Per dirla con parole impegnate: ha utilizzato le “cose” di Elon Musk per un uso alternativo. Ma sarebbe riduttivo. Perché ha fatto di più, ha sperimentato, ha scherzato, ha avviato una riflessione su un tema decisivo: l’uso dell’intelligenza artificiale non solo nella vita quotidiana, nella regolazione e controllo della vita quotidiana ma anche nelle attività creative.

L’uso dell’intelligenza artificiale per sostituire la creazione musicale.

Il soggetto è Evan Greer. Un nome che significa tanto nell’attuale cultura alternativa statunitense: è musicista – da noi lo chiamerebbero banalmente rocker anche se la definizione più calzante è forse quello di un autore folk-punk – ma anche una intellettuale – una, come ha scelto di chiamarsi, “she/ they” -, militante per i diritti lgbtq+, dirigente dell’associazione Fight For The Future. Non la più grande ma sicuramente la più combattiva e “politica” organizzazione che si batte contro i monopoli nel digitale.

Tutte attività che spesso mette insieme, per dirne solo una il suo penultimo lavoro si chiama “Spotify Is Surveillance”, dedicato ai tentativi di controllo degli utenti della nota piattaforma musicale.

Ora ha fatto di più: ha prodotto un mini-album, un EP, dove i testi sono stati scritti dall’intelligenza artificiale. Ha inviato un “ordine” sotto forma di domanda all’elaboratore chiedendogli esattamente di sostituirsi a lui nella scelta delle parole.

Domande, richieste non facili neanche per gli umani: puoi scrivermi una canzone dove Babbo Natale punisce i fascisti? Ne puoi fare un’altra per raccontare le feste di una comunità gay dopo un anno vissuto pericolosamente con le violenze della destra trumpista? Oppure, scrivimi i testi di un brano di Natale in “stile Blink-182” (che, per chi non li ricorda, sono un gruppo californiano che ha provato a mutuare alcuni aspetti della cultura punk, proponendo però sonorità molto, molto mainstream, decisamente scontate e superficiali).

Ordini e domande rivolte non ad una generica Intelligenza Artificiale ma proprio a ChatGPT. Che è l’acronimo di “Generative Pretrained Transformer”, creata sette anni fa da Elon Musk assieme a tutti i big della Silicon Valley. Progetto che – ovviamente, c’è bisogno di sottolinearlo? – nelle intenzioni del neoproprietario di Twitter deve servire a “portare benefici all’umanità”.

Un’Intelligenza Artificiale che raccoglie e rastrella tutto – ma proprio tutto tutto – quel che è pubblicato in rete e che chiunque può “testare”. Nel senso che tutti – dopo un’altrettanto ovvia e magari sospetta registrazione – possono collegarsi al sito e rivolgere una richiesta al chat bot (chi scrive ha chiesto cosa dovrebbe fare la sinistra europea per risalire la china, non ottenendo la soluzione ma un po’ di frasi banali, tutte già lette ed inutili, in stile dibattito su Repubblica, per capirci).

Ed invece proprio a ChatGPT che Evan Greer si è rivolto per creare appunto l’EP “Automated Christmas Joy”. Quattro brani, coi testi robotici: “Santa Fights The Fascists”, “Christmas at the Gay Bar”, “This Holiday’s a Hit”, “Christmas in Boston”. Sue invece le musiche. Perfette, come sempre, in quell’alternanza fra ritmi incalzanti e pause riflessive.

Già ma come sono quei testi? Cosa si prova a collaborare con un’Intelligenza Artificiale? Lo si può fare?

“Non nego che un po’ l’ho fatto per distrarmi – ha raccontato Evan Greer a boingboing – e certo parecchio ha pesato la depressione che precede le vacanze”.

Ma il risultato? “”Ci sono alcuni momenti davvero divertenti nei quali puoi vedere l’Intelligenza Artificiale fallire completamente e nello stesso tempo avere successo. Penso a quando tira fuori una battuta sul ‘potente sacco di Babbo Natale’ che utilizzerà per combattere i suprematisti bianchi”. “Ma l’operazione – aggiunge – è stata anche decisamente distopica. E se si vuole un altro aggettivo aggiungo strana, come quando le ho chiesto di scrivere una canzone sul Natale al bar gay: ChatGPT mi ha restituito un testo molto informato sulla recente ondata di violenze contro le comunità LGBTQ+”.

Quindi? Che se ne può trarre da questo lavoro? Uscito per altro negli stessi giorni nei quali un grafico losangelino, Molly Crabapple, con un editoriale sul Los Angeles Times lanciava un appello a combattere l’uso dell’Intelligenza Artificiale nella creazione artistica: che arricchisce “pochi plutocrati tecnologici” consegnando al mondo lavori senz’anima.

La risposta di Evan Greer è problematica. “Non sono affatto sicuro del tipo di impatto che questa tecnologia avrà sulla nostra società. Sono spaventato come tutti ma anche – lo ammetto – non riesco nemmeno a distogliere lo sguardo”.

La cosa più rilevante comunque è che c’è bisogno di una regolamentazione. In America, in Europa, in Asia, ovunque.

“I rischi sono enormi, le persone vulnerabili, le minoranze, chi dissente può essere vittima di un uso dannoso dell’Intelligenza Artificiale”. Di esempi ce ne sono a migliaia, anche nel vecchio continente che già usa l’”intelligenza predittiva” per reprimere i migranti che bussano alle sue frontiere. C’è bisogno di controlli, c’è bisogno di “politica attiva”, dal basso. C’è bisogno di coinvolgere la società civile nella regolamentazione. “Sì, ed è proprio per questo, che gli incassi dell’album andranno tutti a Fight for the Future”.

Sempre che Elon Musk – con qualche escamotage legislativo – non richieda una quota di copyright anche qui.