel prossimo futuro il nostro Paese sarà chiamato a scelte difficili. I fondi Next Generation Eu non sono omaggi e imporranno pesanti misure di ristrutturazione. Immagino attacchi sul fronte della flessibilità del lavoro, sulle pensioni, in direzione della privatizzazione di sanità e di altri servizi pubblici. Probabilmente dovrà tornare anche l’Imu sulla prima casa.

In questo contesto, ci sono tutte le condizioni affinché la sinistra antiliberista – quella convinta della primazia della persona sul profitto – riunisca le proprie frattaglie e si ridia una soggettività politica. Democrazia diretta nelle scelte interne e principio “una testa-un voto” sono imprescindibili per rompere la coazione alla scissione che ci ha caratterizzato negli ultimi decenni. Da questo punto di vista non si può che considerare negativamente l’autonomizzazione dei rappresentanti nelle istituzioni dalle scelte della comunità politica che li ha individuati per quel ruolo.

Riuniamoci, con l’umiltà intelligente di accettare di trovarsi minoranza nella propria organizzazione in occasione di scelte difficili. Divisi non si è in grado di incidere sulla Storia, ma solo di subirla.

Gianni Venditti

 

Era meglio l’astensione di Leu

Care compagne e cari compagni, da vecchio lettore, cerco di dare un modesto contributo al dibattito suscitato dall’articolo di Norma Rangeri.

Mi pare che pochi abbiano chiaro, e me ne stupisco, che non siamo più alla discussione “baciare o no il rospo” del tempo di Dini (e chi lo ricorda? Mio figlio, oggi attivo funzionario della Cgil, era un bambinetto!). Oggi una Sinistra debole politicamente deve subire la real politik di Mattarella, questo è il punto; e la debolezza si è ben vista alle ultime elezioni, quando LeU ottenne pochi voti. E al prossimo Parlamento, se non saremo tutti insieme con tutte le nostre differenze e contorsioni, non avremo neanche un senatore (ne saranno eletti solo 200) e a fatica un deputato, con il proporzionale, se no nulla. Allora l’alleanza di Sinistra richiede anzitutto coesione e accettazione del principio di maggioranza: Speranza è il “nostro” ministro, non si vota contro il Governo di cui fa parte. Troppo semplicistico il mio ragionamento? No! A Faenza abbiamo costituito la lista “Faenza coraggiosa” sull’esempio della lista regionale della Schlein e tutte le anime della Sinistra di LeU ne fanno parte, insieme a vari giovani i quali, se chiedi chi erano Bertinotti e Cossutta, non lo sanno e non glie ne frega niente. La scelta unitaria ha pagato, 2 consiglieri su 25 e un assessore. Andiamo d’accordo su tutto? No, ma non viviamo le differenze come contrapposizione. Ma a Faenza la destra è all’opposizione: sì, perché il centrosinistra ha vinto le elezioni e inoltre i 5 Stelle erano nell’alleanza, non correvano soli.

Concludo: mi piace questo Governo? No, per niente, concordo del tutto con Rangeri. Si poteva fare qualcosa di diverso? Secondo me, un’astensione collettiva di LeU, avrei preferito. Perché astensione e non voto contrario? Perché non abbiamo (passo continuamente alla prima persona, senza volere) la forza di rompere, rendiamocene conto. Draghi ha obbligato LeU a scegliere, nominando Speranza. L’ha scelto Draghi o è stato proposto? Discussione oziosa, ormai. E’ però significativo che Fratoianni (dov’è SI nel territorio, a parte qualche militante?) rompa proprio nel giorno della nascita del coordinamento intergruppi Pd, LeU e 5 Stelle, che se non erro alla Camera ha la maggioranza assoluta: se ne ricorda solo Bersani? Smeriglio (peraltro parlamentare europeo eletto in lista unitaria) ha torto: ci sono “no” che isolano, non fanno crescere niente. Eppure la via l’ha indicata Landini: esprimersi sulle scelte compiute da Draghi, di volta in volta. E un accordo di fatto con la Cgil non gioverebbe alla Sinistra? La Lega non cerca forse alleanze esterne, pur essendo al Governo?

Scusate la lunghezza, buon lavoro.

Vincenzo Fuschini, Faenza

 

Cari lettori del manifesto, mentre sentivo Draghi v’invio un mio pensiero.

