Mancano cinque giorni alle elezioni federali che archivieranno i sedici anni della cancelliera Angela Merkel, ma di fatto le urne si sono già aperte con il voto postale che a causa della pandemia farà segnare numeri da record: secondo il sondaggio commissionato da Deutsche Post il 38% degli elettori compilerà a casa la scheda per rinnovare il Bundestag, nell’incertezza totale del risultato finale sempre e comunque appeso al 3% di preferenze che attualmente separa il candidato socialdemocratico dallo sfidante democristiano.

DOMENICA SERA Olaf Scholz ha superato senza danni l’ultimo atto del triello sulla tv pubblica con Armin Laschet e Annalena Baerbock chiudendo così la campagna elettorale incentrata sul fortunato slogan: «Lui può diventare cancelliera». Il suo unico grande problema, però, rimane l’indagine della Procura di Osnabrück sul presunto riciclaggio che coinvolge l’Unità di informazioni finanziarie (Fiu) del suo dicastero: tre anni fa non segnalò ai magistrati un bonifico sospetto verso l’Africa connesso con il traffico di droga, armi e terrorismo. Una patata ultra-bollente per il candidato della Spd: ieri è stato convocato dall’apposita Commissione parlamentare per rispondere della clamorosa perquisizione dei suoi uffici e spiegare perché la Fiu «dimenticò» di denunciare la transazione. Il risultato è che Scholz è stato costretto a cancellare due dei tre appuntamenti elettorali in programma.

Grana imprevista dagli esiti imponderabili, visto che l’inchiesta giudiziaria si concluderà certamente dopo il voto. Si aggiunge all’indeterminatezza sul colore del futuro governo: sulla carta, stando alla rilevazione demoscopica di ieri, sono ben sei le possibili coalizioni di governo che hanno già virtualmente la maggioranza al Bundestag: l’alleanza nero-rosso-verde (tra Cdu, Spd e Verdi) conterebbe 410 deputati su 598, la nero-rosso-gialla (tra Cdu, Spd e Fdp) 379, la «coalizione semaforo» (tra Spd, Verdi e Fdp) 344, la rosso-rosso-verde (tra Spd, Linke eVerdi) 314, la «coalizione Giamaica» (tra Cdu, Verdi e Fdp) 313, e la riedizione della Grosse Koalition di Spd e Cdu 307 parlamentari: 7 in più della soglia del 50%.

TUTTO E IL CONTRARIO di tutto, insomma, in attesa di sapere, al di là delle urne, quale negoziato andrà in porto con il via libera del presidente della Repubblica, Frank-Walter Steinmeier, e dopo l’imprescindibile placet degli iscritti dei partiti chiamati a ratificare le decisioni dei loro candidati.

Per adesso non resta che fidarsi delle dichiarazioni rese da Scholz durante l’ultimo confronto mediatico: «Non è un segreto: se fosse per me preferirei formare un governo con i Verdi». Ma conta anche il granitico veto del leader bavarese Markus Söder sull’ipotesi di Laschet di trasformare la Cdu-Csu nel partner di minoranza in una nuova Groko a guida Spd.

GEOMETRIA POLITICA ufficialmente non più all’ordine del giorno, ma non lo era neppure nel 2017 quando socialdemocratici e democristiani giurarono di non volersi alleare per poi scendere al compromesso del quarto governo guidato da Angela Merkel. In pratica, come al solito, peserà anzitutto la capacità del cancelliere in pectore di trovare la sintesi dei diversi programmi. Durante il triello sono emerse tutte le differenze fra i candidati, a cominciare dal tema che – proprio come in Italia – è tornato al centro del dibattito politico.

«Sono soddisfatto per l’uscita della Germania dal nucleare» taglia corto Scholz all’indirizzo di Laschet convinto invece che «le centrali atomiche producono meno emissioni di quelle a carbone» e la svolta ecologica renderà il Paese «energeticamente dipendente dalle forniture estere». Un argomento-chiave per la Verde Baerbock, sempre più nelle vesti di leader delle nuove generazioni «a cui Spd e Cdu stanno ipotecando il futuro» ma anche socialmente concentrata sul salario minimo a 12 euro: il punto su cui la sintonia con Scholz è massima così come la distanza con il confindustriale Laschet contrario a qualunque intervento dello Stato: «Il salario minimo garantisce che la gente non sia costretta a fare due lavori» gli replica secca la candidata dei Verdi.

E PROPRIO SUGLI “ULTIMI” gli sfidanti si giocano una parte non irrilevante della loro elezione: dagli affittuari delle 400 mila nuove case popolari che Olaf Scholz promette di costruire ai «bambini poveri nella ricca Germania» per cui si spende Annalena Baerbock, fino a Armin Laschet sicuro che l’unica soluzione all’indigenza sia «far ripartire la crescita economica».

Eppure, anche così resta il problema degli altri cittadini dimenticati dalla politica, come i 10 milioni di residenti stranieri che pur pagando le tasse in Germania domenica prossima non potranno votare. Sono il 14% della popolazione e per ora se ne occupa solo la petizione on-line lanciata con l’hashtag #nonsenzadinoi14%. Conta già 5.000 firme, tra cui spicca quella di Carola Rackete.