La parola magica era «casta». Sarebbe stata questa, prometteva Javier Milei, il bersaglio delle politiche di aggiustamento del suo governo, non certo la classe lavoratrice. E la popolazione argentina, impoverita e arrabbiata, a questa inverosimile promessa aveva deciso di credere.

IL RISVEGLIO, però, non ha tardato ad arrivare: non solo l’odiata casta ha mantenuto salda la presa sul nuovo governo, ma le misure emanate da Milei sono andate tutte a beneficiare i potenti di sempre. Non a caso i più grandi imprenditori del paese, riuniti nell’Asociación empresaria argentina, hanno tributato applausi convinti al mega-decreto sulla deregulation e le privatizzazioni presentato la scorsa settimana, parlando di «un’occasione storica».
«Apprezziamo in modo particolare – recita il loro comunicato – che il governo adotti misure rivolte a consentire il più pieno sviluppo del settore privato, sottomesso per anni a ingerenze statali indebite, a controlli dei prezzi, a un’elevatissima pressione tributaria, a restrizioni arbitrarie in materia di commercio estero e a minacce come la legge sull’approvvigionamento (quella, derogata dal decreto, che assicura quote di beni al mercato interno, ndr)».
A esultare sono state anche le compagnie straniere, a cui Milei ha voluto regalare la revoca della già moderata Ley de Tierras, destinata ad arginare il fenomeno della «extranjerización» della terra in Argentina, cioè la cessione agli stranieri di fasce sempre più estese di territorio, con le relative risorse naturali (compresa l’acqua, come indica il caso paradigmatico del Lago Escondido nel Río Negro, in mano al miliardario britannico Joe Lewis).

PRESENTATA NEL 2011 da Cristina Kirchner, la legge aveva stabilito che gli stranieri non potessero appropriarsi di oltre il 15% delle terre del paese (e anche di una provincia o di un municipio), fissando pure un tetto massimo di 1000 ettari per le aree più produttive. E aveva inoltre proibito la vendita a stranieri di terreni che contenessero corpi idrici (fiumi, laghi, ghiacciai, acque sotterranee) e di immobili situati in zone di frontiera.

Poi, nel 2016, con l’avvento di Mauricio Macri, i controlli previsti dalla legge erano stati allentati, consentendo così il trasferimento di azioni a persone fisiche o giuridiche straniere. Finché, ora, il Decreto di necessità e urgenza di Milei rischia di cancellare del tutto la normativa.
Eppure si tratta di un fenomeno di estrema gravità nel paese: oltre 12 milioni e mezzo di ettari (un po’ meno della metà del territorio italiano) risultano in mano a imprese straniere, in una classifica che è guidata dal Gruppo Benetton (con 900mila ettari) ma che vede ben piazzati anche Joe Lewis (con 38mila ettari) e l’emiro del Qatar Tamim bin Hamad Al Thani, il quale, in Patagonia, possiede 28mila ettari tra Bariloche e El Bolsón, il centro sciistico Baguales e azioni della Exxon Mobile che opera a Vaca Muerta (il territorio, grande quasi come il Belgio, nella Patagonia argentina, considerato la quarta riserva al mondo di shale oil e la seconda di shale gas).

ED È IN QUESTO QUADRO che si pongono le crescenti mire straniere sul litio, di cui l’Argentina – situata nel cosiddetto triangolo del litio a cui appartengono anche Bolivia e Cile – è il quarto produttore mondiale, con esportazioni cresciute nel 2022 di oltre il 230%. Lo ha chiarito lo stesso Milei, in conversazione con la conduttrice televisiva Mirtha Legrand, tirando in ballo l’interesse per l’oro bianco manifestato da Elon Musk. Proprio quel Musk che, interpellato da un utente su Twitter (oggi X) nel 2019 sul ruolo degli Usa nel golpe boliviano in riferimento al litio, aveva scritto: «Noi colpiremo chiunque vogliamo! Fattene una ragione». Lo stesso Musk che verrà pure beneficiato dalla deregulation dei servizi di internet satellitare prevista dal Dnu, grazie a cui sarà consentito l’ingresso di operatori come Starlink.

«È SUCCESSO – ha riferito Milei tutto soddisfatto – che mi ha chiamato Elon Musk. È estremamente interessato al litio. Ed è molto interessato anche il governo Usa, come pure molte imprese statunitensi, ma ciò di cui c’è bisogno è un quadro giuridico che rispetti i diritti di proprietà». A spese, ovviamente, del territorio.