Dopo le mattane di Renzi per trovarsi un posto al sole, non poteva che arrivare Draghi. Dalvo gli indecorosi ministri-ex ministri che tanto male hanno fatto al paese, molto pragmaticamente si affronta la situazione. La situazione la si affronta con proposte politiche che servono per il futuro del paese, a partire ad esempio, da nuove istituzioni territoriali e non le non provincie di Renzi, che servono immediatamente e maggiormente ai cittadini. E’ da lì che si governa bene il paese! Vero Sì? Questo vale anche e sospratutto per le donne del Pd e non solo, che salvo rare eccezioni non eccellono…(Bindi Presidente). Da questo punto di vista avrei molto da dire, ma vorrei che ci fosse un nuovo pensiero che vada contro al vecchio, del privato è bello e il pubblico fa schifo, con le liberalizzazioni dei servizi che tanto male hanno fatto ai portafogli dei cittadini. Rinnovo l’accorata richiesta di proposte politiche, per un futuro nuovo del paese, più verde e più equo! In bocca al lupo a tutti!

Mauro, Torino

 

Nel vuoto della sinistra si insinua Draghi

Tutto il ceto politico, avendo raccolto l’invito del presidente Mattarella, è al governo. Noi elettori siamo al governo?

La risposta istintiva è no siccome molti, come me, non sanno sciare e vanno poche volte al ristorante e non andranno al mare, causa soldi insufficienti. Mi concedo il lusso di abbonarmi al Manifesto anche se troppi hanno cominciato a ritenere la lettura dei giornali uno spreco.

La pandemia ha rivelato quanto il superfluo sia ritenuto necessario, vedi obbligo (e bonus) delle vacanze invernali ed estive, settimanali o giornaliere, a rate in contanti o con bancomat e quanto sia progressista partecipare alla lotteria dello scontrino. La pandemia ha anche rivelato che troviamo ovvio vivere a debito pubblico, che chiamiamo solidarietà, purché non si intacchi il contante privato.

Le nostre coscienze sono dibattute dal dilemma tra economia e salute e i governi passati e futuri non lo risolveranno fino alla somministrazione generalizzata del vaccino. Il governo Conte, come i governi precedenti, non ha affrontato i problemi che lo sviluppo tecnologico pone: lentezza e impreparazione della burocrazia, inquinamenti vari, giustizia, cassa integrazione, riforma sanitaria incompleta (piano pandemico, competenze e differenze regionali, personale), l’eterna riforma scolastica (questa volta si è iniziato dalle rotelle, quelle mancavano non ai banchi).

Il governo Draghi non cambierà questo quadro, potrà rinominare il reddito di cittadinanza scrivere il piano pandemico togliere le rotelle ma si continuerà a credere che lo sviluppo sia pagare tasse sotto forma di svago, fare debiti, mantenere all’estero una forza militare che sia pubblicità per i nostri armamenti, inquinare e sfruttare in varie forme, Paola Clemente chi è?.

Salvini e sodali si son ben guardati dal ridiscutere il titolo V della costituzione, Zingaretti si è ricordato dello ius soli quando non era più al governo perché adesso tutto il ceto politico è al governo e tutti i partiti sono all’opposizione.

La sinistra comunque sia intesa e definibile continuerà a non essere votata secondo la formula “son tutti uguali quindi voto la destra”, una cartina degli Usa, postata su Reddit, faceva coincidere la scelta dei repubblicani con il più basso minimum wage statale… finalità condivisa rimane avere tanto meglio che avere giusto, la sinista non riesce o non vuole ridefinire questa finalità. Allora viva Draghi.

Claudio Cantamessa

 

L’unica prospettiva attuale è arginare la destra

Buongiorno e grazie per la disponibilità che date per far sentire la voce del sottosuolo, spero che i “partiti di sinistra i parlamentari le associazioni” perdano un po’ di tempo a leggere le impressioni le sensazioni dei loro elettori.

Prima battuta, grazie Fratoianni, capisco il momento, pandemia, crisi socio economica paura di andare alle elezioni da parte dei parlamentari e non solo per le conseguenze su scelte future da fare (elezione presidente della repubblica) ma stare a prescindere dentro il “minestrone” è troppo ingombrante e vincolante, per cui rispetto e condivido la sua scelta.

Seconda riflessione, questa posizione differente delle forze che hanno sostenuto il Conte due (non parlo di Iv) non implica che debba cessare anche la possibilità di confrontarsi, momento su momento, e tessere una tela di prospettiva. Poiché, siccome penso che non riusciranno a fare la riforma elettorale perché a molti sta bene quella esistente, provare a tenere insieme una compagine che al momento per quanto c’è da vedere, è la più avanzata possibile, che metta in campo una possibilità di arginare il centro destra è la prospettiva unica che resta.

Per ultimo penso che la prospettiva si possa costruire solo mettendo insieme i contenuti pregnanti, crisi-lavoro, pandemia, aprire confronto su contenuti e vedute fare sintesi e cominciare ad aprire confronto con la società e ascoltare le sollecitazioni. Abbiamo bisogno di rimettere insieme un disagio sociale delle classi più colpite da anni di scelte neoliberiste e far arrivare l’idea che la risposta può realmente venire da scelte di “sinistra” altrimenti le risposte populiste demagogiche che abbiamo visto far breccia tra gli ultimi diventeranno veramente egemoni. Buon lavoro e tenete duro.

