«L’unica violazione compiuta in questi giorni è quella delle autorità che hanno ignorato le richieste d’aiuto di una comandante che aveva naufraghi a bordo», il tono di Giorgia Linardi, portavoce di Sea Watch, è perentorio e risuona nella Sala della stampa estera. Dietro al microfono, insieme a lei, ci sono i rappresentanti di Arci, Tavolo asilo, Mediterranea, Open Arms, Medici Senza Frontiere e Antigone. Hanno deciso di disertare congiuntamente l’audizione alla Camera sul decreto sicurezza bis come gesto di solidarietà con Sea Watch, prima invitata e poi esclusa. Per questo alla conferenza stampa partecipano anche i parlamentari interessati al giudizio di queste organizzazioni sul nuovo provvedimento bandiera del ministro dell’Interno, già parzialmente svuotato di efficacia dall’ordinanza firmata dalla Gip di Agrigento Alessandra Vella.

«CONTESTIAMO il decreto sicurezza bis come il primo e come quello Minniti-Orlando – esordisce Filippo Miraglia, di Arci/Tavolo asilo – Negli ultimi anni chi era al governo si è concentrato sulla riduzione dei diritti dei rifugiati suggerendo agli italiani che così sarebbero aumentati i loro. Tra l’altro non ci sono i necessari presupposti di straordinarietà e urgenza, visto che al momento il nostro Paese è quello che riceve meno flussi migratori straordinari». Le critiche al provvedimento sono basate anche sulle raccomandazioni della Corte costituzionale, che già in passato aveva invitato l’esecutivo a non utilizzare questo strumento legislativo per materie disomogenee. Il decreto ne contiene otto differenti.

LA NARRAZIONE SALVINIANA su quanto accaduto davanti a Lampedusa è ribaltata dai vari interventi e il comportamento del ministro trascinato sul banco degli imputati. «L’ordinanza spiega sinteticamente quello che il governo non vuole capire: c’è uno stato di diritto e una gerarchia delle fonti a cui la riscrittura delle normative deve adeguarsi», dice Alessandro Metz, armatore di Mediterranea. «Il metodo usato in questo caso è quello dei nazisti: perseguitare non solo gli ebrei ma anche chi cercava di salvarli. Siamo in tempi diversi ma si continua a dare la caccia a chi difende vite umane», rincara la dose Miraglia.

UNO DEI NODI CENTRALI è ovviamente la Libia, su cui l’Italia ha scommesso tutto per provare ad arrestare i flussi migratori. «Grazie al sostegno delle autorità italiane il 60% dei migranti partiti quest’anno sono stati catturati dalla cosiddetta guardia costiera libica e riportati in campi uguali a quello bombardato a Tajoura – attacca Marco Bertotto, di Medici Senza Frontiere – Questo pone il tema della complicità con ciò che accade in Libia e con le attività di intercettazione e ritorno forzato». Sul punto Mediterranea chiede di portare in tribunale gli ordini delle autorità italiane di riconsegnare i naufraghi al Paese nordafricano, anche per accertare se la cosiddetta guardia costiera libica e il centro di coordinamento del soccorso marittimo di Tripoli esistano davvero o invece mascherino azioni illegali del governo di Roma.

«CHI RITIENE che una nave umanitaria che trasporta persone soccorse in mare costituisca la più grande minaccia alla sicurezza nazionale e all’ordine pubblico mette in ridicolo il Paese – conclude Linardi – L’ordinanza di ieri non ha solo ristabilito l’ordine sulla gerarchia delle fonti giuridiche, ma anche restituito all’Italia un po’ di dignità».