Come tante catene dell’abbigliamento, ormai anche McDonald’s è più marchio che vera multinazionale. Dei 560 ristoranti italiani quasi l’80 per cento è in franchising. La crisi ha colpito duro e a rimetterci sono – come al solito – i quasi 20mila dipendenti che McDonald’s Italia sostiene di avere. In realtà anche qui l’80 per cento è dipendente di piccole imprese, molte di queste Srl individuali.
A Roma da quasi un mese ha chiuso per fallimento uno dei McDonald’s aperti da più tempo, quello in piazza Pio XI vicino al Vaticano in una delle zone più trafficate (e dunque remunerative per un fast food) della capitale.
«Senza alcun preavviso il 17 aprile abbiamo scoperto che chiudevamo», racconta Giuseppe, store manager che a Pio XI lavora dal 2002. La Dave Srl ha dichiarato fallimento l’11 aprile «ma il titolare, Vito Signorile, ci ha fatto lavorare altri sei giorni intascandosi gli incassi». Come lui «per strada dalla sera alla mattina» ci sono altri 27 dipendenti fra cui sua moglie: «Fra ferie e Tfr abbiamo 40mila euro di crediti che rischiamo di non vedere mai più».
Da un mese lottano tutti assieme grazie all’impegno delle Clap – Camere del lavora autonomo e precario – che ieri mattina hanno organizzato un presidio davanti al ristorante chiuso. «Un fallimento fast, che ci lascia senza food», è la mirabile sintesi di una situazione che ha fin troppi esempi in giro per la penisola. «Il curatore fallimentare ci ha avvertito che sia McDonald’s stessa, proprietaria del ristorante, che altri in franchising sarebbero interessati a riaprire – spiega Francesco Raparelli di Clap Roma -. Il franchising in realtà non è che un appalto e allora noi chiediamo che McDonald’s si faccia carico dei lavoratori riassumendoli tutti con anzianità e qualifiche attuali. Coi nostri avvocati andremo avanti a tutelare i lavoratori buttati in mezzo ad una strada dopo 20 anni di servizio con famiglie e figli da mantenere», chiude Raparelli.
Sul punto viene in aiuto anche l’ultimo contratto nazionale dei pubblici esercizi. «A tutela dei lavoratori, se non c’è una cessione di ramo d’azienda, subentrano le norme che governano i cambi gestione previste dalla contrattazione collettiva e dunque le clausole sociali con la presa in carico dei dipendenti», spiega Cristian Sesena della Filcams Cgil.
Il ruolo di McDonald’s è fuori discussione: «Il fallimento della Dave Srl è dovuto proprio alle ingiunzioni di McDonald’s Italia per il mancato pagamento delle royalty e degli affitti – spiega un altro lavoratore – . Nel frattempo gira voce che Signorile, dopo averci ridotto così, sta per aprire un altro ristorante a Tor de’ Schiavi intestandolo alla moglie». Il livello di mancato rispetto dei diritti dei lavoratori nel franchising McDonald’s è confermato dai racconti al presidio. «Il titolare di un McDonald’s appena aperto in un centro commerciale qui vicino, venuto a sapere che chiudevamo ha offerto di assumermi, ma mi ha chiesto di dimettermi, così perdevo la Naspi, e mi offriva un contratto di soli 6 mesi senza qualifica e anzianità», spiega Giuseppe. «Il titolare negli ultimi mesi si vedeva solo per prendere l’incasso lasciando noi a 1.300 euro al mese a gestire il ristorante con personale all’osso mentre i figli risultavano dipendenti ma non si facevano mai vedere», racconta Angelica, migrante – come molti altri dipendenti – dal Perù, a Pio XI dal 2002. Tanti i part time a 24 ore che non arrivano a 700 euro al mese: «Lavoravamo in cucina con 40 gradi o eravamo da soli in apertura», racconta Laura.