La comunità Lgbt fa sentire forte la propria voce anche in arabo. Recentemente Raseef22, una delle più grandi piattaforme online panarabe, ha ospitato un progetto chiamato Tayf22 in collaborazione con OutRight Action International, organizzazione no-profit che da anni si batte per la tutela dei diritti della comunità Lgbt in tutto il mondo.

Il progetto intende creare uno spazio di libera espressione, che possa rompere il tabù sulle diversità di orientamento sessuale, di genere e di identità di genere nei paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. Vi partecipano giornalisti, attivisti, membri della comunità Lgbt e suoi alleati.

Husayn Ahmed, attivista queer femminista e uno dei membri fondatori dell’organizzazione Syrian for Gender and Sexual Equity, partecipa a questo progetto sollevando il velo sui trattamenti psichiatrici riservati alle persone Lgbt in Siria, un paese in cui l’omosessualità e la transessualità sono considerate ancora alla stregua di “malattie da curare”.

Da decenni – scrive – in tutto il mondo, la comunità Lgbt continua a lottare per veder riconosciuti i propri diritti e fermare i soprusi a cui è sottoposta. Tra le sue conquiste più recenti figura l’adozione, in diversi paesi, di leggi che criminalizzano i tentativi di modificare l’orientamento sessuale e l’identità di genere. Oggi, le associazioni per la tutela della salute mentale definiscono così quella che era precedentemente nota come “terapia di conversione”.

A questo proposito, l’American Journal of Public Health ha sconsigliato l’utilizzo di termini come “terapia di conversione” o “riparativa” per descrivere queste pratiche non etiche, dal momento che l’uso di questo linguaggio ha il risultato di legittimarle come “cura”, mentre rafforza la stigmatizzazione verso le persone che ne sono vittima.

Come ribadito dall’American Academy of Child and Adolescent Psychiatry, non ci sono prove che dimostrano che, applicando qualsivoglia “intervento terapeutico”, sia possibile cambiare l’orientamento sessuale di una persona, né tantomeno l’identità o l’espressione di genere. Le cosiddette “terapie di conversione”, quindi, mancano sia di credibilità scientifica che clinica.

In Siria, molte persone omosessuali, bisessuali e transgender vivono sotto l’autorità di una società patriarcale in cui i ruoli di genere sono definiti per i bambini sin dalla nascita. La sofferenza di queste persone si aggrava nel momento in cui le loro famiglie, di impostazione tradizionale e/o religiose, vengono a scoprire che il figlio, o l’orientamento sessuale della figlia, è diverso da quello che si sarebbero aspettati.

Sebbene l’Organizzazione Mondiale della Sanità abbia rimosso l’omosessualità dal Manuale diagnostico dei disturbi mentali dal 1990 e abbia recentemente rimosso la transessualità dall’elenco delle malattie mentali, molti psichiatri in Siria le considerano ancora tali, come un professore di Psicologia dell’Università di Damasco, il dottor Tha’ir Haidar che, nel suo corso sui disturbi del comportamento sessuale, annovera tra di essi anche l’omosessualità, affermando che si tratta di un “disturbo” comune nelle carceri e tra i “ritardati mentali”.

Haidar è convinto anche che l’omosessualità femminile sia più comune tra le donne “istruite e amanti del dominio”, sostenendo che il padre dovrebbe essere un simbolo di forza mentre la madre di tenerezza. Questo corso è seguito ogni anno da centinaia di studenti di medicina ed è rappresentativo del punto di vista di molti psichiatri in Siria che, nelle loro cliniche private, mettono in pratica tentativi di cambiare l’orientamento sessuale o l’identità di genere delle persone.

Pratiche che, Victor Madrigal-Borloz, esperto Indipendente delle Nazioni Unite per la protezione contro la violenza e la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e sull’identità di genere, definisce nel suo rapporto al Consiglio per i diritti umani “intrinsecamente degradanti, disumane e crudeli al limite della tortura”.

Ibrahim Myar, specialista in psichiatria, parla a Raseef22 dei metodi più comuni utilizzati in Siria come tentativi di cambiare l’orientamento sessuale: “I tentativi di cambiare l’orientamento sessuale si basano sul rinforzo negativo. Sono pratiche mirate a fare in modo che l’individuo provi dolore o disgusto quando osserva (o pensa ad) atti omosessuali, allo scopo di sopprimere l’eccitazione. Con il tempo, questa eccitazione si assocerebbe alla sensazione di dolore o di repulsione, che dovrebbe avere l’effetto di inibire il desiderio sessuale. Questi trattamenti prevedono inoltre la prescrizione di farmaci che annoverano, tra gli effetti collaterali, la riduzione della libido. A tutto ciò si aggiunge la pressione psicologica causata da fattori religiosi e sociali, che viene enfatizzata durante le sedute”.

