Il prossimo 28 ottobre in Brasile si svolgerà il secondo turno delle elezioni presidenziali in cui Jair Bolsonaro, candidato dell’estrema destra, potrebbe essere eletto da un’ampia maggioranza. Un appuntamento cruciale, perché sullo sfondo non c’è un semplice avvicendamento, ma un concreto rischio di collasso delle istituzioni democratiche. Ne abbiamo parlato con Mayra Goulart professoressa di teoria politica all’Università Federale Rurale di Rio de Janeiro.

Negli ultimi mesi i sondaggi hanno registrato grandi fluttuazioni nell’opinione pubblica, sì è cominciato con dati favorevoli a Lula, dato come vincente e Bolsonaro intorno al primo turno fermo intorno al 20%. Ora il candidato del Partido Social Liberal (Psl) ha un consenso ampiamente superiore al 50%…

Come si sa a Lula è stato impedito di candidarsi, si sperava che Fernando Haddad potesse ereditarne voti e consenso, una strategia che in parte si è rivelata corretta visto che si è riusciti ad andare al secondo turno, solo che i tempi erano molto ristretti e non si è riusciti a entrare in contatto, a dialogare e coinvolgere settori della società che non sono (più) necessariamente identificati con il Partido Trabalhista (Pt).

Tuttavia stiamo parlando di un radicale cambiamento politico nel breve volgere di pochi anni…

In questo senso deve essere fatto un mea culpa da parte della sinistra che in questi anni ha ritenuto sufficiente l’adozione di un programma di inclusione economica e di redistribuzione del reddito senza pensare a una riforma delle istituzioni politiche. Abbandonare il campo ideologico restando su quello economico, così come a suo tempo fece Lula, che si era affermato grazie a un discorso conflittuale, è stato un errore. Una volta al potere il Pt ha smesso di comportarsi come un fronte populista in grado di mantenere la polarizzazione perdendo così la sua base di appoggio. Quel che succede è che nel 2013, di fronte a un insieme di domande insoddisfatte, i settori conservatori si sono mostrati più efficaci nella promozione di un discorso capace di articolare differenti soggetti a sostegno di una ampia coalizione contro la corruzione e il Pt. Il Pt, dal canto suo, avendo abdicato il discorso conflittuale non è riuscito a creare una percezione di minaccia che mantenesse la sua base di appoggio.

Sotto molti aspetti il Brasile guidato dai leader del Partitdo Trabalhista (Pt) Luiz Inácio Lula da Silva e Dilma Rousseff ha segnato consistenti passi avanti nella lotta alla povertà, dall’altro però è ancora oggi un paese profondamente disuguale. Quanto conta, se conta, nel sostegno a Bolsonaro una possibile disillusione per un progetto che si preannunciava molto più rivoluzionario?

Contrariamente a ciò che potrebbe sembrare, dato che siamo uno dei paesi più disuguali del mondo, l’idea di uguaglianza in Brasile vive un periodo di profondo discredito nell’opinione pubblica. Specialmente per quel che riguarda i meccanismi politici ed economici creati per compensarla. Politiche come la borsa famiglia sono molto contestate e questo non solo tra le élite ma anche nelle classi medie e addirittura in quelle popolari che, sebbene vittime, finiscono per accettare lo stigma attribuito a coloro che ricevono questo tipo di beneficio da parte dello Stato. L’idea generale è che queste politiche siano servite per sustentar vagabundos in cambio dell’appoggio elettorale a “politici corrotti”. Questi due segmenti – quello dei vagabundos e dei politici corrotti petisti – sono il nemico in una catena di equivalenza che rappresenta il nucleo centrale dei discorsi di Bolsonaro. L’”altro” che minaccia il modello di vita di quelli che si sentono come i “buoni cittadini”

La stigmatizzazione dei beneficiari delle politiche redistributive e dei politici petisti corrotti è un discorso interamente costruito dai media o si innesta in uno spazio già presente nell’opinione pubblica?

È un processo che è iniziato nel giugno del 2013 quando i media cominciano la costruzione di una rete di equivalenza strutturata a partire dalla prospettiva di un nemico “la corruzione” o i “corrotti” e, quindi, stimolando la percezione nell’opinione pubblica che il modello di vita dei brasiliani fosse a rischio. Il passaggio dalla percezione al politico è stato solo una questione di tempo. Come spiega Laclau affinché si crei una dinamica equivalenziale (domande senza risposte e susseguente agglutinazione dei differenti soggetti che le sostengono) occorrono due componenti relazionali che funzionino come catalizzatori nel processo del nuovo soggetto politico: un leader e una frontiera di antagonismo.

