Passa la legge, si intensifica la crisi politica. Com’era prevedibile, il parlamento georgiano ha approvato nel pomeriggio di ieri il testo sulla «trasparenza delle influenze straniere» (o legge sugli agenti stranieri) con 84 voti a favore e 30 contrari: una misura altamente controversa che trova la ferma opposizione di diversi esponenti politici (anche interni alla maggioranza di governo del partito Sogno Georgiano), dell’Unione europea e di molti stati occidentali nonché delle Nazioni unite, ma soprattutto delle decine di migliaia di cittadini e cittadine del paese che da mesi protestano nelle strade della capitale Tbilisi.

IL BOTTA E RISPOSTA fra manifestanti e polizia è costante: negli ultimi giorni ci sono stati arresti e cariche, tante università sono entrate in sciopero e si sono creati nuovi cortei e nuovi assembramenti. Appena ricevuta la notizia dell’approvazione della legge, alcune persone hanno provato a forzare le barriere poste all’ingresso del parlamento sul viale Rustaveli. Sono soprattutto giovani (c’è una grossa partecipazione della generazione Z alle mobilitazioni), esponenti dell’attivismo della società civile (il testo creerebbe molte difficoltà al settore delle Ong e dei media indipendenti, oltre a essere visto come un provvedimento che potrebbe limitare la libertà di espressione), comuni cittadini. Sventolano bandiere della Georgia e dell’Unione europea, a volte indossano maschere anti-gas, dicono chiaramente «no» alla Russia di Putin e alla sua influenza autoritaria nella vita politica del paese.

IL GOVERNO ha reagito innalzando il livello di allerta. Le forze dell’ordine in assetto antisommossa hanno ripristinato le barriere di protezione, allontanato dal palazzo i manifestanti con la forza ed effettuato diversi fermi (tra cui anche quello del ventunenne Lazare Grigoriadis, arrestato durante le proteste di marzo e poi graziato il mese scorso dalla presidente in carica Salomé Zurabishvili). Ma la folla continua ad affluire e la polizia in alcune occasioni indietreggia. Non che dentro le aule istituzionali l’atmosfera sia molto più tranquilla: mentre avveniva la discussione del disegno di legge, si sono verificati risse e alterchi fra i deputati. In particolare i partiti d’opposizione Movimento Nazionale Unito, Strategia Agmashenebeli, Lelo e alcuni rappresentanti indipendenti hanno promesso battaglia, annunciando di essere pronti a un boicottaggio delle attività parlamentari.

«NON È POSSIBILE proseguire il nostro lavoro in questo modo», ha affermato Levan Bezhashvili (Movimento Nazionale Unito). «Presenteremo a breve un nostro piano per il futuro assieme a esponenti dell’opposizione parlamentare ed extra-parlamentare». In una nota (tradotta in italiano da Agenzia Nova) scrive invece Strategia Agmashenebeli: «Il popolo georgiano è già unito e ora è necessario che noi, l’opposizione, dimostriamo unità per la Georgia, per il suo futuro europeo».
Non è un mistero che i rapporti con l’Europa siano al centro dell’aspra contesa riguardante la legge sugli agenti stranieri. L’approvazione del testo mette a repentaglio il processo di integrazione che si è avviato lo scorso 14 dicembre, quando la Georgia ha ottenuto la candidatura a stato membro, e spinge verso un “punto di ebollizione” contraddizioni interne alla società e alle classi politiche.

NON STUPISCE dunque che le reazioni critiche arrivino da più parti: la presidente del parlamento europeo Roberta Metsola ha scritto su X: «Tbilisi, ti sentiamo! ti vediamo! Il popolo georgiano in piazza sogna l’Europa e vuole un futuro europeo»; la direttrice della sezione est-europea e centro-asiatica di Amnesty Marie Struthers ha dichiarato: «Il partito di governo della Georgia ha imposto l’approvazione di una legge pericolosa, che calpesta i diritti di tutti i cittadini e di tutte le cittadine del paese»; anche il dipartimento locale delle Nazioni unite ha espresso «rammarico», paventando il «rischio di impedimenti al lavoro della società civile e dei media come pilastri della democrazia georgiana». Il primo ministro Irakli Kobakhidze invece ha definito «irresponsabili» le proteste, che dal suo punto di vista vanno a rimorchio di una «minoranza politica».