Juri Bernardo Pelucca

 

È importante stare dentro la fase

Caro Manifesto, non è mia abitudine scrivere ai giornali ma questa volta mi sembra che sia necessario raccogliere il vostro invito e ringraziarvi dello spazio che ci offrite. Ho vissuto, come credo tutti, questi ultimi anni della politica con stati d’animo, pensieri, riflessioni, molto diversi a seconda dei momenti. Dal governo della Lega e dei 5 Stelle (le due forze politiche che più danno hanno fatto al paese, non solo a livello politico e legislativo ma anche, e forse soprattutto, a livello culturale) al Governo Draghi tanta strada è stata fatta e tanto tempo è passato.

Il Covid ha sparigliato le carte, diffondendo un clima di apprensione su tutti ed il Papeete di Salvini sembra appartenere alla storia di un altro pianeta. Personalmente sono sempre molto preoccupato per i governi che, in modo o nell’altro, si qualificano come governi di “salute pubblica”, non solo per la perdita netta della dimensione politica implicita in questa forma ma anche per la difficoltà, io credo, di tenere insieme delle forze partitiche così diverse tra di loro e che hanno sostenuto (ed ancora inevitabilmente sostengono, al netto della improvvisa “conversione” di Salvini – che nasconde non so che) posizioni, idee, strategie e filosofie di vita e del mondo così diverse e spesso contrapposte.

Il fatto che ci sia da gestire una pandemia ed un piano di ricupero economico e sociale incide relativamente; dietro una apparente neutralità degli obiettivi e dietro una apparente neutralità delle posizioni scientifiche (ma la scienza non è mai neutrale, si diceva negli anni Ottanta) si posizionano scelte decisamente politiche e quindi portatrici di grandi ricadute sull’intera vita sociale ed economica dell’Italia. Rimane quindi la preoccupazione.

Concludo dicendo che mi dispiace personalmente e mi addolora la decisione di Fratoianni (una persona di grande intelligenza e di cui ho una stima enorme) di votare contro questo Governo uscendo dalla maggioranza. Questo lasciamolo fare alla Meloni. Per una forza di sinistra quale è Leu credo che fosse importante e necessario rimanere dentro il recinto del governo per provare a incidere affinché le scelte politiche vengano il più possibile indirizzate “a sinistra”. Vi ringrazio e vi saluto con l’affetto ormai pluridecennale per voi.

Roberto Maggi, Genova

 

Troppe questioni inevase

Vincerà la retorica dell’unità, che è poi l’alibi per tutti per non ammettere le proprie insufficienze. Eppure Draghi mi ha stupito. Perché il suo in fondo è stato il discorso del perfetto burocrate: rilancio della pubblica amministrazione, scuola, sanità, riforma del fisco, concorsi rapidi. Tutti titoli persino condivisibili dalla sinistra, peccato che è mancata proprio l’indicazione sulla quale doveva esercitarsi forse la sua esperienza: detta volgarmente, fra assunzioni e sostegno ai servizi, i soldi necessari dove si prendono? Quelli del Recovery non c’entrano nulla con una messa a regime del sistema quale quella prospettata dal premier, la domanda “col debito pubblico che facciamo?”.

Ad esempio, resta inevasa. Non può che essere così se ci si guarda bene dall’affrontare il vero tema, che resta quello del come riallochi le risorse, ovvero chi favorisci e chi no, altro che unità. Certo saranno tutti soddisfatti: la sinistra (?) sbandiererà ad esempio la progressività della tassazione; la destra (!) farà lo stesso col mito dell’erario che ci riguadagna grazie allo sviluppo produttivo, senza rendersi conto che poi Draghi la parola Pil non l’ha quasi mai usata. A proposito, sarà pur vero che lo smart working è il futuro, ma se, come dice lui, un anno di Dad e di Smart hanno portato la produttività al 60 per cento, non sarebbe il caso di declinare quell’interrogativo anche all’inverso?

Infine una parolina sull’estero. Siamo europeisti e atlantici. Peccato che sia una sorta di antitesi: la Ue è nata per un suo spazio autonomo negli equilibri e sui mercati internazionali, per avere ad esempio un euro che non è alleato, semmai competitore del dollaro. D’altro canto, reso omaggio all’alleato, Draghi ha dovuto rielencare i tre asset ai quali l’Italia si riferisce (Europa, Atlantico e Nazioni unite), ammettendo con ciò che si tratta di tre cose diverse. E non è mancato lo sguardo preoccupato a Russia e Cina. Ecco il vero spirito che anima il concetto di unità: il buon vecchio “ma anche” …

Roberto Fuccillo, Napoli