Altro grosso tema, forse uno dei principali in questa campagna, quello della violenza…

C’è sicuramente un problema di sicurezza ma questo è un tema usato e ingigantito dalle élite che vogliono usare questo argomento come scudo per agire con più violenza e aumentare il controllo sulle classi popolari ed è per questo motivo che è un tema molto sfruttato dai media ed è grazie a un consenso tra le élite che la disseminazione dell’ideologia della paura è stata tanto efficace, basta parlare con i sostenitori del polo pro-bolsonaro per capire come il discorso centrale sia proprio la paura.

Sono in molti a sostenere che Bolsonaro sia un mostro costruito dai media che si è rivoltato contro lo stregone che lo ha generato…

Sebbene, in un modo generico, i grandi media si siano schierati contro la candidatura Bolsonaro, restano comunque i principali responsabili per la disseminazione dei principali elementi che compongono il suo discorso: antipetismo e corruzione. Questo sentimento, oggi egemonico, è stato alimentato da una ampia campagna che attribuisce al partito, ai suoi sostenitori e ai beneficiari delle politiche redistributive, la crisi economica degli ultimi quattro anni, così come al Pt la colpa della corruzione (questo anche se il Pt non è il principale partito coinvolto). Come detto, questi due punti sono articolati sotto la forma di una feroce ed efficace critica ai programmi di redistribuzione del reddito, il cui successo, visto che riscuote il consenso anche tra chi ne è stato beneficiario, in modo diretto o indiretto, ha del paradossale.

 

[do action=”citazione”]Lula ha favorito i settori imprenditoriali che lo appoggiavano. L’ostacolo a un’alleanza più stretta è stato l’odio di classe nei confronti dei ceti più deboli tipico di queste élite[/do]

 

Quello di Bolsonaro è un fenomeno populista?

Dipende dal significato che si attribuisce a questo concetto. Contrariamente a quanto avviene in Europa, in America Latina il populismo ha avuto una traiettoria francamente espansiva, per quel che riguarda l’inclusione di domande e soggetti dentro lo spazio democratico di rappresentazione, così come l’allargamento delle capacità di intervento dello stato. Bolsonaro si presenta come un apologeta dello stato minimo e come un critico radicale dei programmi economici di inclusione, ma, anche, socio culturali (che riguardano l’inclusione delle minoranze demografiche e non demografiche: donne, gay, etc). Dal mio punto di vista quindi, sfuggendo a questa dinamica, Bolsonaro non può essere incluso nella tradizione populista latino-americana.

Molti temono una deriva plebiscitaria e un ritorno a dinamiche simili a quelle del periodo della dittatura militare (1964-1985)…

La base politica di appoggio di Bolsonaro è formata in larga parte da segmenti ideologicamente conservatori (bancada BBB: Bíblia – evangelici, Boi – settore rurale e Bala – armi) ma anche da partiti office seeking (concentrati sull’occupazione delle cariche pubbliche, ndr). Nonostante, uscendo dal piano politico partitico e dando uno sguardo alla sua base sociale, la formazione di una maggioranza intorno alla figura di Bolsonaro sia stata determinata da un movimento più ampio, che travalica gli stretti margini rappresentati da questi due segmenti (BBB e office-seeking). ´

Ovvero?

Ci sono settori non propriamente conservatori in termini morali, le cui domande sono state incluse in questa catena di equivalenze costruite a partire dai discorsi anticorruzione, ovvero da coloro che si percepiscono come minacciati dai gruppi associati al Pt: sia per un supposto coinvolgimento nella corruzione sia per una supposta superficialità nel trattamento del tema della violenza dovuto a un presunto eccesso di zelo nel rispetto dei diritti imani e un’eccessiva tolleranza con le componenti sociali della criminalità.

 

Jair Bolsonaro (Afp)

 

Dicevamo della deriva plebiscitaria…

Un futuro governo Bolsonaro ha due strade possibili. La prima è una sterzata anti sistemica che potrebbe essere supportata da meccanismi plebiscitari, ipotesi che tuttavia ritengo improbabile. La seconda è una riedizione del presidenzialismo di coalizione con un peso politico ancora maggiore concesso ai partiti office-seeking.

In concreto in che modo Bolsonaro rappresenta un pericolo per la democrazia e per le istituzioni democratiche?

Dal mio punto di vista il rischio principale deriva dalla mancanza di prestigio della democrazia tra i differenti segmenti della società, detto questo, le istituzioni “democratiche” (e qui le virgolette sono importanti, dato che tali istituzioni si sono appiattite sulla linea e sui patti fatti dal Pt o dal Partido da Social Democracia Brasileira – Psdb (con i partiti office-seeking i cui interessi sono radicalmente opposti sia a un principio democratico (volontà della maggioranza) che di un principio repubblicano (bene comune).

