Il doppio giro di vite del governo Scholz «in difesa dei valori della democrazia» e di Israele come ragione di Stato era pronto fin dallo scorso 25 marzo: mancava soltanto il via libera ufficiale per la definitiva entrata in vigore. Da ieri le nuove regole sono legge: chiunque voglia diventare cittadino della Bundesrepublik d’ora in poi dovrà superare il test di cittadinanza incardinato sulle domande su «ebraismo e significato dell’Olocausto nella storia tedesca» predisposte dalla ministra dell’Interno, Nancy Faeser. «La nostra responsabilità nei confronti della Shoah è parte della nostra identità attuale. Se non sei d’accordo, allora non puoi ottenere il passaporto tedesco. Abbiamo tracciato una netta linea rossa» puntualizza la ministra Spd.

Non è l’unico confine ridisegnato a Berlino. In parallelo il governo Scholz vara la misura che consentirà l’espulsione rapida dalla Germania di tutti gli stranieri «inneggianti al terrorismo». Vale anche e soprattutto per la galassia dei social: dal rilancio di slogan con ideologie proibite fino alla complicità manifestabile anche solo con un “like” sotto a un “post”.

«Chi si può iscrivere ai 40 gruppi sportivi del Maccabi?». Risposte possibili: «chiunque», «solo i religiosi», «solo gli ebrei», «solo i tedeschi». Ancora, prestampato sulla prova scritta per la cittadinanza: «Qual è il luogo di preghiera degli ebrei?». Soluzione: «sinagoga» e non «moschea», «chiesa o «basilica», come sa bene chiunque conosca il mondo ebraico, compresi però gli estremisti antisemiti che non hanno certamente dubbi quando attaccano le sinagoghe in quanto “casa” degli ebrei.

Meno biunivoca la serie dei quesiti sulla comprensione della giusta chiave di lettura della Shoah. Il ministero dell’Interno chiede di elencare i comportamenti antisemiti nella scelta fra «negare l’Olocausto», «criticare il governo israeliano», «frequentare un festival ebraico» e «giocare a calcio contro gli ebrei». Fa il paio con la domanda sui divieti legali, che non sono di sicuro «esporre la bandiera israeliana su una proprietà privata» ma «appellarsi pubblicamente alla distruzione di Israele». I candidati infine dovranno saper indicare su quali basi è stato fondato lo Stato Ebraico scegliendo fra le risoluzioni «del Congresso Sionista», «del governo federale», «dell’Urss» oppure «dell’Onu».

Sono il contrappeso politico per aver accelerato l’iter di cittadinanza sotto il profilo burocratico (ora bastano 5 anni di residenza anziché i precedenti 8) consentendo ai richiedenti di non stracciare il loro vecchio passaporto. «Chi si riconosce nei nostri valori ora può integrarsi più velocemente e senza più dover rinunciare a una parte della propria identità» precisa Faeser.

In pratica, riconoscimento formale di Israele in cambio di non rimanere più prigionieri dell’interminabile attesa per diventare tedesco. Nonostante che, alla fine, pure con le nuove regole, per avere la cittadinanza è richiesto di rispondere correttamente a “solo” 17 domande delle 33 previste.