«In seguito alla morte di Mahsa Amini, molte manifestazioni hanno avuto luogo in quartieri modesti di grandi città come Teheran, Shiraz e Isfahan e gli operai di varie industrie hanno dato avvio a scioperi. Vi sono state astensioni dal lavoro in parte dell’industria petrolchimica, nonché in diverse fabbriche in varie località. In Iran gli scioperi sono solitamente motivati da vertenze locali (stipendi bassi, spesso pagati in ritardo). In queste settimane, nei cortei degli scioperanti sono invece stati scanditi slogan antiregime e a sostegno della protesta nazionale innescata dall’uccisione della ventiduenne curda. Si tratta di iniziative autonome, prive di coordinamento a livello nazionale. Siamo ancora distanti dallo sciopero generale, evocato dall’opposizione in esilio, per dare l’ultima spallata alla Repubblica islamica».

A COMMENTARE la partecipazione operaia alle proteste in Iran è Siavush Randjbar-Daemi, docente di Storia moderna del Medio Oriente presso l’Università St Andrews, in Scozia. È autore del volume The Quest for Authority in Iran (IB Tauris, 2018). Si occupa della sinistra iraniana e dei movimenti laici tra l’inizio dei moti rivoluzionari nel 1977 e la fine della presidenza di Abolhassan Bani-Sadr nel 1981. A proposito di sindacati, lo studioso ricorda come in Iran «non esistano sindacati giuridicamente indipendenti. Negli ultimi quindici anni ne sono emersi alcuni, su base locale, i cui membri sono stati spesso perseguitati dalle autorità. È il caso degli autisti dei bus pubblici Vahed a Teheran e dei dipendenti dello stabilimento Nishekar Haft Tappeh nel Khuzestan (sudovest). Recentemente è stato fatto un tentativo per costituire un sindacato unificato, la Etehad-e Kargaran-e Azad-e Iran (https://www.etehad-e.com)».

OLTRE A SCIOPERARE, i ceti operai della Repubblica islamica prendono parte alle proteste. A proposito dei settori industriali in cui sono operativi gli operai che, in qualche misura, partecipano alle manifestazioni di strada, Randjbar-Daemi racconta: «In base alle notizie che abbiamo ricevuto dalle fabbriche e da importanti industrie, coloro che sono assunti a progetto nella società petrolchimica statale a Bushehr e Assaluyieh hanno organizzato diverse giornate di sciopero in maniera indipendente. Da ultimo, è attualmente in corso uno sciopero di alcuni lavoratori presso la fabbrica di pneumatici Iran Tyre. Duranti gli ultimi giorni hanno effettuato uno sciopero anche i lavoratori di un’altra fabbrica importante nell’indotto automobilistico, la Cruise».

I moti scaturiti dalla morte di Mahsa Amini, diventati contestazione contro l’intero regime, non hanno quindi come protagonisti soltanto le classi medie urbane: «Appare molto probabile che gli operai si siano uniti alle folle che hanno preso parte alle proteste che si sono svolte in decine di città iraniane. Ed è probabile che il loro impegno prosegua». Se le proteste sono acefale, anche gli operai non hanno dei loro leader per due motivi: come già accennato, in Iran non esistono sindacati generali indipendenti che siano tollerati dalle autorità; in secondo luogo – continua lo studioso – «le principali sigle storiche della sinistra iraniana sono del tutto marginali nella Repubblica islamica, dove hanno pochi seguaci, ma sono invece rimaste attive nella diaspora. Penso al partito comunista Tudeh, ai diversi rami dei Fadaiyan e ad altri movimenti della sinistra iraniana».

QUALORA LE PROTESTE continuassero, «potrebbero sancire l’ascesa di una nuova generazione di leader tra gli operai con rivendicazioni sindacali», profetizza Randjbar-Daemi. In ogni caso, di questi tempi a scioperare in Iran non sono soltanto i ceti operai. Ad abbassare le serrande, «appena è stata data la notizia della morte di Mahsa Amini, sono stati i commercianti delle principali città curde, ovvero Mahabad, Sanandaj, Bukan, Paveh. In queste località i mercanti hanno aperto saltuariamente e per brevissimi intermezzi. Questo atteggiamento è stato replicato su scala minore dai commercianti di Tabriz nel corso delle tre giornate – dal 24 al 26 del mese di Aban – in cui gli iraniani hanno commemorato le vittime delle proteste nazionali contro il caro-benzina del novembre 2019. A differenza di quelli dei ceti operai, gli scioperi dei bottegai nella provincia iraniana del Kurdistan sono motivati da ragioni prettamente politiche, inerenti alla morte di Mahsa Amini. Si tratta di vedere se, in futuro, vi sarà un connubio tra queste due diverse correnti di sciopero».