L’estrema destra è alle porte del potere in Francia. Bisogna aspettare domani alle 18, per vederci più chiaro sugli schieramenti per il secondo turno di domenica 7 luglio, dopo la conferma del terremoto politico che sta scuotendo la Francia con i risultati del primo turno di ieri e per poter dare una prima risposta alla domanda che angoscia: il Rassemblement national avrà la maggioranza assoluta? Sulla carta non dovrebbe.

L’alta affluenza alle urne ha permesso molte “triangolari”, cioè oltre ai primi due candidati arrivati in testa un terzo ha la possibilità di presentarsi in più di 300 circoscrizioni (ci sono persino 5 quadrangolari). L’estrema destra – RN più il drappello portato dall’ex Lr, Eric Ciotti (Reconquête è quasi sparita) – ha ottenuto 10,6 milioni di voti (nel 2017 ne aveva 3 milioni, cioè ha moltiplicato per quattro i consensi). Ha eletto 39 deputati al primo turno (Marine Le Pen ha preso il 58% nel Nord). Il RN è primo in 222 circoscrizioni, a cui si aggiungono altre 60 con l’ala Ciotti.

Al secondo turno il RN ha qualificato 383 candidati. Il Nuovo Fronte Popolare, con il 28% dei voti e che ha avuto 31 eletti al primo colpo, è arrivato in testa in 128 circoscrizioni (ci sono state anche grosse batoste, come l’eliminazione subito del segretario del Pcf, Fabien Roussel, sconfitto da un RN nella zona ex mineraria del Nord). Ensemble, la coalizione che sostiene Macron, ha avuto 2 eletti al primo turno ed è arrivato in testa solo in 68 circoscrizioni.

Cosa faranno NFP e Ensemble al secondo turno, nel caso di triangolari? La sinistra è chiara: ritiro della candidatura nel caso in cui l’esponente del NFP sia in terza posizione e invito ai propri elettori a votare contro l’estrema destra, per il candidato in migliore posizione (che puo’ essere di Ensemble o Lr). Jean-Luc Mélenchon già domenica sera ha affermato in place de la République: “Nessun voto al Rassemblement National” e ha precisato “in caso di terzo posto, ritiro”. Più confusa la posizione dell’area Macron, dove sono compresenti tutte le sfumature.

Macron, domenica sera, ha affermato: “Di fronte al RN il momento è a un’ampia unione chiaramente democratica e repubblicana al secondo turno”. A mezzogiorno, il presidente ha riunito i suoi all’Eliseo, per mettere a punto una strategia, che si spera più chiara. Il primo ministro, Gabriel Attal, e alcuni ministri, come Laurent Lescure, hanno detto chiaramente: “desistenza” in ogni caso per favorire il candidato meglio piazzato del NFP. Ma nell’area, ci sono molti dubbi.

Per il ministro delle Finanze, Bruno Le Maire, la desistenza è valida se c’è un “socialdemocratico”, quindi non un esponente della France Insoumise. L’ormai ex presidente dell’Assemblée Nationale, Yaël Braun-Pivet, che era stata presa di mira da Mélenchon, dice: “Nessun voto al RN” ma “in LFI faccio dei distinguo” e propone il “caso per caso”. Però di fronte a François Ruffin, di LFI ma dissidente rispetto a Mélenchon, arrivato dietro il RN, la candidata Ensemble, che poteva presentarsi, si è ritirata. Invece, l’ex primo ministro, Edouard Philippe, con il suo gruppo Horizon è per il “ni ni”, né voto per RN né per LFI.

Ma gli elettori dei due campi seguiranno le indicazioni dei partiti? Non è sicuro, perché ormai il “cordone sanitario”, con la costituzione di un “fronte repubblicano” è saltato, non funziona più. Questa svolta è avvenuta parallelamente a un cambiamento nell’elettorato dell’estrema destra: non si tratta più di un voto solo di protesta, di espressione di rabbia, ma ormai è di adesione alle posizioni del Rassemblement National, cioè sulla “preferenza nazionale” e il rigetto degli immigrati.

Ormai la macchia bruna si è diffusa in tutta la Francia, solo le grandi città sono escluse, Parigi in testa, ma il voto per il RN riguarda tutte le età, tutte le categorie (esclusi i più diplomati e i più ricchi, cioè i cittadini che sono a loro agio con la mondializzazione), anche le donne sono imbarcate. I Républicains, che sono in netto declino, non hanno invece dato nessuna indicazione di voto: già una parte (con Ciotti) si è fusa nell’estrema destra, e l’altra mostra già le prime crepe (pensa a una coalizione all’italiana?). Attal, che stasera sarà alle 20 su TF1, per tendere la mano alla sinistra ha “sospeso” nella notte l’applicazione del decreto di riduzione dei diritti dei disoccupati, che doveva entrare in vigore oggi.

La Francia conferma la divisione in tre blocchi, con quello centrale in perdita di importanza. Ma il candidato a primo ministro di RN, Jordan Bardella, vuole lo scontro diretto con la sinistra, che identifica con LFI: ieri a proposto un dibattito tv a Jean-Luc Mélenchon. Ma Mélenchon non è il candidato della sinistra a primo ministro. Il NFP non ha scelto una personalità, per il momento e tra le forze che lo compongono c’è molta insofferenza su questa questione.

Stamattina, la deader dei Verdi, Marine Tondellier, è esplosa: “Me ne frego di Mélenchon”, l’importante è battere l’estrema destra in questo momento. Per il segretario del Ps, Olivier Faure (eletto al primo turno), “l’ondata non è inevitabile”, c’è ancora la possibilità di sconfiggere il RN.