Mosca non demorde e annuncia di aver trovato le prove del coinvolgimento ucraino nell’attentato alla sala concerti Crocus di Mosca. Gli attentatori sarebbero stati pagati in criptovalute dal territorio ucraino e c’è già un arrestato.

IMPRESSIONANTE come in poco più di 24 ore la commissione parlamentare invocata dalla Duma (la Camera bassa russa) abbia trovato già una prova determinante a carico di Kiev. Anche se l’insistenza con la quale vertici, commentatori, blogger e addirittura giornalisti russi stanno accusando i «nazionalisti ucraini» fin dai primi minuti successivi all’attentato assomiglia a uno di quei casi in cui la conclusione è già evidente dalla prima pagina, non possiamo far altro che aspettare che aspettare le prove. Finora non c’è stato nulla, anzi: due dei fermati di lunedì, Isroil Islomov e suo figlio Aminchon, hanno presentato ricorso contro l’ordine d’arresto emesso nei loro confronti e si sono dichiarati «non colpevoli». L’accusa si basa sul fatto che il fratello di Aminchon, Dilovar, avrebbe venduto agli attentatori la famosa Renault con la quale il commando si è recato al Crocus e poi ne è fuggito. Mentre forze di polizia, servizi segreti e politica indagano a modo loro, l’opinione pubblica russa si muove in parallelo. I falchi della destra più estrema e nazionalista russa si sono schierati compatti per la responsabilità ucraina e invocano una punizione esemplare che inizi dalla designazione del governo ucraino come «entità terroristica criminale».

FIN QUI nulla di troppo strano, è dall’inizio della guerra (e da prima in alcuni casi) che l’ex presidente Medvedev, il presentatore tv Solovev, il filosofo Dugin, l’oligarca e fondatore della piattaforma Tsargrad Malofeev e personaggi simili chiedono un innalzamento del livello dello scontro. Guerra totale, distruzione dell’Ucraina e di chiunque si opponga a questo piano. L’attentato all’ex comandante della compagnia di mercenari Wagner Prigozhin aveva molto placato i bollenti spiriti. Il messaggio era arrivato chiaro a chi doveva arrivare: non bisogna incalzare troppo il presidente, soprattutto sulle scelte legate alla politica estera. L’attentato del 22 marzo, tuttavia, ha scosso molto la Russia e persino voci generalmente meno aggressive nei confronti della guerra si sono inasprite. Chi conosce bene il mondo russo ritiene che il Cremlino in momenti delicati come questi usi la stampa per sondare le reazioni dell’opinione pubblica e decidere di conseguenza. Perciò le voci sempre più insistenti ed eterogenee che chiedono la fine del riconoscimento giuridico del governo di Zelensky sono pericolose. In questo clima altri 5 giornalisti sono stati arrestati nelle ultime 48 ore e Konstantin Jarov di RusNews, secondo l’Ong Ovd-Info, sarebbe stato picchiato e minacciato di violenza sessuale

SUL FRONTE internazionale ieri il presidente Putin è tornato a esprimersi sulle tensioni con la Nato derubricando a «sciocchezze» le voci insistenti su un’ imminente guerra. Il capo di stato ne fa una questione di forze in campo: «Nel 2022, gli Stati uniti hanno investito 811 miliardi di dollari» in spese militari «e la Federazione russa 72 miliardi; combatteremo con la Nato a fronte di questo rapporto fra cifre o qualcosa del genere? Ebbene: sono solo sciocchezze». Inoltre, «la possibilità che (Mosca, ndr) attacchi altri paesi, la Polonia, gli Stati baltici è una totale assurdità». Ma, sull’eventuale fornitura di F-16 all’Ucraina, ha aggiunto: «Se verranno utilizzati da aeroporti di paesi terzi, per noi saranno un obiettivo legittimo: non importa dove si trovino».

IERI AL PALAZZO di vetro dell’Onu si è tenuta una votazione sul monitoraggio delle sanzioni alla Corea del Nord e la Russia ha posto il veto alla risoluzione abolendo di fatto il controllo delle Nazioni unite su Pyongyang senza però eliminare le sanzioni. Per gli Usa la mossa del Cremlino nasce dalla necessità russa di ricevere armamenti nordcoreani.
Sul campo la guerra continua e un altro jet russo è precipitato sopra Sebastopoli, forse abbattuto da fuoco amico, mentre la «coalizione per le munizioni» all’Ucraina, guidata dalla Repubblica Ceca, ha annunciato di aver raccolto 1 milione di proiettili che presto saranno inviati alle forze armate ucraine.