Mettendo le mani avanti il segretario di Stato Antony Blinken, in viaggio diplomatico nell’Indo-Pacifico, durante un’intervista a Channel News Asia ha affermato che gli Stati Uniti non sono coinvolti nella morte del leader di Hamas, Ismail Haniyeh, ucciso mercoledì mattina in Iran.

«ABBASSARE la tensione» e concentrarsi «sul cessate il fuoco a Gaza», ha dichiarato Blinken, è «un imperativo» e ciò su cui gli Usa sono concentrati «è cercare di assicurarci che il conflitto che è in corso a Gaza non si intensifichi». Quando gli è stato chiesto quale possibile impatto avrà l’uccisione del leader politico di Hamas, Blinken ha risposto che al momento «è molto difficile formulare ipotesi».

Il pensiero che un omicidio di questo tipo possa complicare la situazione deve aver attraversato la mente di Blinken e, quando il segretario di Stato ha parlato con il premier e ministro degli Esteri del Qatar Mohammed bin Abdulrahman Al Thani, si è detto preoccupato per un possibile ulteriore inasprimento delle tensioni in Medioriente.

Blinken, ha riferito il portavoce del dipartimento di Stato Matthew Miller, «ha sottolineato l’importanza di continuare a lavorare per raggiungere un cessate il fuoco nel conflitto a Gaza che garantirebbe il rilascio degli ostaggi, allevierebbe le sofferenze del popolo palestinese e sbloccherebbe la possibilità di una maggiore stabilità», ribadendo che «gli Stati Uniti continueranno a lavorare per garantire che venga raggiunto un accordo».

Che gli Usa non sapessero niente della pianificazione di questo omicidio è una teoria che non convince gli iraniani, soprattutto alla luce del recente viaggio di Netanyahu negli Stati Uniti dove ha incontrato praticamente chiunque: membri del Congresso, Joe Biden, Kamala Harris, Donald Trump.

«Anche gli Stati uniti sono responsabili di questo brutale atto di terrorismo – ha dichiarato in una nota il ministero degli esteri iraniano, evidenziando il sostegno di Washington al governo israeliano e il fatto che quest’ultima ha «costantemente approvato i suoi crimini». Teheran ha anche affermato che a questo punto sente di avere «il diritto legittimo di rispondere in modo appropriato a un crimine commesso sul proprio territorio».

Alla totale estraneità statunitense non credono nemmeno in Yemen: «Netanyahu è tornato dall’America con il via libera agli omicidi» dei leader palestinesi, hanno scritto in una dichiarazione ufficiale gli Houthi yemeniti, «l’America è coinvolta in tutto ciò che sta accadendo e deve pagarne il prezzo».

NELLA NARRAZIONE di questo conflitto sempre più vasto i social network continuano ad avere una grande parte. Su X Richard Goldberg, consulente senior della Fondazione per la Difesa delle Democrazie e leader negli sforzi per espandere la cooperazione statunitense con Israele in materia di difesa missilistica, poco prima dell’assassinio di Haniyeh ha scritto: «L’aviazione israeliana sta per mostrare il suo raggio d’azione. Se riesci a colpire un radar vicino a un sito nucleare, puoi colpire anche una casa a Teheran. L’ayatollah è nudo».

A riportare il tweet è stata l’emittente televisiva Iran International e, in un momento in cui il confine fra analisi politiche e teorie para-complottiste è delicato, alcuni l’hanno interpretato come una dichiarazione di intenti, visto che a scrivere è stato un ex funzionario della Casa Bianca.

La situazione è comunque abbastanza tesa da fare riunire il Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che ha messo in calendario una sessione di emergenza alle 16 locali, le 22 italiane, troppo tardi per noi.

La richiesta di convocare la riunione è arrivata dall’Iran ed è stata appoggiata dai rappresentanti di Russia, Cina e Algeria. I richiedenti hanno citato «l’aggressione israeliana e gli attacchi terroristici di Beirut e Teheran» riferendosi anche all’uccisione dell’alto comandante di Hezbollah, Fouad Shukr, in Libano.

Entrambi gli episodi, si afferma nella lettera indirizzata al segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, «suggeriscono l’intenzione di intensificare il conflitto ed espandere la guerra in tutta la regione», ed è per questo che si chiede «un’azione decisiva per affrontare queste violazioni e perseguire i responsabili».