In Turchia, se per decidere il prossimo presidente si andrà al ballottaggio, le elezioni politiche si sono concluse. Intanto alcuni partiti presentano ricorsi e chiedono il riconteggio: la formazione del parlamento potrebbe subire alcune variazioni. Di certo le politiche del 14 maggio hanno visto la notevole crescita dei partiti di destra nazionalisti laici ma anche fondamentalisti. Analizzando i primi dati possiamo dire che questi voti provengono in parte anche dall’elettorato del partito del governo, Akp.

Yeniden Refah, formazione politica fondamentalista e omotransfobica, ha partecipato alle elezioni sotto l’ombrellone della coalizione del governo, Alleanza della Repubblica (Cumhur Ittifaki) ma con la sua sigla. Così, è riuscita a raccogliere 1,5 milioni di voti e a mandare ad Ankara cinque parlamentari.

ANCHE la formazione partitica dei «lupi grigi», ossia il Partito del Movimento Nazionalista (Mhp) ha partecipato alle elezioni nella stessa lista e con il suo simbolo. Anche se ha perso l’1% rispetto alle elezioni del 2018 ha aumentato il numero dei suoi parlamentari di uno arrivando a 51.

Un’altra formazione nazionalista è Iyi Parti, nella principale coalizione dell’opposizione, l’Alleanza del Popolo (Millet Ittifaki). Nelle elezioni del 2018 aveva ottenuto il 9,96% dei voti, invece la scorsa domenica ha ottenuto il 9,88% e ha aumentato i suoi parlamentari di un posto portandone ad Ankara 44. L’ultimo risultato significativo per i partiti di destra è il “successo” del Partito della Vittoria (Zafer).

Questa nuova formazione ultranazionalista e xenofoba ha ottenuto il 2,23% dei voti (1,2 milioni) nella sua prima esperienza. Dato che ha partecipato alle elezioni da sola ha subito la discriminazione dello sbarramento elettorale del 7%: non sarà rappresentata in parlamento.

IN TOTALE i voti dell’elettore nazionalista e fondamentalista sarebbero circa 13,5 milioni. Secondo la professoressa universitaria Betul Aydogan Unal, dell’Università di Ege, esiste un sostanzioso gruppo composto dagli elettori di destra alla ricerca di un’alternativa all’Akp: «L’elettore che non voleva votare per il partito di Erdogan ma non voleva uscire fuori da quella coalizione ha votato per il Mhp o per Yeniden Refah. Verifichiamo questo comportamento sopratutto nelle città in cui l’Akp ha perso parecchi voti rispetto alle elezioni del 2015 e 2018, come Istanbul, Konya, Bursa, Kocaeli e Ankara».

Invece, secondo la docente universitaria Bilge Yabanci, dell’Università di Northwstern, una parte dell’elettore dell’Akp che ha deciso di votare per il Mhp si è allontanato dal suo storico partito per la sua posizione sessista e omotransfobica cresciuta notevolmente in questi ultimi mesi.

Sempre secondo Unal il successo del partito xenofobo Zafer è legato alla sua promessa di deportare tutti i rifugiati siriani in Siria: «Il consenso principalmente viene dalle grandi città dove da tempo è in crescita il numero dei rifugiati e dove parecchi partiti politici costruiscono le loro politiche su questo tema».

LA POSIZIONE/REAZIONE dell’elettore nazionalista è stata registrata anche nel voto presidenziale. Sinan Ogan, il candidato dell’Alleanza Ancestrale (Ata), ha ottenuto il 5,17% dei voti, 2,8 milioni di consensi. Ogan è stato il candidato di una coalizione dove era presente anche il partito Zafer. Durante la campagna elettorale Ogan ha messo al centro della sua propaganda il rimpatrio immediato e senza condizioni di milioni di rifugiati presenti in Turchia.

Le cittadine e i cittadini residenti all’estero voteranno per il ballottaggio dal 20 al 24 maggio, mentre in Turchia si torna alle urne il 28. Quel 5,17% che ha raccolto l’ultranazionalista Ogan è decisamente prezioso sia per Kilicdaroglu sia per Erdogan. Nelle sue prime dichiarazioni subito dopo il voto Ogan si è dichiarato disposto a negoziare per decidere chi appoggiare, ovviamente dettando le sue richieste politiche.