Il premier Draghi ieri è arrivato al Maschio Angioino per siglare il Patto per Napoli. Dei 2 miliardi e 670 milioni previsti nella legge di Bilancio per 4 aree metropolitane in difficoltà, a Napoli andranno 1 miliardo e 231 milioni a fondo perduto spalmati in 21 anni, 54 milioni nel 2022. Il comune (che ha un disavanzo di 2.174.757.130 euro e un debito finanziario di 1.752.391.976 euro) si impegna a recuperare risorse proprie pari a quarto del contributo annuo (307.887.400,19 milioni in tutto) attraverso tasse, patrimonio e ottimizzazione delle partecipate, ma l’amministrazione conta di arrivare a 800 milioni. «La città torna al centro della politica nazionale» ha commentato il sindaco Manfredi ma Dema (il movimento dell’ex sindaco de Magistris) attacca: «Ci restituiscono in 21 anni una parte di quello che ci hanno tolto». L’amministrazione precedente ha calcolato in 1,5 miliardi i tagli dello Stato al comune a cui si sono aggiunti gli interessi pagati sui fondi del predissesto.

Niente domande (i giornalisti sono chiusi in una stanzetta a guardare dal monitor) e neppure contestazioni da inquadrare. Disoccupati e movimenti sono stati allontanati dalle forze dell’ordine. Come usava fare Renzi in versione premier, come Salvini in versione ministro. Dal pulpito della Sala dei Baroni Draghi ha spiegato: «Il Pnrr destina almeno 40% di risorse al Sud, l’obiettivo è colmare i divari territoriali, ormai insopportabili, ma evitando sterili rivendicazioni. Il reddito pro capite del Mezzogiorno è poco più della metà di quello del Centro Nord e il tasso di disoccupazione è più del doppio. Dobbiamo superare quegli ostacoli, finanziari, istituzionali, culturali, che hanno frenato Napoli e il Sud». Quali siano gli ostacoli però non lo dice, è già ora di spostarsi al Rione Sanità per incontrare i profughi ucraini quindi le catacombe di San Gaudioso con l’orchestra giovanile Sanitansamble e pizza finale. Nel rione il premier ha trovato due striscioni:

«No armi. Sì lavoro» e «Zero soldi agli arsenali più risorse agli ospedali, Draghi vattene». Perché non è piaciuta la visita? «Il patrimonio storico è bellissimo – spiega padre Alex Zanotelli -, sono aumentati i turisti ma restano povertà educativa, mancanza di lavoro e niente servizi. L’ospedale San Gennaro chiuso e mai riaperto, forse adesso sarà trasformato in Ospedale di comunità. Un solo asilo nido comunale, un solo istituto superiore e c’è chi pensa di chiuderlo per metterci la formazione privata. I ragazzi restano in balia della strada».

Il Patto per Napoli a partire dal 2023 sarà sottoposto a vigilanza semestrale. L’addizionale Irpef dal 2023 sale dello 0,1% e un ulteriore 0,1% dal 2024 (con l’esenzione fino a 12 mila euro) più la tassa di imbarco. La riscossione andrà a un privato tramite bando. La valorizzazione del patrimonio a Invimit, spa del Mef. Partecipate: entro settembre sarà presentato un piano. Alberto Lucarelli, ordinario di Diritto costituzionale all’Università Federico II: «Il Patto impone misure di privatizzazioni del patrimonio e di inasprimento della riscossione. Misure che caratterizzano una condizione di dissesto, di fatto anche se non di diritto, ponendo l’amministrazione sotto il controllo diretto del governo. Manca ancora una visione sul futuro. Gli interventi a mo’ di rattoppo lasceranno intatti i problemi strutturali della città».