Era stato uno dei principi affermati con più forza durante l’esperienza di governo del Mas, il Movimiento al Socialismo di Evo Morales: quello, proprio del progetto zapatista, del «comandare obbedendo». Ma quanto oggi in Bolivia tale principio sia in crisi, lo indica nel modo più clamoroso lo scontro consumatosi tra vertici del partito e organizzazioni di base attorno alle candidature per le elezioni regionali e municipali del prossimo 7 marzo.

LO SCONTRO ERA NELL’ARIA fin da quando, all’indomani del trionfo di Luis Arce alle elezioni del 18 ottobre, Morales, tuttora capo politico del Mas, aveva parlato di «problemi interni» e di «confusione» a proposito del tassativo rifiuto delle organizzazioni sociali nei confronti di una qualsiasi presenza nel nuovo governo dell’entourage dell’ex presidente, cioè di tutto quel gruppo di intellettuali ed esponenti della classe media che avevano di fatto estromesso i settori indigeni e contadini, per poi darsi alla fuga dopo il golpe. «Voglio tornare per chiarire, per allineare», aveva annunciato Morales prima del suo rientro in patria.

Scongiurato lo scontro al momento della conformazione del nuovo governo, avendo Arce mantenuto la promessa di escludere dalla sua amministrazione i rappresentanti dell’«evismo», le polemiche sono però esplose con la definizione da parte di Morales e dei vertici del partito di candidature senza un adeguato sostegno popolare.

L’INCIDENTE PIÙ GRAVE è avvenuto durante una riunione di partito a Cochabamba, quando, al grido di «rinnovamento, rinnovamento», sono volate persino delle sedie contro quanti guidavano l’incontro, tra cui lo stesso Morales, ma episodi simili si sono svolti anche a Chuquisaca, a Pando e a Potosí, dove l’ex presidente ha dovuto allontanarsi in tutta fretta.

E insanabile è risultata la frattura a El Alto, dove, malgrado l’appoggio di oltre 60 organizzazioni alla candidatura a sindaca della ex presidente del Senato Eva Copa, distintasi durante il difficile periodo del golpe, la scelta dei vertici del Mas è caduta invece su Zacarías Maquera. Con conseguenze difficili da prevedere: «Con o senza il Mas, le organizzazioni sociali eleggeranno Eva Copa come sindaca di El Alto», ha garantito il dirigente Bernaldo Huanca, assicurando il sostegno del 90% della popolazione. E, se avverrà, sarà di certo «senza il Mas», giacché l’ex presidente del Senato ha deciso, tra le lacrime, di lasciare il Movimiento al Socialismo e candidarsi per il partito Jallalla La Paz del noto leader indigeno Felipe Quispe, el Mallku, a sua volta candidato a governatore di La Paz.

«SEMBRA CHE NON ABBIANO imparato nulla» dal golpe del 2019, ha commentato il filosofo Rafael Bautista Segales, direttore del Taller de la Descolonización, denunciando «l’usurpazione» da parte della cupola del partito di quella che, il 18 ottobre, è stata invece la vittoria di un intero popolo. Un popolo che, mostrando un’enorme maturità politica, ha visto nel Mas, malgrado i suoi errori, l’«unica opzione democratica e popolare» contro «il golpe, la dittatura e la destra».

Scambiando quel voto per una delega in bianco, il partito, ha concluso il filosofo, rischia di provocare la stessa disaffezione che ha reso possibile il colpo di Stato del 2019.