“Quella dei ghetti è una situazione intollerabile, che va avanti da tanti, troppi anni. E i caporali ringraziano, perché le baraccopoli sono diventate anche luoghi dove reclutare braccianti che poi finiscono per essere pagati poco o nulla”. Il segretario generale della Flai Cgil pugliese, Antonio Gagliardi, con il sindacato di strada è in prima linea nel contrasto al capolarato, alla precarietà e al sotto salario di cui sono vittime i braccianti immigrati.

Gagliardi, il sesto Rapporto agromafie e caporalato ha registrato 230mila lavoratori irregolari in agricoltura, oltre il 34% degli occupati nel settore primario. In Puglia i tassi di irregolarità superano il 40%, ai danni soprattutto di ‘stranieri non residenti’.

“Secondo i nostri dati, ai circa 34 mila i lavoratori stranieri certificati negli elenchi dell’Inps nel 2021, vanno aggiunti oltre 15 mila ‘invisibili’, quelli che popolano i ghetti. Non soltanto i più grandi di Borgo Mezzanone e il ‘gran ghetto’ di San Severo, ce ne sono circa 40, diffusi su tutto il territorio. Qui si trovano le forme di sfruttamento più vergognose, ai danni non soltanto dei migranti stranieri ma anche fra gli stagionali italiani”.

Eppure, a partire dalla legge 199 del 2016 contro il caporalato, per finire con i fondi del Pnrr destinati al ‘superamento’ dei ghetti, alcuni strumenti ora possono essere utilizzati. Cosa manca per cancellare queste autentiche vergogne?

“I ghetti devono sparire ma deve essere individuata una alternativa valida. Va fatta un’azione a 360 gradi, in cui tutti gli attori istituzionali, politici e sociali, compreso il sindacato, possano discutere le strategie d’azione da seguire. Dopo che la Regione Puglia ha annunciato circa 114 milioni destinati ai comuni per smantellare le baraccopoli, contrastare il caporalato e lo sfruttamento dei lavorati, noi abbiamo chiesto l’attivazione di un tavolo, di un osservatorio privilegiato in Regione insieme ai sindaci interessati, che a quanto ci risulta hanno delle difficoltà ad utilizzare questi fondi. Addirittura alcuni hanno deciso di rinunciare ad usarli, mentre altri pensano a fare solo un ‘maquillage’ dei ghetti. Invece sono necessari progetti accurati, inclusivi, che portino a un superamento definitivo di questi luoghi vergognosi. Purtroppo i ghetti vengono ‘ingentiliti’ anche da tante istituzioni, che li chiamano insediamenti informali. Invece vanno raccontati per quello che sono: un inferno”.

Cosa servirebbe ancora?

“La volontà politica di utilizzare i fondi per cancellare definitivamente le baraccopoli, e al tempo stesso una presa di coscienza della dannosità di certe leggi. Penso in primis alla Bossi-Fini, perché mi viene in mente Yusupha, un giovane morto bruciato lo scorsa estate in una baracca. Lui aveva perso il lavoro ed era stato costretto a rifugiarsi in un ghetto, ma non avendo il lavoro non poteva avere un regolare rinnovo del permesso di soggiorno, e senza permesso non riusciva a trovare un lavoro regolare. Una situazione insopportabile, insostenibile”