Il “governo dei migliori” riesce nel miracolo di unire Federmeccanica e i sindacati metalmeccanici. Mentre Sergio Mattarella sta per entrare a Montecitorio, a pochi metri nella stessa piazza si conclude una conferenza stampa «epocale». Mai nella storia d’Italia si era vista una cosa del genere: allo stesso tavolo ci sono coloro che storicamente «litigano e si combattono» e che invece ora presentano «un documento comune» per «affrontare l’emergenza dell’automotive che mette a rischio 73 mila posti di lavoro su circa 250 mila occupati».
La sordità del governo, in primis del titolare del Mise Giancarlo Giorgetti, davanti «all’emergenza di un settore fondamentale dell’economia che deve fare i conti con la transizione verso l’elettrico con lo stop ai motori endotermici nel 2035» porta alla richiesta di «una convocazione urgente da parte del premier Draghi a palazzo Chigi». Dicono di non voler «personalizzare» il presidente di Federmeccanica Federico Visentin e i segretari generali di Fim, Fiom e Uilm ma la bocciatura totale per la gestione del ministro leghista è lampante. «È vero ci sono tavoli in corso sul tema automotive al Mise ma noi ieri non eravamo presenti», ammette, riferendosi alla «riunione automotive e indotto» strombazzata invece come grande successo di Giorgetti dalla comunicazione del Mise in evidente difficoltà. «Altre volte c’erano cento invitati e potevamo parlare tre minuti a testa: non serviva a niente», ricorda Francesca Re David della Fiom.
Davanti a «una transizione ecologica doverosa», Federmeccanica, Fim, Fiom e Uilm, chiedono quella «politica industriale» portava avanti da anni in Francia e Germania», paesi che si sono fatti trovare pronti alla rivoluzione elettrica.
La richiesta delle parti sociali è precisa: «un fondo per la transizione», «sostegno alla domanda per il rinnovamento del parco circolante» -«nella scorsa legge di bilancio c’erano 400 milioni, in questa sono spariti», ricorda Palombella – «incentivazione all’offerta per ricerca, sviluppo e capacità produttiva», «formule di partecipazione pubblica al capitale» – «magari fosse Cassa depositi e prestiti», dicono all’unisono tutti – e «misure di accompagnamento verso le transizione produttive», leggasi ammortizzatori e prepensionamenti ad hoc.
Le sei pagine di documento intitolato “draghianamente” «una prospettiva economica condivisa» sono redatte dell’Osservatorio automotive, previsto dall’ultimo contratto nazionale metalmeccanici «sottoscritto proprio un anno fa, in piena pandemia, molto innovativo e remunerativo per i lavoratori».
«Chiediamo un colloquio a Draghi sull’automotive che rappresenta un’eccellenza e non può essere ignorato mentre deve affrontare una sfida che non ha voluto», spiega Visentin.
«Torni di moda la politica industriale – chiede il segretario generale della Fim Cisl Roberto Benaglia – le risorse pubbliche non mancano. In un solo giorno, giovedì, ci sono stati comunicati 1.250 esuberi da Bosch e Magneti-Marelli, non possiamo andare avanti così».
«Serve un intervento straordinario con risorse straordinarie – sottolinea Francesca Re David – . L’Italia era il secondo produttore di auto in Europa, ora è l’ottavo. Le multinazionali come Bosch chiudono solo in Italia; negli altri paesi hanno investito. Nel Pnrr non c’è nulla sull’automotive, non è accettabile».
«Il nostro è un grido di dolore – spiega Rocco Palombella della Uilm – siamo in una situazione di emergenza drammatica. In questi anni abbiamo superato la crisi degli elettrodomestici, quella della siderurgia da cui non siamo ancora usciti e portiamo le ferite, ma se salta l’automotive l’Italia non sarà più il paese di prima».
E mentre Tavares ha messo in dubbio perfino l’annunciata factory per le batterie elettriche a Termoli, i sindacati tornano all’attacco anche sul fronte ex Fca: «In febbraio torneremo alla carica per una convocazione di Stellantis, non vorremmo dover conoscere il piano industriale di Tavares dai lanci di agenzia del 1° marzo», sottolineano Fim, Fiom e Uilm.
Intanto arriva un accordo per prepensionare altri 714 operai ex Fca a Pratola Serra, Cento, Cassino, Pomigliano e Mirafiori per un totale di oltre 2 mila nel 2021 mentre Fim e Uilm plaudono al premio di produzione da 1.400 euro annui, il più basso mai erogato, per giunta «eroso dagli ammortizzatori», sottolinea la Fiom.