Nicola Fratoianni, segretario di Sinistra italiana. Siamo davanti a una escalation pericolosa, a minacce nucleari.

Per noi è un rischio chiaro fin dall’inizio della guerra. E ora la situazione è sempre più inquietante e pericolosa, con Putin che indice referendum palesemente illegali e nomina esplicitamente l’arma nucleare. L’Europa di fronte a questo sembra attonita, come se il baratro fosse inevitabile. Il nostro no all’invio di armi italiane non è stato solo figlio di un pacifismo etico, ma dell’idea politica che questa guerra non si può risolvere con una vittoria militare di una parte, ma solo con una iniziativa diplomatica.

Finora la diplomazia non ha funzionato.

Cosa deve accadere ancora perché l’Europa lanci una forte iniziativa diplomatica rivolta alle grandi potenze, dagli Usa alla Cina? Si riparta dagli accordi di Minsk, si fermi subito l’escalation.

Evidentemente in Occidente si reputa che quello di Putin sia il bluff di un disperato.

Sarebbe un altro gigantesco errore. Se un leader è disperato e ha in mano l’arma atomica è ancora più pericoloso.

Il Pd continua in una linea totalmente atlantista. È difficile convivere nella stessa coalizione? Il suo voto contro l’allargamento della Nato a Svezia e Finlandia viene spesso usato dalle destre contro Letta.

Capisco le preoccupazioni di quei paesi, spaventati dal nazionalismo russo. Ma è indecente che nessuno ricordi che, per avere l’ok di Erdogan all’allargamento Nato, si è passati un’altra volta sui diritti del popolo curdo che ha combattuto l’Isis. Io rivendico tutte queste scelte. La coalizione col Pd si basa su punti precisi, come il no al presidenzialismo e all’autonomia differenziata, la lotta alla precarietà sul modello spagnolo, la conversione ecologica. E anche sulla possibilità di combattere insieme una pessima destra nei collegi uninominali. In questo caso anche essere contro è un obiettivo politico degnissimo.

Una coalizione che però è numericamente poco competitiva.

Ho lavorato, come è noto, per una coalizione più larga con dentro anche il M5S. E sono convinto che dopo il voto quella discussione debba ripartire.

Letta ripete sempre che non poteva allearsi con chi ha fatto cadere Draghi. Secondo lei era davvero così grave?

La caduta del governo in quel momento poteva essere evitate. C’è stata una certa dose di imperizia del M5S che ha spalancato la strada alle destre che hanno colto l’occasione al volo per correre alle urne. Io ritengo che una coalizione allargata al M5S fosse comunque percorribile. Non è andata così.

A inizio agosto ha rischiato di trovarsi come alleato anche Calenda. Alla luce della campagna di Azione, dal no al reddito di cittadinanza al nucleare, per voi sarebbe stato un calvario.

Ma non è andata così, anche grazie alla nostra iniziativa. E Calenda ha perso prima l’agenda, poi il candidato premier, e alla fine anche la bussola. La sua campagna è scivolata sempre più a destra, su molti temi. Ora puntiamo a superarlo nelle urne.

Il M5S starebbe rubando voti di sinistra al Pd. In questa competizione perché un elettore incerto dovrebbe scegliere voi?

Noi abbiamo un’agenda sociale, pacifista e ambientalista da tempi non sospetti. E l’abbiamo anche praticata nei fatti. Siamo stati davanti a ogni fabbrica in crisi, abbiamo difeso gli spazi di conflitto dei movimenti, da quelli degli studenti a quelli per la casa. Quando durante il Conte 1 si volevano chiudere i porti siamo andati fisicamente in mezzo al mare con la nave Mediterranea per salvare vite. Gli scienziati del clima, il forum sulle diseguaglianze e le associazioni lgbtqi+ hanno detto che, su ognuno di questi temi, il nostro è il programma più avanzato. Sulla nostra proposta di abolire i jet privati siamo stati irrisi, ma l’idea è chiara: di fronte alla crisi occorre ripartire da giustizia ed equità.

Cosa proponete contro il caro bollette?

Questa mattina siamo stati davanti alla sede dell’Eni per chiedere che i 50 miliardi di extraprofitti dei colossi energetici siano interamente restituiti ai cittadini, perché l’Italia rischia di schiantarsi, le imprese di chiudere, le famiglie di non riuscire a pagare. Proponiamo anche che gli stipendi siano adeguati all’inflazione, con la reintroduzione di un meccanismo simile alla scala mobile. Abbiamo proposto una legge sul clima che vincoli ogni decisione pubblica all’obiettivo prioritario di fermare il cambiamento. A cominciare dall’investimento sulle rinnovabili e dallo stop al consumo di suolo.

Il M5S è una forza progressista o cangiante a seconda delle stagioni?

Hanno vissuto tante stagioni diverse. Noi abbiamo condiviso solo quella del Conte 2 e lo rifaremmo. Non sono preoccupato se Conte fa proposte di sinistra come la riduzione dell’orario di lavoro a parità di salario. Anzi, sono contento. Se c’è affollamento a sinistra va benissimo, non mi interessa una gara a chi è arrivato prima. Fare politica vuol dire allargare il consenso sulle battaglie in cui credi. M5S ha votato a favore dell’aumento delle spese militari, ora hanno cambiato idea, ma per questo non li giudico abusivi. Mai più nemici a sinistra. Il voto a noi è anche una indicazione per costruire dopo il voto un campo alternativo alle destre. E uno spazio politico che possa essere un punto di riferimento per tante energie diffuse della sinistra e dell’ecologismo.

Se la destra non avesse una maggioranza, cosa dovrebbe fare il centrosinistra?

Se ci fossero le condizioni per una maggioranza alternativa Salvini e Meloni bisognerebbe aprire una discussione molto seria con tutte le forze disponibili. Del resto anche la composizione del Conte 2 era molto variegata.

E se nascesse un nuovo governo simil-Draghi?

Noi resteremmo fuori.

Anche di fronte a una emergenza economica?

Nessuno vuole sottrarsi alle responsabilità. Ma si può fare dal Parlamento, che deve ritrovare centralità, senza sedersi in un governo accanto a Salvini.

Vede un rischio autoritario?

La democrazia è un oggetto delicato, non è mai conquistata fino in fondo. E se le diseguaglianze diventano troppo profonde il rischio autoritario è dietro l’angolo. Noi siamo un voto utile perché vogliamo combattere le ingiustizie sociali, ma anche perché difenderemo in ogni modo i diritti fondamentali: dalla Costituzione alla legge 194 che Meloni vuole smantellare.

Lei non usa spesso il tema delle radici neofasciste di Fdi.

È molto semplice: se ti candidi a governare una repubblica nata dalla Resistenza devi definirti antifascista. Non puoi cavartela semplicemente dicendo di non essere fascista.