Dalla Civiltà Cattolica arriva un’inattesa apertura alla proposta di legge sul suicidio assistito e un invito ai parlamentari a «non affossare» la legge, anche per evitare il peggio, che sarebbe rappresentato dal referendum pro eutanasia, promosso dall’associazione Luca Coscioni. Un via libera che, benché condizionato, fa infuriare i settori conservatori del mondo cattolico, sia parlamentari che extraparlamentari, e insospettire i sostenitori del referendum («sono partite le grandi manovre antireferendarie», commenta Riccardo Magi, radicale di +Europa). E un parere pesante, di cui molti deputati cattolici terranno conto, che potrebbe condizionare il voto di febbraio, quando la Camera sarà chiamata a pronunciarsi sulla legge: La Civiltà Cattolica infatti non è solo l’autorevole rivista dei gesuiti diretta da padre Spadaro, vicinissimo a papa Francesco, ma una sorta di organo ufficioso della Santa sede – le bozze vengono lette e corrette in Segreteria di Stato prima della pubblicazione –, che quindi ha autorizzato l’articolo.

SIA CHIARO: la dottrina della Chiesa cattolica sul fine-vita non è cambiata, come del resto ha confermato a settembre 2020 la lettera Samaritanus bonus, firmata dalla Congregazione per la dottrina delle fede e approvata da papa Francesco (eutanasia e suicidio assistito sono «crimini contro la vita umana»). La legge in discussione «diverge dalle posizioni sulla illiceità dell’assistenza al suicidio» definite dal magistero, chiarisce Carlo Casalone, gesuita e medico, autore dell’articolo pubblicato sul fascicolo della Civiltà Cattolica uscito ieri. Tuttavia essa costituisce la mediazione di una «legge imperfetta», rispetto all’eventualità di liberalizzare l’eutanasia tramite il referendum, che invece provocherebbe un «danno più grave», un vero e proprio «vulnus nell’ordinamento giuridico riguardo a un bene fondamentale, qual è la vita». Dopo la sentenza della Corte costituzionale che ha assolto Marco Cappato dalle accuse di aver aiutato Fabiano Antoniani (dj Fabo) a suicidarsi, una normativa complessiva sul fine-vita si è resa necessaria. Tanto più che la stessa Corte ha espressamente sollecitato il Parlamento a colmare il vuoto legislativo.

Nasce da qui la proposta di legge sulla «morte volontaria medicalmente assistita», che Casalone giudica sostanzialmente in linea con le indicazioni della Consulta.

«IL TESTO – SCRIVE IL GESUITA – riconosce non un diritto al suicidio, ma la facoltà di chiedere aiuto per compierlo a certe condizioni»: ovvero che vi sia una «condizione clinica irreversibile», associata «al dolore e alla sofferenza intollerabile» e unita alla pratica di «trattamenti sanitari di sostegno vitale, da cui il malato dipende».

TUTTAVIA, SECONDO La Cività Cattolica, alcune parti della proposta di legge andrebbero emendate, per non assecondare quel «pendio scivoloso» che tende ad allargare le maglie della norma. Ad esempio, per quanto riguarda l’interruzione dei trattamenti vitali, Casalone suggerisce di aggiungere «che la loro sospensione condurrebbe al decesso in modo diretto e in tempi brevi». E di introdurre l’opzione «dell’obiezione di coscienza» per il personale sanitario coinvolto nelle «procedure e nelle attività specificamente dirette al suicidio», dal momento che la stessa proposta di legge prevede che la morte non sia «privatizzata» ma possa avvenire anche in una struttura ospedaliera pubblica.

ALLORA PIUTTOSTO CHE «affossare» la legge, «con il rischio di favorire la liberalizzazione referendaria dell’omicidio del consenziente», meglio «renderla meno problematica modificandone i termini più dannosi» e poi approvarla (anche se, Casalone ne è cosciente, tecnicamente non impedirebbe il referendum, che interviene sulla modifica di un altro articolo del Codice penale). Per i parlamentari cattolici che votassero sì, è già pronta l’assoluzione: «sostenere questa legge – sostiene il gesuita – corrisponde non a operare il male regolamentato dalla norma giuridica, ma purtroppo a lasciare ai cittadini la possibilità di compierlo».

QUELLA DELLA CIVITÀ Cattolica è una «provocazione», tuona Paola Binetti, senatrice dell’Udc e numeraria dell’Opus Dei: l’articolo ritiene la legge in discussione alla Camera «un male minore rispetto all’ipotesi referendaria», ma «il magistero della Chiesa e papa Francesco più volte in questi ultimi tempi hanno ribadito un no inequivocabile davanti alla morte anticipata per intervento diretto di qualcuno». Sulla stessa linea si attesta Massimo Gandolfini, presidente del Family day: si tratta di un «cedimento inaccettabile» su un tema «non negoziabile come quello della vita», «non mi è chiaro perché per fermare un male ne facciamo un altro. Io non accetto questa idea».