Alessandro Genovesi, segretario generale della Fillea Cgil, la legge di Bilancio ha dato lo stop al Superbonus, con il ministro Giorgetti che ha usato parole molto forti, e poi, sotto la pressione di Forza Italia, un decreto last minute dagli effetti non chiari.
Mentre Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia hanno sempre votato le proroghe del superbonus fino al 2023, come Fillea e Legambiente fummo i primi a chiedere che fosse selettivo, solo per le prime case e per le classi energetiche e sismiche più basse, con percentuali in base al reddito e con la cessione del credito solo per chi era sotto i 30 mila euro Isee. Quindi lezioni da Giorgietti, no. Anche l’ultimo decreto non risolve i problemi: da un lato peggiora le norme sull’abbattimento delle barriere architettoniche, dall’altra interviene più su chi ha intascato i crediti che non sui condomini che hanno quasi finito i lavori. Anche la proroga per i redditi sotto i 15 mila euro è talmente bassa e condizionata che non produrrà grandi effetti. Insomma Meloni boicotta la direttiva “case green” e toglie la cessione del credito, per cui solo chi ha i soldi e potrà ricorrere alle detrazioni avrà una casa meno energivora, mentre per le case di periferia e per i ceti medio-bassi non vi è nulla. Le scelte del governo, al di là della propaganda, produrranno crisi occupazionali, fallimenti e migliaia di contenziosi legali.

Il segretario generale della Fillea Cgil Alessandro Genovesi

Voi avevate stimato in 200mila i posti di lavoro a rischio per il combinato disposto fine della cessione del credito e dello sconto in fattura, dei tagli al Pnnr e le incertezze nei flussi finanziari. È una stima che il decreto di giovedì sera del governo fa ridurre?
Sì, forse con il decreto i posti a rischio saranno un po’ di meno ma la stima rimane valida. Siamo molto preoccupati.

Un altro intervento a gamba tesa del governo – firmato Matteo Salvini – infatti riguarda il Codice degli appalti con il ritorno a una deregulation. Quali saranno gli effetti?
Gli effetti saranno un ulteriore abbassamento dei diritti e della legalità, perché più si estende la catena dei subappalti che questo codice liberalizza, più aumenteranno zone grigie e competizione al ribasso. Cioè più lavoro irregolare, meno attenzione alla sicurezza, più infiltrazioni, materiali scadenti. A danno della collettività. Il tutto mentre dobbiamo spendere decine di miliardi di euro per le opere del Pnrr e del Fondo Complementare.

In contro tendenza è arrivato il Protocollo sul Giubileo 2025 di cui siete stati grandi fautori: ci può spiegare meglio i dettagli? Può essere un modello replicabile a livello nazionale e generale?
Il Protocollo sul Giubileo 2025, sottoscritto anche dalle imprese, dimostra che le opere si possono fare “presto e bene”, utilizzando la leva degli appalti pubblici per far crescere anche le aziende. Il Protocollo prevede tutta una serie di scelte da parte della stazione appaltante rispetto l’applicazione dei contratti nazionali degli edili, la comunicazione e la trasparenza delle imprese e dei lavoratori che entrano in cantiere, la formazione aggiuntiva per chiunque vi lavori e – tra le tante positive novità – l’esclusione del subappalto a cascata. Ovviamente ci si fa carico anche di ridurre il disagio dei cittadini prevedendo, per la realizzazione delle opere nei tempi previsti, la possibilità di lavorare 7 giorni su 7, h24, ma in totale sicurezza: massimo 8 ore a turno con almeno 4 squadre. Il Protocollo ora deve essere esportato in tutti i Comuni: questa la battaglia della Cgil per il 2024.

Neanche durante le feste di natale la strage sul lavoro si è fermata. Gli appelli si sprecano ma la striscia di sangue non si arresta. Ci sono responsabilità specifiche dell’attuale governo?
Gli infortuni sono causati da pessima organizzazione, turni massacranti, scarsa formazione, destrutturazione dei cicli produttivi. Sicuramente le scelte del Governo non affrontano questi nodi. Dalla liberalizzazione del subappalto a cascata alle bozze sulla formazione obbligatoria per la sicurezza, dalla mancata politica industriale e per la crescita dimensionale delle imprese fino alla volontà di stravolgere la funzione dei Contratti Collettivi di Lavoro, il messaggio è quello del “lasciar fare” al mercato. Ma il nostro è un mercato che compete sul costo del lavoro e meno sulla qualità. Con tutti i limiti presenti da anni, con i passati Governi qualche segnale stava arrivando: dall’assunzione degli ispettori al Durc di Congruità alla parità di trattamento tra lavoratori in appalto e sub appalto. Oggi buio totale.

Il 2024 dal punto di vista sindacale si è concluso con lo sciopero unitario del terziario. L’anno prossimo contate di recuperare la Cisl o la sua deriva governista è inarrestabile?
L’unità di azione con la Cisl rimane un obiettivo anche per il 2024, soprattutto alla luce di due fatti oggettivi: la presenza di piattaforme unitarie e la mancanza di interventi del Governo in direzione di quanto rivendicato insieme. Pensiamo alla mancata politica industriale o alle pensioni. Il 2024 sarà poi l’anno della riforma del fisco, con ancora più vantaggi per i redditi alti e per chi evade, insomma contro i lavoratori e pensionati. In un anno, per di più, dove tra Finanziaria fatta a debito e nuovo patto di stabilità o andremo a recuperare i 120 miliardi di evasione e ripristinare vera progressività sulle ricchezze o assisteremo a tagli impressionanti a sanità, scuola, trasporti, servizi sociali. Di fronte a questo non mobilitarsi tutti insieme sarebbe un errore strategico. Vale per la Cgil e la Uil che sono già in campo e devono dare continuità alla mobilitazione, ma vale anche per una grande organizzazione popolare come la Cisl.