Quest’anno, per la prima volta, il rapporto di un Relatore speciale delle Nazioni Unite per la situazione dei diritti umani nei Territori occupati da Israele nel 1967, non è soltanto un elenco lungo e dettagliato delle violazioni nel territorio in questione. Il documento privilegia infatti l’analisi giuridica e si concentra sul diritto alla piena autodeterminazione del popolo palestinese e sulla sua realizzazione, cercando di chiarire i principi legali, il significato e le implicazioni di questo diritto.

Oltre a ciò, l’italiana Francesca Albanese, che da maggio è Relatrice speciale al Consiglio dell’Onu per i Diritti Umani, nel suo primo rapporto esamina in profondità anche il sistema di Apartheid che, denunciano autorevoli centri per i diritti umani come Amnesty e Human Rights Watch, Israele ha creato nei Territori occupati, a partire, solo per fare un esempio, dalla applicazione in una stessa area territoriale di una legge, civile, per i coloni israeliani e di una legge, militare, sotto la quale da 55 anni ricadono milioni di palestinesi.

«Un punto centrale – ci dice Albanese – è che l’occupazione israeliana non è solo illegale per le sue violazioni dei diritti umani e perché si è tradotta in una annessione del territorio palestinese proibita dal diritto internazionale. Il fine (dell’occupazione) è quello di colonizzare e sottomettere la popolazione palestinese a un regime di dominio, oltre a voler acquisire quanto più territorio senza i suoi residenti palestinesi».

La parola «colonizzazione», aggiunge la Relatrice «non è affatto anacronistica in Palestina, è la realtà». Pertanto «tutto questo si caratterizza come una violazione del diritto dei palestinesi all’autodeterminazione e ad esistere come popolo politicamente, economicamente, demograficamente in un territorio. Porterò questa visione agli esperti legali affinché prendano in esame la condizione dei palestinesi sotto occupazione oltre il paradigma tradizionale».

Secondo la Relatrice occorre affrontare subito la questione dell’autodeterminazione palestinese, troppo limitata alla ripetizione rituale del sostegno di parti internazionali (neanche tutte) alla soluzione a Due Stati senza prospettive di realizzazione: «Il diritto all’autodeterminazione – sostiene – è diventato più uno slogan ideologico o un grido di battaglia piuttosto che un vero e proprio principio legale, a cui non è consentita alcuna deroga…invece costituisce il diritto collettivo per eccellenza e il ‘diritto piattaforma’ per la realizzazione di molti altri diritti».

La negazione israeliana alla piena autodeterminazione palestinese, scrive Albanese nel rapporto, si allinea con «le pratiche coloniali del passato… Ciò richiede che gli Stati terzi non riconoscano come lecita, né aiutino o favoriscano la situazione illegale creata dalle politiche coloniali israeliane». La comunità internazionale, esorta, deve abbracciare una diagnosi più accurata del regime coloniale di Israele nel territorio palestinese occupato.

Nelle parole della Relatrice «Nessuna soluzione può essere giusta ed equa, né efficace, a meno che non sia incentrata sulla decolonizzazione in modo da permettere al popolo palestinese di determinare la propria volontà politica e perseguire il proprio sviluppo». Nelle raccomandazioni finali il rapporto di Francesca Albanese chiede che le responsabilità per la situazione nei Territori siano determinate attraverso l’azione della Corte penale internazionale e i meccanismi di giurisdizione universali.

Il rapporto della Relatrice per i diritti umani giunge nei Territori occupati in un momento di forte tensione e scontro, molto spesso armato, tra organizzazioni palestinesi militanti vecchie e nuove e l’esercito israeliano che continua i suoi raid nelle città cisgiordane. In particolare a Nablus (200mila abitanti), da una decina di giorni circondata da ingenti forze militari. Il ministro della difesa israeliano Gantz avverte che Israele è pronto ad impiegare migliaia di soldati per riprendere il pieno controllo della Cisgiordania. È intanto nato un nuovo gruppo armato palestinese indipendente. Dopo la Fossa dei Leoni a Nablus e i Leoni della Verità a Hebron, a Tulkarem ha visto la luce Il nido dei Falchi.