È durata appena sei mesi la corsa del movimento Aufstehen (In piedi) fondato lo scorso settembre da Sahra Wagenknecht, leader della corrente sovranista della Linke. Domenica la capogruppo al Bundestag ha annunciato il suo clamoroso «ritiro» dal progetto che aveva raccolto 170 mila firme in calce al programma diametralmente alternativo alla linea internazionalista incarnata dalla segretaria Katja Kipping.

«I politici di partito dovrebbero ritirarsi dalla prima fila, e ciò riguarda anche me stessa» ha precisato Wagenknecht nell’intervista rilasciata all’edizione domenicale della Faz. Una decisione improvvisa, inaspettata perfino nella cerchia di collaboratori e alleati fuori e dentro il Paese: dal Verde Ludger Volmer al socialdemocratico Marco Bülow, dal No-Groko inglese Steven Hudson fino agli italiani Stefano Fassina e Alfredo D’Attorre.

«Uno choc mortale» per il progetto, riassume il Tagesspiegel, dopo che Simone Lange, sindaca Spd di Flensburg, si è rifiutata di sostituire Wagenknecht alla guida del movimento. Di fatto, un problema in meno per Kipping che vede allontanarsi l’incubo scissione nella Linke.

Ufficialmente, pesano non poco i problemi di salute: «La mia assenza di due mesi riguarda anche lo stress accumulato negli ultimi anni. Ho bisogno di ritrovare un nuovo equilibrio» fa sapere Wagenknecht.

In realtà il flop di Aufstehen si spiega nel groviglio di nodi politici mai sciolti. Il movimento, nella pratica, è coinciso con la propria mailing-list; i politici di Spd e Verdi strappati ai rispettivi partiti si potevano contare sulla dita di una mano, mentre la “base” (cui formalmente Wagenknecht ora gira la leadership) banalmente non è mai esistita. Senza contare l’assenza del «programma di governo» promesso entro marzo, e il forte dissenso tra gli iscritti Linke per un’iniziativa destinata a spaccare il fronte della sinistra più che a unire le forze contro Afd.

Eppure «non sono mancati il supporto finanziario né favore dei sondaggi» come ricorda Oskar Lafontaine, compagno di Wagenknecht e cofondatore di Aufstehen. Casomai, la capacità del movimento di cogliere i (seppure timidi) segnali di apertura in campo socialista, a partire dalla rottamazione della controversa “Agenda 2010” da parte dei dirigenti Spd non più prigionieri delle riforme “liberal” volute dall’ex cancelliere Gerhard Schröder, attuale top-manager di Gazprom.