Il mantra secondo cui entro il 2050 la popolazione africana raddoppierà e due terzi di questo aumento saranno assorbiti dalle aree urbane, portando le città africane a ospitare ulteriori 950 milioni di persone, finisce per oscurare gli effetti di questa crescita. Se la globalizzazione e la finanziarizzazione del mercato hanno trasformato radicalmente il mercato del lavoro nell’emisfero nord, lo stesso sta avvenendo anche nelle megalopoli africane suscitando risposte da parte della società. Soprattutto i giovani, che rappresentano non solo la maggior parte di questa popolazione ma anche la forza lavoro che dà impulso – venendone assorbita – da questo cambiamento.

COSÌ SI POSSONO LEGGERE le manifestazioni che all’inizio del mese di ottobre, per due settimane, hanno interessato le principali città nigeriane, balzando alla ribalta anche internazionale dopo i violenti scontri di Lekki Tollgate, a Lagos. Se lo stoppino delle manifestazioni è la denuncia contro la violenza perpetrata dalla Squadra speciale anti furto Sars – Special Anti-Robbery Squad, peraltro dal 2017 già abolita e ripristinata dal governo 4 volte, i manifesti esibiti nelle strade – come suggerisce Sakiru Adebayo – ci invitano a prestare attenzione ad altri messaggi impliciti.

 

Lagos, 22 ottobre 2020, 15mo giorno di proteste (Ap)

 

 

La violenza della Sars ha come vittime preferenziali giovani uomini accusati di essere «truffatori online», semplicemente poiché possessori di un laptop o uno smartphone. Questi sono spesso trattenuti dalla polizia senza ragione, se non quella di dover pagare cauzione arbitrarie ed esorbitanti per riguadagnarsi la libertà. Viceversa si affronta un futuro incerto deciso da un sistema di giustizia penale che tra il 2011 e 2015 ha lasciato il 72% dei reclusi in prigione senza giusto processo.

È un sistema collaudato che funziona a incastro. Altre volte, gli agenti rapiscono persone sulla base di canoni di apparenza (abiti di marca, accessori o macchine) e supposta appartenenza a una classe sociale ricca. I sequestrati vengono costretti a prelevare i soldi in cambio della loro libertà non di rado sotto la minaccia delle armi. È una tattica di estorsione che da tempo alimenta un ampio racket. Lo scorso anno un ingegnere informatico ha dovuto pagare 1.300 dollari e la sua storia ritwittata oltre 11.000 volte ha fatto infuriare i leader dell’industria tecnologica nigeriana, i quali hanno dato vita a una campagna che in un giorno ha raccolto 30 mila dollari da destinare ad azioni organizzate insieme a gruppi della società civile e attivisti impegnati da anni nella lotta contro la violenza e l’estorsione della polizia, oltre che a finanziare cause legali.

Quello che preoccupa i CEOs delle principali startup nigeriane, così come i dirigenti dei diversi settori delle nuove economie, è la fuga di cervelli (dopo quella indotta dalle politiche degli aggiustamenti strutturali del Fondo monetario e della Banca mondiale negli anni ‘60/’80) tra i giovani Nigerian techies, con il governo che «continua a chiudere un occhio sulla rapina e l’intimidazione psicologica dei giovani talenti tecnologici».

PER QUESTO IL MOVIMENTO #EndSars oltre ad aggiungersi al movimento globale antirazzista contro la violenza della polizia – che ha intrinseca in sé una profonda perversione essendo spesso violenza di neri (polizia mal pagata e mal formata) contro neri (vittime colpevoli di essere poveri e neri) – esprime una domanda che sembra incorporare la voce dell’intera fetta di giovani del continente: il diritto alla propria modernità.

 

Lagos, 16 ottobre 2020 (Ap)

 

Si parla molto in ambiente accademico, soprattutto in questo momento in cui il dibattito decoloniale si ritrova un po’ ovunque, del riconoscimento di multiple modernità, in contrasto con quella universale, come tutto il sistema della conoscenza, imposta dall’Illuminismo europeo. Avvenimenti come quelli delle ultime settimane in Nigeria permettono di portare la questione dalla teoria alla pratica.

I GIOVANI NIGERIANI, che il presidente Buhari nel 2018 definiva «pigri che non vogliono fare nulla», sono in prima linea nella rivoluzione #EndSars, al punto da venire definiti EndSars generation, non solo in quanto bersagli preferiti della Sars, ma perché rappresentano la resistenza a un sistema politico autocratico mascherato da democrazia liberale.

La protesta di una generazione accusata di aggrapparsi agli smartphone e di essere dipendente da Internet e dalla cultura pop, è stata uno shock inaspettato per il governo.

SECONDO TESTIMONI a Lekki Tollgate «il massacro dei manifestanti era ben orchestrato, erano state rimosse le telecamere a circuito chiuso e spenti i lampioni. I dimostranti con le bandiere nigeriane cantavano l’inno nazionale. Anche così i soldati gli hanno sparato». Scene di uno stato che utilizza la polizia contro i cittadini, come strumento di violenza invece che di difesa.

