«L’omosessualità è contro la legge ed è una malattia mentale». Stavolta nessun pezzo grosso della Fifa, compreso il presidente Infantino che è ormai amico di casa degli sceicchi e che ci ha provato con i migranti morti sui cantieri, può metterci una toppa. La frase choc l’ha pronunciata ieri alla rete tedesca Zdf l’«ambasciatore dei Mondiali», Khalid Salman, che ha pure spiegato come a Qatar 2022 si seguono le leggi di casa, a cui devono adeguarsi i gay e la comunità lgbt.

È SOLO L’ULTIMA, TERRIBILE, puntata del percorso di avvicinamento alla Coppa del Mondo che parte tra meno di due settimane. L’indignazione non basta, né serve a indorare la pillola l’intervista rilasciata a un quotidiano svizzero dall’ex presidente della Fifa Joseph Blatter, secondo il quale è stato un errore assegnare i Mondiali al Qatar (cosa avvenuta quando era in carica, nel 2010), con gli Stati uniti invece indicati come meta ideale.

Il dado è tratto, il Comitato organizzatore del Qatar ha avuto carta bianca, la torta è assai grossa, già tre milioni di biglietti sono stati venduti per la competizione. E quindi c’è posto per la damnatio memoriae: esattamente un anno fa il responsabile dell’organizzazione dei Mondiali, Nasser Al Khater, ha addirittura negato l’esistenza di una legge contro gli omosessuali.

EPPURE UN MOTO DI RIVOLTA da qualche parte esiste. In Germania si sono attivate le tifoserie di Bayern Monaco, Borussia Dortmund, St.Pauli per invitare al boicottaggio dei Mondiali qatarioti in nome degli oltre 15 mila migranti – è il dato aggiornato – che sarebbero deceduti sui cantieri a temperature impossibili per la realizzazione di stadi, porti, ferrovie per accogliere i turisti e le delegazioni delle nazionali mondiali.
In Italia (la nazionale azzurra è assente in Qatar) c’è stato uno striscione esposto dalla tifoseria del Pisa, mentre lo scorso weekend le autorità hanno impedito ai tifosi del Brescia di mostrare un banner per il boicottaggio della competizione.

NEL DORATO MONDO del pallone, dove nessuna star sente il dovere di prestare la sua voce come grido contro il soffocamento delle libertà individuali nel paese arabo, l’unico a entrare in tackle è stato Jurgen Klopp, il tecnico tedesco del Liverpool, secondo cui della strage di migranti e della poca tutela della comunità lgbt in Qatar si sapeva da tempo, ma nessuno ha voluto disturbare il manovratore. Lo stesso concetto espresso dall’ex genio del Manchester United, Eric Cantona.

L’indignazione della tifoseria tedesca – e il lavoro del quotidiano britannico The Guardian, che con le sue inchieste ha svelato il dramma dei migranti sui cantieri -, non hanno mai distolto dal piede sull’acceleratore gli organizzatori della Coppa del Mondo. Che dal 2020, come hanno scritto New York Times e Times, hanno fatto campagna acquisti tra le tifoserie, portando masse di supporter in Qatar per assistere gratis alle partite, con soggiorni in hotel in omaggio e pure qualche dollaro per fare shopping.

IN CAMBIO, nessuna critica al governo qatariota, l’osservanza di un codice di comportamento sugli spalti secondo le indicazioni degli organizzatori e la segnalazione immediata di voci critiche che si levano dal web o dai social. La campagna di fan engagement ha prodotto risultati tra i tifosi tedeschi, inglesi, spagnoli, olandesi, francesi.

Insomma, in Qatar non si bada a spese per l’operazione di sport washing, ovvero la ripulita alla fedina penale sulla violazione dei diritti umani attraverso lo sport e i Mondiali di calcio. Purtroppo, è solo l’inizio. Presto vedremo di peggio.