Dai 30 miliardi del piano Fabbrica Italia del 2010 ai 5 miliardi del primo piano targato Mike Manley. A otto anni dal primo tentativo, la Fca post-Marchionne promette nuovamente quella «piena occupazione in Italia» che non ha mai realizzato. L’obiettivo di riportare al lavoro tutti gli 80mila dipendenti in Italia stavolta è tarato sul 2020 – il decennale dell’uscita da Confindustria – e per raggiungerlo il nuovo management punta su tre nuovi modelli e 9 restyling che ammiccano alla svolta green su elettrico e ibrido. Un Suv medio a marchio Maserati a Cassino, la Jeep Compass – oggi prodotto in America – a Melfi, un Suv compatto Alfa Romeo a Pomigliano. Per la storica Mirafiori invece ci sarà la produzione della 500 elettrica.

RISPETTO A QUANTO aveva detto Marchionne il primo giugno a Balocco, poco meno di due mesi prima di morire, il passo indietro è evidente: quel giorno furono annunciati 26 nuovi modelli e nove miliardi di investimenti. Manley ha tenuto a specificare che quel piano era fino al 2022 e ora viene implementato fino al 2021, confermando a parole i modelli mancanti che però «rischiavano di essere prodotti in Polonia o Serbia» precisa il segretario nazionale della Fim Ferdinando Uliano.

GLI ANNUNCI SONO arrivati nell’incontro mattutino fissato da mesi con i sindacati firmatari, a conferma l’apartheid nei confronti della Fiom che è stata ricevuta nel tardo pomeriggio. Dopo Manley a illustrare i dettagli delle produzioni è stato Pietro Gorlier che ha sostituito Alfredo Altavilla. Il nuovo responsabile per Europa e Medio oriente di Fca è un torinese, ex amministratore delegato di Magneti Marelli, il gioiellino del gruppo venduto a ottobre ai giapponesi di Calsonic Kansei per 6,2 miliardi di cui 2 finiti alla Exor della famiglia Agnelli. «Gli investimenti per la Jeep Compass a Melfi, per la 500 elettrica a Mirafiori, per il suv Alfa a Pomigliano e per l’aumento della capacità produttiva della Sevel sono già lanciati. Partiamo domani mattina» ha detto Gorlier. L’altra novità riguarda il rinvio dell’addio al diesel annunciato da Marchionne per il 2021. Permetterà alla fabbrica di Pratola Serra (Avellino) di produrre un’evoluzione degli attuali motori diesel.

IL GRANDE INTERROGATIVO riguarda i tempi di attuazione delle nuove produzioni. «Partiremo nei prossimi mesi con un piano di formazione del personale incentrato proprio sulle tecnologie ibride ed elettriche» ha annunciato Gorlier. Ma a Mirafiori, Grugliasco, Pomigliano, Modena (dove si produce la Maserati) gli ammortizzatori sono in scadenza e i «corsi di formazione» non sono un ritorno al lavoro, men che meno a pieno ritmo. «Ci possono essere problemi di ammortizzatori sociali – ammette Gianluca Ficco, segretario nazionale Uilm – ma prima dobbiamo conoscere con più precisione i tempi di industrializzazione dei nuovi modelli. Dopo con azienda e governo cercheremo una soluzione».

DI TUTT’ALTRA IDEA la Fiom: «Il tavolo separato è una mancanza di riconoscimento della realtà, la Fiom in fabbrica c’è e fa gli accordi di lavoro, con Manley ci saremmo aspettati un cambio – ha rimarcato il responsabile automotive Fiom Michele De Palma. – Ci sono i nuovi modelli e la svolta sull’elettrico, anche se un po’ in ritardo. Senza un piano nazionale di rete e rifornimenti per poterle ricaricare, le auto elettriche non si vendono». «Questo non basta per raggiungere l’obiettivo della piena occupazione – ha commentato la segretaria generale Fiom Francesca Re David – L’annuncio di modelli è importante – spiega – ma non saturano il polo Maserati, cioè Torino, Modena e Pomigliano. Per fare un nuovo modello ci vuole un anno o un anno e mezzo, con gli ammortizzatori sociali che scadono a settembre 2019. La cassa integrazione in Fca continuerà fino al 2021 e doveva essere già finita da un paio di anni. Occorre monitorare il piano. Ci vorrebbe un tavolo del governo come in tutti gli altri paesi su modelli, occupazione e ammortizzatori sociali».