Fra i tanti aspetti dell’agire politico di Fidel Castro, impossibile non ricordare in questo momento il suo ruolo di protagonista internazionale contro le guerre infinite dell’Impero.

Non c’è dubbio che Fidel abbia sempre ispirato il fermo impegno di Cuba in tutte le sedi (a cominciare dall’Onu, ma anche sul campo) contro l’incubo della guerra nucleare. ma anche direttamente contro le guerre imperialiste che ci hanno fatto ingollare con la «dittatura mediatica», per citare una sua espressione.

NOVEMBRE 1990, IRAQ. Il Consiglio di sicurezza dell’Onu approva una risoluzione che autorizza il ricorso alla forza contro l’Iraq e un ultimatum per il 15 gennaio. E’ in pratica l’avallo alla terribile guerra che seguirà. Cuba, membro non permanente del Consiglio quell’anno, è l’unica a votare risolutamente contro – insieme allo Yemen (la Cina si astiene). Una posizione che manterrà negli anni di embargo all’Iraq, quando manderà medici malgrado le ristrettezze del periodo especial.

L’EX JUGOSLAVIA 1999. Sul quotidiano Granma il 25 marzo Cuba immediatamente esprime la propria posizione contro la «ingiustificata aggressione Nato contro la Jugoslavia, capeggiata dagli Stati uniti», senza autorizzazione delle Nazioni unite. Pochi giorni dopo Fidel invita gli jugoslavi a «resistere, resistere e resistere»: lo ricorda anni dopo nel suo articolo «Le guerre illegali dell’impero» parlando di un «unipolarismo oltraggioso, sostenuto da un impero guerrafondaio, che si erge a polizia mondiale».

2001, AFGHANISTAN. Il 23 settembre Fidel Castro avverte che attacchi militari Usa sull’Afghanistan potrebbero avere conseguenze catastrofiche e dichiara l’opposizione di Cuba sia alla guerra che al terrorismo. Anni dopo, nel 2009, Fidel spiega che il ritiro del Nobel per la pace da parte di Barack Obama è stato un «atto cinico» visto il continuo impegno di guerra in Afghanistan «incurante delle vittime», e visto che gli Usa sono «una super potenza imperiale con centinaia di basi militari dispiegate in tutto il mondo e duecento anni di interventi militari».

2003, IRAQ. Alla vigilia della nuova guerra annunciata, quasi tutti gli ambasciatori e relativi staff partirono in fretta. Non Cuba. L’ambasciatore e parte dello staff rimasero là, sotto le bombe, e per i pacifisti dell’Iraq Peace Team, quell’ambasciata era un’isola di pace. L’ambasciatore partì solo all’arrivo dei marines: «non riconosciamo gli occupanti» ci disse salutandoci.

MARZO 2011, LIBIA. Fidel Castro, nel suo articolo del 3 marzo su Cubadebate «La guerra inevitable de la Otan (Nato)», chiede al mondo di sostenere la proposta negoziale per la Libia avanzata da Hugo Chavez, appoggiata dai paesi dell’Alba: «Il presidente bolivariano sta portando avanti un encomiabile sforzo per trovare una soluzione senza l’intervento della Nato in Libia. Le sue possibilità di successo saranno maggiori se egli otterrà l’appoggio di un ampio movimento di opinione a favore dell’idea, prima che si verifichi l’intervento armato e non dopo, per evitare che i popoli debbano veder ripetere altrove l’atroce esperienza dell’Iraq». Se i movimenti e i popoli avessero dato seguito a questo appello, i paesi dell’Alba sarebbero diventati mondialmente un «pool di pronto intervento per la pace».

2012 E 2013, SIRIA. Alla fine di agosto 2013, mentre sembra imminente un attacco Usa alla Siria, Fidel Castro in una delle sue riflessioni, dal titolo «La mentira tarifada» (la menzogna prezzolata), scrive: «(…) Si preparano i mezzi navali e aerei dell’impero e dei suoi alleati per iniziare un genocidio contro i popoli arabi»; e dà del «lacché e conservatore» al governo inglese che «manda i suoi bombardieri alla base aerea di Cipro, pronti per lanciare bombe sulle forze patriottiche dell’eroica Siria». Cuba, insieme a pochi altri paesi, si è sempre opposta ai tentativi di spacciare per umanitaria l’ingerenza Nato e petromonarchica in Siria.