Dopo gli screzi seguiti al riconoscimento del genocidio armeno da parte del parlamento tedesco, riesplodono le tensioni tra Germania e Turchia.

Al centro l’arresto del giornalista Deniz Yucel, corrispondente del quotidiano Die Welt, cittadino tedesco e turco. Yucel è detenuto dal 14 febbraio nell’ambito di un’inchiesta sulla «diffusione di propaganda terroristica», reato per cui rischia fino a 5 anni di carcere.

Lunedì una corte di Istanbul ha confermato la detenzione sulla base di un articolo su un attacco hacker all’account email del Ministero dell’Energia e di un’intervista a Cemil Bayik, comandante Pkk.

Martedì Berlino ha convocato l’ambasciatore turco: il ministro degli Esteri Gabriel ha chiesto ad Ankara di rispettare la libertà di espressione, aggiungendo che nessun paese che si definisca democratico «abusa» del potere giudiziario per perseguire giornalisti.

Una mossa che si aggiunge a decine di manifestazioni che hanno avuto luogo in Germania, Austria e Svizzera (paesi dove è consistente la presenza turca), per il rilascio di Yucel.

La cancelliera Merkel era intervenuta due giorni fa: «[L’arresto] è esageratamente duro, soprattutto perché Yucel si è presentato spontaneamente alle autorità turche e si è detto disponibile a cooperare. Ci aspettiamo che la magistratura turca rispetti la libertà di stampa, vitale ad ogni società democratica».

E martedì il ministro della Giustizia tedesco si è spinto oltre, paventando il blocco della visita del presidente Erdogan in Germania e il congelamento (ormai quasi strutturale) del processo di adesione della Turchia all’Unione Europea.

Ma il caso Yucel non è che uno dei tanti nel pagliaio di violazioni commesse nei confronti della stampa turca: dal 15 luglio, data del fallito golpe, e dalla successiva entrata in vigore dello stato di emergenza, le autorità turche hanno chiuso 170 media, cancellato 800 tessere stampa e sbattuto dietro le sbarre oltre 140 giornalisti.

Ieri l’ultima minaccia di Erdogan: il quotidiano Hurriyet pagherà «un caro prezzo», ha detto, a seguito della pubblicazione di un reportage sui rapporti in bilico tra governo e esercito.