Bolsonaro sembra giocare nel suo campo, gli altri in difesa, a partire dal motto della campagna #elenão è stato un errore?

La negazione, costruzione di un nemico è la migliore strategia per la formazione di un soggetto politico, secondo Ernesto Laclau è il meccanismo politico-costitutivo per eccellenza. Siamo in una situazione di lotta egemonica, che, come sottolinea Antonio Gramsci, è una lotta che dev’essere portata avanti non solo sul piano politico, ma, soprattutto sul piano sociale: una lotta di persuasione, della costruzione dell’egemonia intorno ad alcuni valori. Sfortunatamente questa è una lotta che la sinistra sta perdendo.

Che tipo di influenza ha avuto il cleavage uomo/donna e la manifestazione delle donne contro Bolsonaro?

Dal mio punto di vista questo cleavage ha avuto un effetto solo sui segmenti progressisti o, quantomeno, non reazionari.

Dall’altro lato Bolsonaro sembra puntare molto sulle tematiche pos-moderne denunciando una presunta vocazione “gender” del Pt.

Penso ci siano due elementi che devono essere presi in considerazione. Il primo ha a che vedere con il principio della esclusione/invisibilità da parte di ampi segmenti conservatori/reazionari sul piano morale rispetto al consenso progressista che si è formato verso la fine della dittatura militare. Dall’altro lato, questi punti sono interessanti per sottolineare come le tematiche economiche che, nel dibattito Pt/Psdb, erano prima centrali, si siano ora spostate sul piano delle tematiche dei costumi (moralità, religione, etc).

Alle elezioni per il rinnovo del parlamento, in concomitanza con il primo turno delle presidenziali, il Psl ha preso poco più del 10%, anche in caso di vittoria al secondo turno non gli sarà difficile governare?

I limiti del sistema politico brasiliano non dipendono solo dalla frammentazione partitica, vedere le cose in questo modo è riduttivo. Per rispondere a questa domanda è necessario un breve prologo sulla politica brasiliana affinché questa fragilità, dal mio punto di vista erroneamente attribuita alla frammentazione partitica, non sembri un qualche cosa di singolare del sistema sancito dalla costituzione del 1988. Tradizionalmente in Brasile si scontrano due tipi di forze: centripete a base nazionale e portatori di un ideologia modernizzante, come il Pt o il Psdb, e centrifughe, come ad esempio il Movimento Democrático Brasileiro (Mdb) cosiddetti partiti office-seeking (o patrimonialisti). Senza l’appoggio dei partiti patrimoniali è impossibile governare, lo si è visto chiaramente nel processo di impeachment contro Dilma Roussef. In sostanza il presidenzialismo brasiliano funziona in modo molto differente da quello statunitense perché è un presidenzialismo di coalizione. In questo legame stabilito tra forze centripete e forze centrifughe a perdere sono le prime perché il loro contenuto ideologico e programmatico è diluito in virtù delle concessioni fatte alle formazioni patrimoniali, il cui interesse è quello di mantenere il controllo sulle risorse politiche e economiche locali.

In sostanza parte della base di appoggio parlamentare di Bolsonaro sarà lo stesso che ha appoggiato il governo Lula e Roussef?

I partiti patrimonialisti come il Mdb di Temer hanno già dichiarato di volere appoggiare una coalizione con il Psl.

Insomma un rivoluzionario che si dovrà alleare con i partiti che hanno governato insieme al Pt…

Pur presentandosi come un outsider Bolsonaro rientra nella dinamica appena descritta ed è per questo che io ritengo improbabile derive plebiscitarie, il sistema che lui dice di volere combattere in realtà lo sta appoggiando.

Una legge elettorale che riducesse la frammentazione potrebbe alterare il quadro politico?

Una clausola di sbarramento non cambierebbe molto, perché il Mdb sarebbe comunque in grado di superarlo, il problema è il controllo politico ed economico che queste élite patrimoniali hanno nei loro territori.

A livello teorico sembrerebbe esserci una maggiore affinità dei partiti patrimoniali con Bolsonaro che non con il Pt…

Si certo sicuramente perché c’è una legame strutturale tra il progetto elitista di Bolsonaro e il carattere elitista dei partiti office-seeking brasiliani. Se in passato settori imprenditoriali hanno appoggiato Lula, che li ha ampiamente beneficiati, il limite ad una alleanza più stretta è stato l’odio di classe nei confronti dei ceti più deboli che da sempre caratterizza queste élite e che quindi è sempre stato un ostacolo ad una adesione al progetto del Pt da sempre stato legato alla classi popolari. Quindi, per quanto il progetto di Bolsonaro possa essere assurdo, il collante di tutti questi settori resta l’antipetismo.