Per quanto riguarda le ripercussioni negative e gli effetti derivanti da queste pratiche, il dottor Myar ha affermato: “I risultati negativi includono un aumento dei sintomi di ansia e depressione nell’individuo, spesso dovuto al fallimento della “terapia”, oltre alla frustrazione causata dal calo della libido, effetto collaterale di questi tentativi”.

Riguardo alle ragioni che spingono molti specialisti a mettere in atto queste pratiche immorali, lo psichiatra ha affermato: “Questi metodi sono usati in Siria in proporzioni diverse, a causa di convinzioni religiose e sociali secondo cui un diverso orientamento sessuale è una deviazione che necessita di cure. Un altro motivo è che alcuni psicologi trascurano il fatto che l’omosessualità è stata rimossa dall’elenco delle malattie mentali, perché sono convinti che questa rimozione sia avvenuta a causa della pressione sociale, e non come risultato di ricerche scientifiche reali”.

Myar ha rivelato che molto spesso è proprio la persona omosessuale stessa a vivere male il proprio orientamento sessuale e a rivolgersi a uno specialista per trovarvi una soluzione. Ma a quel punto il compito di un medico dovrebbe essere spiegare, con i dovuti riferimenti scientifici, che le pratiche volte a cambiare l’orientamento sessuale non portano a nessun risultato e che quell’ansia e quella sofferenza sono causate da fattori sociali.

In questo contesto, Hussam (pseudonimo), racconta la sua esperienza con uno di quei trattamenti: “Ho passato molti anni a considerarmi malato di mente e pensare di aver bisogno di cure. Ho visitato diversi medici, che mi hanno prescritto degli antidepressivi. […] Alcuni di loro mi hanno rimproverato e insultato. L’ultimo a cui mi sono rivolto mi ha proposto la cosiddetta terapia di conversione. Diceva: Riuscirò a farti diventare etero”.

Lo studente universitario ha raccontato le sue sofferenze in quel periodo: “Mi è stato chiesto di guardare video di rapporti omosessuali. Ogni volta che raggiungevo l’orgasmo dovevo vomitare. Poi dovevo cercare di eccitarmi mentre guardavo film su ragazze nude che si masturbavano. Ci sono state più sessioni, ho avuto paura. Vergogna e paura. I risultati sono stati pessimi. Ero molto depresso. Non potevo resistere alle mie inclinazioni sessuali, e ogni volta che guardavo film di sesso gay mi sentivo frustrato e piangevo, come se la mia forza di volontà fosse debole e avessi un problema”.

I media e i social media svolgono un ruolo fondamentale nella promozione di queste pratiche, i video sull’omosessualità sono sempre popolari e spesso sono accompagnati da molti commenti di odio e discriminazione nei confronti della comunità Lgbt, specialmente da parte delle persone più religiose. Secondo Victor Madrigal-Borloz, queste terapie si associano a pratiche simili all’esorcismo.

Anche Jamil racconta la sua esperienza: “Appartengo a una famiglia religiosa. Quando hanno saputo del mio orientamento sessuale, la mia vita è cambiata. Ho sofferto molto, anche a causa del rimorso che provavo. La mia famiglia ha chiesto allo sheikh della moschea vicina cosa fare per restituirmi la mia virilità. La soluzione, secondo lui, era farmi sposare una ragazza. Quando ho rifiutato, mi hanno rinchiuso in casa e mi hanno sequestrato il telefono. Avevano deciso che se non mi fossi sposato sarei rimasto chiuso in casa, così non li avrei fatti vergognare”.

E lo è stato per un anno, prima di arrendersi al volere della sua famiglia. “Ora vivo una doppia vita. Vengo curato per la depressione. Soffro continuamente, per me stesso e per mia moglie. Non è colpa sua né mia se qualcuno ci ha gettati in questo inferno in terra credendo di starci aprendo le porte del paradiso”.

In una dichiarazione congiunta, 28 organizzazioni del Medio Oriente e del Nord Africa hanno espresso la loro grave preoccupazione per la diffusione della “terapia di conversione” nella regione e hanno sottolineato che tutti i tentativi di cancellare e corrompere l’identità delle persone Lgbt hanno gravi conseguenze per le loro relazioni e la loro salute psicologica. Il rapporto dell’Associazione europea per la salute mentale raccomandava ai professionisti di “esercitare cautela quando incontrano pazienti in cerca di una terapia di conversione, poiché tali desideri spesso mascherano altri problemi”.