Mounia Benyakhleh non si sbilancia, evita di dare informazioni. «Fai riferimento al nostro ufficio stampa» ci ha detto ieri la rappresentante a Gaza del World Central Kitchen (Wck). Ufficio che non risponde a mail e telefonate. Tuttavia, dove approderà a Gaza la nave di Open Arms – forse tra lunedì e martedì – pronta a salpare dal porto Larnaca con gli aiuti alimentari attesi dall’organizzazione benefica statunitense, è un mistero solo in parte. Un funzionario delle Nazioni unite ci diceva ieri che sulla strada costiera di Gaza, all’altezza di Deir al Balah, quindi dell’area centrale della Striscia, il personale della Wck è impegnato ad allestire un’area per lo sbarco. «Senza un porto funzionante e con acque poco profonde, la Open Arms non potrà attraccare quando sarà davanti a Gaza. Perciò, si fermerà ad ottocento metri dalla costa e il carico sarà portato a terra da una chiatta», ha spiegato il rappresentante dell’Onu. Arriveranno a Gaza 200 tonnellate di riso, grano e tonno in scatola ha rivelato Veronica Alfonsi, presidente di Open Arms Italia, intervistata da Al Jazeera. A consegnarli a varie associazioni, organizzazioni, istituti di carica, ospedali e scuole con gli sfollati sarà la World Central Kitchen che a Gaza, in particolare a Rafah e nel sud, dispone di 60 cucine in cui prepara migliaia di pasti al giorno. Una goccia nel mare del bisogno.

GLI AIUTI DI WCK SONO CARICATI SULLA OPEN ARMS

Il corridoio da Cipro, il paese dell’Ue più vicino a Gaza, è il percorso di 270 miglia marine scelto dai paesi europei e dagli Emirati (secondo la tv Kan, sarebbe coinvolto il reietto capo dell’intelligence palestinese Mohammed Dahlan, che vive a Dubai) per far arrivare gli aiuti ai palestinesi di Gaza, però sotto la piena supervisione di Israele. Ciò in attesa della realizzazione del «molo temporaneo» che metteranno insieme, come il Lego, un migliaio di soldati americani per ordine di Joe Biden. Le Nazioni unite sono deluse da queste «consegne marittime» che seguono il fallimento parziale dei lanci dal cielo: ieri sera ancora nessun paese aveva ammesso di aver sganciato venerdì pacchi di aiuti con paracadute difettosi che venerdì cadendo con violenza al suolo hanno ucciso cinque palestinesi. Dal Palazzo di vetro insistono per l’invio in condizioni di sicurezza e senza incontrare ostacoli e il fuoco dei militari israeliani, di camion a Gaza attraverso Israele ed Egitto. «È più facile, è più veloce, è più economico, soprattutto perché sappiamo di dover assicurare assistenza umanitaria agli abitanti di Gaza per un lungo periodo di tempo», ha spiegato in più occasioni la nuova coordinatrice degli aiuti dell’Onu, Sigrid Kaag. Ma Washington e Bruxelles, incapaci di imporre al premier israeliano Netanyahu l’apertura di un corridoio terrestre sicuro per la consegna degli aiuti umanitari in tutta Gaza, ripiegano su soluzioni più complicate, costose e dall’esito incerto.

Cipro, operazioni di carico sulla Open Arms diretta a Gaza. La foto è di Wck

I tempi di realizzazione del progetto di Biden si annunciano lunghi, almeno 60 giorni. Save the Children, quindi, lancia l’allarme: i bambini di Gaza «non possono aspettare» la costruzione del molo per mangiare. «Stanno già morendo di malnutrizione e salvare le loro vite è questione di ore o giorni, non settimane», afferma in un comunicato. Medici Senza Frontiere più esplicitamente descrive il piano Usa come una «evidente distrazione dal vero problema», ossia obbligare Israele a facilitare il flusso di rifornimenti. «Questo non è un problema logistico; è un problema politico», commenta Avril Benoit, direttore esecutivo di Msf negli Usa. «Piuttosto che rivolgersi all’esercito americano – afferma Benoit – Biden deve insistere sull’accesso umanitario immediato utilizzando le strade e i punti di ingresso che già esistono». Critiche al porto provvisorio sono giunte anche da importanti esponenti politici palestinesi, tra cui Mustafa Barghouti di Iniziativa Nazionale. Invece un portavoce di Hamas ha detto che il piano americano di costruire un porto al largo della costa di Gaza «è un passo nella giusta direzione». Una posizione sorprendente se si tiene conto che il progetto prevede l’impiego di soldati Usa che, contrariamente a quanto afferma Biden, con ogni probabilità dovranno operare anche sulla terraferma per completare il lavoro.

In ogni caso la pianificazione del porto, lo dice proprio il Pentagono, è ancora all’inizio. Si è appreso che il piano prevede la costruzione di una enorme chiatta galleggiante offshore dove saranno scaricati gli aiuti dalle navi. Poi le merci percorreranno su autocarri leggeri una strada galleggiante, lunga 550 metri e ancorata alla riva. Una volta operativo il molo tra due mesi dovrebbe garantire la consegna di circa due milioni di razioni alimentari giornaliere agli abitanti di Gaza.

Nel frattempo, la gente muore di fame – ieri altre due vittime, un neonato e una giovane donna, in totale sono 25 – oltre che per i bombardamenti e gli attacchi israeliani. Nel campo profughi di Nuseirat, almeno 13 palestinesi sono stati uccisi in una casa centrata da una bomba. Deir el-Balah è stata colpita dall’artiglieria israeliana, in particolare nella zona di Al Mashala. A Khan Younis due palestinesi sono stati uccisi nel quartiere Hamad circondato da forze corazzate. Tra venerdì e sabato sono state uccise 82 persone. Suscita clamore e sdegno il video diffuso da Al Jazeera, girato lo scorso 6 novembre con una bodycam, che mostra un militare israeliano che si vanta di aver sparato senza motivo a un anziano palestinese. Alla domanda dei commilitoni se l’uomo fosse armato, il soldato risponde: «Non lo so, si è nascosto sotto il letto». «E tu l’hai abbattuto, meraviglioso», commenta un altro soldato. «Quattro proiettili, fratelli. È stato fantastico», conclude il militare che ha sparato.