«Il Guatemala è un paese saccheggiato dalle multinazionali, ma ora i giovani si stanno svegliando», dice al manifesto il professor Gerard Lutte. Di origine belga, ex docente universitario di psicologia dell’età evolutiva, Lutte è autore di libri fondamentali sugli adolescenti e il loro ruolo nella società, quali Sopprimere l’adolescenza? (Edizioni Gruppo Abele). Pagine d’impronta iconoclasta e libertaria com’è stato il suo percorso, contiguo a quello di Giulio Girardi. Da anni, Lutte vive in Guatemala.

Una lunga vita d’impegno. In quali termini spiegherebbe il suo percorso a un giovane che non ha conosciuto il grande Novecento?
Ho vissuto sempre con i giovani… un impegno soprattutto socio-politico, combinato con una ricerca di comprensione a livello psicologico in ambito universitario, che mi ha portato prima in Nicaragua e poi in Guatemala per lavorare con le ragazze e i ragazzi di strada. Con loro ho fondato il Mojoca, il Movimento dei giovani della strada, che ha anche un sito internet in cui mettiamo notizie e iniziative (amistrada.net). Il movimento vuole organizzare i giovani affinché difendano i loro diritti calpestati in modo ignobile sia per la strada che nella società. Chi vuole, può reinserirsi attraverso dei programmi che facciamo insieme, nei gruppi di autoaiuto: attraverso il lavoro, laboratori di formazione professionale, borse di studio. Funzionano anche le adozioni a distanza, ma sempre in una visione critica che prende in considerazione le cause che producono l’emarginazione dei giovani, sia a livello nazionale che internazionale. Con noi, i giovani s’impegnano per un cambiamento della società. Chi lavora con noi lo fa in una relazione di reciprocità, non in un rapporto economico.

Com’è la situazione in Guatemala, vista dal Mojoca?
Il paese vive una condizione di oppressione e di miseria, che dovrebbe far riflettere quanti, anche in Italia, vogliono spalancare la porta alle grandi imprese, al capitalismo e al profitto. Un paese in cui i giovani si stanno svegliando e chiedono un cambiamento radicale della società, non vogliono più delegare la propria vita e le proprie scelte a un sistema di potere che li emargina e ne annichilisce le potenzialità. E i media dovrebbero raccontarlo, ma purtroppo l’informazione di massa continua a fare il suo mestiere: quello di addormentare le coscienze con problemi futili o con litanie politiciste e locali, distanti dagli interessi reali delle persone. Noi agiamo in una rete di relazione con associazioni popolari, indigene, sindacati, organismi per i diritti umani. Una giovane del Mojoca ha recentemente partecipato a un importante convegno internazionale in Messico, dove il legame tra mafie e politica è altrettanto pervicace e i ragazzi vengono fatti sparire, com’è accaduto ai 43 studenti di Ayotzinapa.
In questi giorni, il Guatemala sta vivendo una crisi politica, la gente scende in piazza, chiede le dimissioni del presidente Pérez Molina. Cosa sta succedendo?
Il Guatemala è un paese saccheggiato dalle oligarchie nazionali innervate alle mafie, dalle multinazionali come Monsanto e dai ricatti del Fondo monetario internazionale e dalla Banca mondiale. Per l’agrobusiness, gli indigeni vengono scacciati dalle loro terre, affamati o uccisi quando si ribellano. Il suolo è avvelenato, le grandi imprese canadesi o statunitensi sventrano la terra, inquinano aria e acqua, fanno ammalare le popolazioni per l’uso dell’arsenico, del cianuro e del mercurio usato per separare la terra dai minerali nelle miniere. Il malcontento non è più contenibile. La miseria aumenta. Il 25 aprile è scoppiata una prima manifestazione che ha radunato oltre 20mila persone nella capitale e migliaia in altre città e dimostrazioni si sono svolte davanti alle ambasciate guatemalteche in Nicaragua, Argentina, Stati Uniti, Europa. Sono scesi in piazza, sindacati, organizzazioni indigene, ma soprattutto i giovani delle università, che hanno indetto i raduni attraverso le reti sociali, com’è avvenuto in Italia in occasione del referendum per la difesa dei beni comuni. Tutto è cominciato quando la Commissione internazionale contro l’impunità in Guatemala, un organismo dell’Onu ha reso noti i risultati di un’inchiesta. Ha rivelato che una banda criminale aveva preso possesso dell’ufficio imposte e evidenziato una vasta frode finanziaria in cui sono implicate 1.200 imprese nazionali e internazionali, tra le quali Monsanto e Nestlé.

Come funzionava il sistema di corruzione?
Era organizzata dal segretario personale della vicepresidente Roxana Baldetti (che ha usato il suo potere per arricchirsi e ora ha dovuto dimettersi), e da due alti dirigenti dell’ufficio imposte, nominati dal presidente, l’ex generale Otto Pérez Molina, un personaggio che ha diretto l’intelligence militare negli anni ’80, durante la guerra civile. Una truffa che ha avuto un impatto diretto sul benessere della popolazione, perché ci hanno detto che non c’erano soldi sufficienti per l’educazione pubblica, per la sanità che cade a pezzi mentre si sta privatizzando tutto. Questo ha fatto infuriare anche la classe media, base elettorale di Molina. Molina aveva promesso mano dura e sicurezza, invece gli omicidi sono aumentati, non ha diminuito le tasse. I primi a scendere in piazza sono stati gli studenti universitari che hanno creato un coordinamento di tutte le università private. Ora vediamo tornare in campo energie giovani come ai tempi della rivoluzione democratica del ’44, , stroncata dal colpo di stato del 1954. Questi giovani sembrano di nuovo aver voglia di decidere il proprio futuro, non credono più che le scelte economiche dettate dal profitto siano inevitabili e buone per loro. Stanno incontrando la resistenza delle organizzazioni indigene e sindacali che hanno finora lavorato nei vari settori, sfidando la repressione costante. Ora chiedono le dimissioni del presidente, che avrebbe voluto cambiare la costituzione per continuare per altri due anni, ma non è più presentabile. Il movimento può andare molto oltre la semplice protesta contro la corruzione. Intanto, si è scoperto che nella truffa erano implicati anche i vertici delle banche, alti funzionari dell’istituto per la sicurezza sociale… Il sistema è marcio nel profondo.

A settembre ci saranno le elezioni
Purtroppo non c’è molto da aspettarsi dal quadro istituzionale. E non c’è una sinistra forte, capace di catalizzare lo scontento e tradurlo sul piano elettorale. I candidati non rispondono al paese ma ai grandi poteri internazionali e in primo luogo all’ambasciata Usa. Siamo rimasti una repubblica delle banane come ai tempi della United Fruit. Siamo lontani da un cambiamento radicale com’è avvenuto in Venezuela. Ma forse si è aperta una speranza.