Confucio dice: studia il passato se vuoi prevedere il futuro. È quel che suggerisce la politica italiana dopo il Brancaccio, l’assemblea milanese dei circoli Pd, Piazza dei S. Apostoli.

L’ultimo Renzi è il remake del Veltroni 2008, che manda il centrosinistra in soffitta, e perde rovinosamente. Ma dichiara con orgoglio alla Camera il 14 maggio 2008 che il Pd ha il merito di aver curato «una duplice e grave malattia: l’esasperata frammentazione politica e la costante demonizzazione dell’avversario …». È raro sentire lo sconfitto magnificare il risultato che lo vede perdente. Tra l’altro, non avendo capito nulla, come dimostra la condizione di oggi.

Ma la continuità di Renzi è anche verso Berlusconi. Che il 13 maggio 2008, nel discorso sulla fiducia, celebra la riduzione della frammentazione politica come prima importante riforma, e così elenca quelle da fare: «Il rafforzamento dei poteri dell’Esecutivo e della sua guida … ; la diminuzione sensibile del numero degli eletti e la definizione di compiti diversi per le due Camere; un assetto federalista dello Stato … ; una riconsiderazione attenta e condivisa della legge elettorale …».

C’è tutto, dal patto del Nazareno, alla riforma Renzi-Boschi, all’Italicum. È a questo scenario che torna l’ultimo Renzi, quando dice che risponderà alle primarie e non ai caminetti. Il che, tradotto in soldoni, significa tra l’altro che non risponderà a nessuno, visto che non si può convocare un’assemblea del popolo delle primarie cui sottomettere un accordo o un indirizzo di governo, una scelta legislativa, una proposta. Ecco servito l’uomo solo al comando. Il quale conferma poi nel merito le scelte del renzismo, a partire dal Jobs Act: tutte nell’interesse del paese.

E il voto del 4 dicembre? Tamquam non esset. E le sconfitte elettorali? Mai avvenute. E un paese che non riparte? Malignità degli avversari. E il calo inarrestabile della partecipazione? Colpa del bel tempo.

Che fare a sinistra del Pd? Dal Brancaccio e da Piazza dei S. Apostoli sono venuti richiami all’unità, ma non mosse concrete. Soprattutto, non è chiaro quale unità, per cosa.

È troppo poco. Puntare ad un consenso a due cifre, ha detto qualcuno. Giusto: solo così si rimane in campo quale che sia il sistema elettorale. Ma per un siffatto risultato si deve da ora fare campagna contro il Pd. Se non altro perché il Pd farà una campagna senza sconti a sinistra, come già si evince dalle diffide e dall’alzarsi dei toni contro la minoranza interna.

Devono capirlo anche quelli che da sinistra vedono l’alleanza con il Pd come imprescindibile. E devono capirlo anche quelli contrari ad un antirenzismo di professione, ovviamente inutile. Qui si tratta di concezioni alternative del governare e della democrazia, che diventano un basilare punto di marketing politico.

Bisogna rendere chiaro e visibile il prodotto, e spingerlo con la massima decisione. Un progetto alternativo, netto nei concetti e nei toni, che prenda abbastanza voti da superare ogni soglia e rendere il dialogo necessario e ineludibile per il Pd, per poterne condizionare decisivamente l’eventuale azione di governo. Questo l’obiettivo. Esattamente l’opposto sarà per il Pd.

Quali contenuti? Eccone alcuni.

Primo. Fino a quando non ci sarà un parlamento pienamente rappresentativo, la Costituzione non si tocca, ma unicamente si attua.

Secondo. L’attuazione della Costituzione si fa in primis cancellando o riscrivendo al contrario le leggi del renzismo Doc, dal Jobs Act ai voucher, dalla buona scuola alle trivelle.

Terzo. Si rafforza la partecipazione democratica, con una semplificazione radicale del percorso preparatorio dei referendum abrogativi ex art. 75 Cost., dalla raccolta delle firme al giudizio di ammissibilità della Corte costituzionale (il che si può fare con legge ordinaria).

Parole semplici e nette, senza temere l’accusa di un eccesso di radicalità.

La sinistra sparsa deve decidere se vuole vivacchiare grattando qualche frammento di punto al Pd e a M5S, o vuole rivolgersi alla ampia platea di giovani e non voto che può sostenere la nascita di un nuovo e forte soggetto politico.

Ma per questo non basterebbe la tecnica del meno uno, del non contro ma per, del non solo ma anche. Quella – ricordiamolo – affondò Veltroni come una pietra.