Un intervistato racconta che «i giovani in Nigeria riescono a crearsi posti di lavoro dove non ce ne sono attraverso il loro imprenditorialità, la loro creatività e loro iniziative. Fanno tutto da soli, non esistono infrastrutture, nessuna assicurazione sanitaria, zero investimenti per l’istruzione. (…). La protesta pacifica è durata circa 12 giorni e il governo non se l’aspettava, perché di solito quando finiscono le scorte di cibo o il denaro le persone tornano a casa e accettano le cose come sono. Stavolta moltissimi hanno fornito cibo, bevande, servizi sanitari e sicurezza mentre il governo infiltrava teppisti per screditare le proteste. Ma non ha funzionato, così hanno inviato i militari a uccidere giovani innocenti e disarmati».

Anche alcune chiese nelle vicinanze hanno offerto solidarietà e rifugio ad alcuni manifestanti durante le notti degli scontri, così come diversi privati che hanno aiutato con generi alimentari, ambulanze e dispositivi sonori. Numerosi i messaggi di solidarietà al movimento da tutto il mondo, celebrità nigeriane come Folarin Falana e Douglas Jack Agu e della diaspora come John Boyega, star internazionali come, Mesut Özil, Kanye West, Cardi B, Beyoncé, Rihanna, Odion Ighalo e molti altri.

LA PROTESTA È STATA COORDINATA da un collettivo femminista: Feminist Coalition. «L’organizzazione (tutta composta da donne) ha fatto un lavoro straordinario. Nel giro di due settimane ha raccolto donazioni in denaro per oltre 380.000 dollari per coordinare la propria logistica. Hanno distribuito fondi ai diversi siti di protesta pagando la cauzione per i manifestanti arrestati, le spese mediche per i feriti, cibo e sicurezza privata per proteggere i manifestanti. Hanno anche lanciato una linea telefonica per rispondere alle emergenze. L’organizzazione ha inoltre dribblato gli attacchi del governo alla principale piattaforma di pagamento che stavano usando attraverso donazioni in bitcoins».

 

Lagos, 19 ottobre 2020 (Ap)

 

Dopo le intense settimane di mobilitazione è ora necessario ripensare le strategie, anche considerando che il coprifuoco a Lagos è andato avanti dalle 18 alle 8, ossia con orario invertito rispetto i giorni delle proteste, quando funzionava dalle 6 del mattino alle 20. «Vogliono paralizzare la capacità di protestare: il coprifuoco significa tristemente che ‘qualunque cosa ti accada è colpa tua’. Quindi per aggirare il sistema bisogna ristrutturarsi. È qui che entrano in gioco i nigeriani che vivono all’estero. Possono esercitare pressioni sulla comunità internazionale e sui diplomatici nigeriani all’estero». Quindi, le proteste continuano, ma online e all’estero, con manifestazioni che si sono svolte a Londra, Berlino, New York, Toronto e altre città.

Prosegue anche il lavoro della commissione di inchiesta sui tragici fatti di Lekki. «Tutto ciò che viene dal governo è una potenziale farsa. L’unico modo per saperlo veramente è aspettare il risultato e le misure che verranno adottate. Quindi tecnicamente per ora, è un passo giusto perché era una delle nostre richieste, ma vedremo se si tratta di una delle solite mosse subdole del governo». Utile ai fini dell’inchiesta potrà essere la documentazione video del Digital Forensic Research Lab che testimonia le uccisioni dei manifestanti, nonostante l’esercito abbia classificato rapporti e filmati come falsi. Secondo Amnesty International, un’indagine sul campo rivela che almeno 10 persone sono state uccise quando funzionari armati dell’esercito nigeriano hanno aperto il fuoco.

Come sottolineato da Adebayo, «i cartelli sollevano molte domande: perché l’essere moderni è criminalizzato nella Nigeria del XXI secolo? Perché è così importante che i giovani nigeriani rivendichino il loro diritto di essere moderni? A cosa e di chi allude la modernità? Queste domande possono sembrare marginali di fronte alla violenza vissuta quotidianamente dai giovani nigeriani, ma sono, a lungo andare, importanti».

NONOSTANTE LE VIOLENZE, le proteste di #EndSARS potrebbero segnare una svolta. Secondo un altro intervistato, «per una volta nella storia recente della Nigeria, i giovani hanno messo da parte tribù, religione ed etnia per chiedere il cambiamento con una sola voce. Non si tratta di negare la nostra identità e la storia ma dobbiamo sapere quando ignorare queste divisioni e come lavorare insieme».
Il 60% dei 200 milioni di nigeriani ha meno di 25 anni. L’autogestione di questa protesta e le ripercussioni che ha avuto dimostrano che i giovani sono ora più che mai consapevoli del loro potere di cambiamento.

 

Lagos, 19 ottobre 2020 (Ap)