Chiuderà la campagna elettorale a Centocelle, ex periferia popolare della Capitale, il quartiere del Forte Prenestino ma anche delle proteste per la nuova moschea. Per lui sul palco suonerà Enrico Capuano, candidato a sua volta, voce e musica della Tammurriata rock, ormai un’istituzione della Roma antagonista meticcia popolare. «Chiudo come avevo aperto, a Ostia, nella Roma che deve diventare centro. Che ho percorso in questi mesi. Chiederò che il consiglio comunale si riunisca una volta al mese nei quartieri, per ascoltare la città». Cinquant’anni, nato a Roma cresciuto a Nettuno, università alla Bocconi, poi Botteghe Oscure, poi consulente del governo Prodi, poi al Fondo Monetario, poi al Pd, poi viceministro del governo Letta. Poi la rottura con Renzi. Ora in Sinistra italiana. Tre figli, una moglie insegnante e femminista.

Iniziamo dai suoi avversari Raggi e Giachetti: per entrambi dica una cosa su cui è vicino e una su cui è lontano.

Posso dire che non mi interessa la domanda? Sono vicino a chi vive condizioni sempre più difficili. E lontano dagli interessi forti che hanno segnato la città.

Le dico io. Con Raggi, M5S, avete proposte simili sull’Acea.

Nel nostro programma c’è la piena attuazione del referendum. Vuol dire scorporare le attività idriche di Acea per metterle in una società ad hoc al 100% comunale.

Idee simili anche sull’Ama.

Lunedì sono stato in piazza con i lavoratori in sciopero. Si vuole far arretrare il contratto utilizzando il jobs act, peggiorando le condizioni dei lavoratori che passano da un contratto all’altro.

A proposito di jobs act. Che impressione le fa vedere la Francia bloccata contro la Loi Travail?

Provo invidia. Da noi non è successo perché per anni anche il principale partito della sinistra accreditava la tesi che la precarizzazione dei padri serviva ai figli. Il Pd ha fatto del mantra liberista un tratto di identità, dal Lingotto in poi. Anzi da prima. Va detto che le condizioni del mercato del lavoro italiano sono peggiori di quelle francesi e questo non aiuta.

Lei era in quel Pd.

Sì, ma i fautori del Lingotto chiedevano le mie dimissioni ogni giorno.

A proposito di Pd, per il ministro Franceschini usare la riforma costituzionale per buttare giù Renzi è un atto «contro il paese». La minoranza urla al tentativo di estromissione eccetera.

Le parole di Franceschini sono inaccettabili. Un ministro che si permette di dire che chi vota no è «contro il paese» non dovrebbe continuare a svolgere il suo ruolo. Per il resto, il Pd ormai è monoculturale al di là di qualcuno che continua far finta di avere tratti di specificità rispetto all’impianto liberista del renzismo. Che delegittima moralmente e politicamente chi continua a fare una battaglia coerente, come Cuperlo e Bersani.

Le piace la giunta annunciata da Giachetti?

Ci sono personalità che stimo e di cui sono amico. Ma temo che verrebbero usate come hanno usato le parole di Ingrao e di Nilde Iotti, e cioè arruolandole al renzismo ante litteram. Il programma di Giachetti è tornare al Modello Roma che ha aggravato gli squilibri sociali ed economici della città ed è stato subalterno agli interessi dei grandi costruttori. Gli scempi compiuti nelle nostre periferie dovrebbero bastarci.

Che farebbe della Metro C?

La farei completare fino a San Giovanni e Colosseo dopodiché lascerei scadere il contratto con l’attuale consorzio. In sei mesi promuoverei un dibattito pubblico per definire una scelta. Il tracciato ipotizzato fino a piazzale Clodio comporta forti diseconomie, ci sono altre opzioni interessanti per un prolungamento da San Giovanni verso Magliana. E ci sono anche soluzioni alternative con i tram nei percorsi che non hanno l’afflusso giornaliero necessario a rendere sostenibile la metro.

Parliamo del debito. Raggi ora chiede di rinegoziare il tasso di interesse del mutuo che i romani pagano. È la sua proposta?

Sì, ed è un successo per Roma.il fatto che ora tutti i candidati, anche Giachetti, hanno riconosciuto che la mia proposta è fondata dopo averci snobbato. Si sono convinti che il mutuo del 5 per cento su 5 miliardi con Cassa depositi e prestiti va ristrutturato. Potremo recuperare circa 200 milioni l’anno per le priorità sociali.

È un altro punto di vicinanza?

Spero che dopo il voto tutti quelli che chiedono la ristrutturazione del debito non se ne dimentichino. E lavorino con noi.

Ma questa questione avrà un peso sul ballottaggio?

Siamo concentrati sul primo turno per parlare a quella metà di città orientata a non votare, che è anche quella che ha bisogno di una svolta radicale. Le nostre priorità sociali, il contrasto alla precarietà del lavoro, alla disuguaglianza, la lotta alla povertà non le troviamo negli altri programmi.
Sabrina Ferilli dice di lei che è «una brava persona ma non ha nessuna possibilità di vincere» e per questo vota M5S.

Mi ha colpito la disinvoltura con la quale una donna di solida cultura di sinistra si affida a chi non ha mai detto una parola chiara sui migranti, sui gay, su chi rappresenta i lavoratori anzi evita di venire alle manifestazioni, chi non verrà al Gay Village perché teme di perdere voti a destra.

Anche l’ex sindaco Marino, che doveva stare con voi, alla fine non voterà per lei.

È evidente che con Marino abbiamo un impianto di cultura economica molto diverso. Il mio impianto è keynesiano, per il rilancio dell’intervento pubblico, per riconoscimento della funzione delle rappresentanze sindacali e dei corpi intermedi. Lui no, mi pare.

A sostenerla a Roma ci sono forze rimaste fuori da Sinistra italiana, il suo nuovo partito. Lei ha detto che presto le riunirà in un’associazione. Dopo il voto Sinistra italiana cambierà direzione?

Andrà avanti e sarà arricchita dalle energie straordinarie e plurali che abbiamo messo insieme nelle città.