Fuoco sul Carso ma fuoco anche in Friuli, in Val Resia e intorno a Cividale, con centinaia di persone fatte allontanare dalle loro abitazioni. E la tragedia di ieri pomeriggio a Prepotto: una volontaria, responsabile di zona della protezione civile, è morta schiacciata da un albero mentre tentava di spegnere le fiamme. Il fuoco in Versilia che non si ferma e si affaccia minaccioso davanti alle case dalle quali sono ormai mille le persone evacuate. Il bollettino quotidiano sugli incendi che attraversano la penisola è ancora denso di notizie. L’incuria verso la natura, la manutenzione dappertutto carente, iniziative dolose di sicuro, tutto a formare un quadro fosco e preoccupante.

Il fuoco sul Carso non è spento anche se compare un cauto ottimismo e l’autostrada da Monfalcone a Trieste è stata riaperta se pur con mille precauzioni. Il fumo e l’odore acre degli incendi si sente in tutta la Venezia Giulia e resta l’opportunità di restare al chiuso perché, soprattutto di notte con la pressione che si abbassa, i valori delle polveri sottili schizzano in alto.

Il Carso è territorio difficile, altopiano pieno di saliscendi e doline che rendono molte zone inaccessibili; un compito durissimo per chi deve raggiungere i focolai o arginare le fiamme. Il fuoco si nasconde, filtra in questo gruviera roccioso, scompare e poi riappare, improvviso. Arriva alle radici degli alberi, sparisce nel terreno, sembra spento e invece le braci ardenti si sono diffuse sottoterra ed ecco una nuova fiammata che riappare da un’altra parte.

Giorni durissimi per i vigili del fuoco e i volontari che non fanno a tempo a gioire per un focolaio spento che già ne scorgono un altro poco lontano. Solidarietà ce n’è e si vede dalle provviste accumulate nei centri di raccolta organizzati dai piccoli comuni del Carso per portare a quegli uomini cibo e bevande ma quel che si vede in questi giorni, va detto, è l’aiuto concreto che arriva dalla Slovenia. Quando domenica scorsa dalla parte slovena del confine si combatteva contro un fronte di fuoco di centinaia di ettari, dalla parte italiana si era fermi, si monitorava, nella speranza che le fiamme non passassero il confine.

Poi le fiamme sono divampate dalla parte italiana, in un punto delicatissimo, a cavallo tra l’autostrada e la ferrovia. Estesissime, hanno attanagliato piccoli borghi e paesi sparsi. Forse non si è capito subito che poteva diventare un dramma, e le parole rassicuranti dei vertici regionali starebbero a confermarlo, forse si è pensato che i vigili e la protezione civile di Trieste Monfalcone e Gorizia bastassero con qualche autobotte per mettere fine a “un incendio boschivo”. Non si è calcolato che il corpo dei vigili del fuoco manca di un buon 25% dell’organico, che i boschi sono inariditi dalla siccità, che nei fiumi non c’è acqua. Un diverso approccio, un maggiore coordinamento e la condivisione con tutte le forze possibili forse avrebbero potuto evitare i maggiori danni comunque subiti dalla popolazione che ha visto bruciare i campi, le vigne, gli uliveti e ha aspettato con il cuore in gola che qualcuno trovasse il modo di portare lontano anche i cavalli, gli asini, le mucche.

L’Italia ha messo in campo, davanti a un martedì da tregenda, alcuni elicotteri e due canadair. Gli elicotteri fanno fatica a rifornirsi perché a Ronchi c’è poca visibilità per il troppo fumo, uno dei canadair è tornato indietro subito per un guasto. La Slovenia ha mobilitato anche la propria Polizia che ha affiancato i vigili del fuoco con enormi cannoni ad acqua – le autobotti munite di idranti – gli elicotteri si riforniscono in grandi vasche riempite d’acqua, i canadair sono cinque, due sloveni e tre chiesti e ottenuti da Austria Slovacchia e Croazia. La turnazione delle squadre è definita e regolare e coinvolge ogni regione della piccola repubblica. Quaranta autobotti sono entrate in Italia mercoledì per dare una mano ai nostri. Non badano al confine: dove possono intervengono, sia Italia o Slovenia. Ma anche in Slovenia la fine del tunnel non si vede ancora. I fronti più estesi sono stati domati ma continuano ad accendersi nuovi focolai un po’ dovunque che si lasciano dietro solo tronchi anneriti e cenere, tanta cenere che arriva sui davanzali e sulle strade fino a Gorizia.