La primavera elettorale in Spagna si annuncia molto calda. Oltre alle elezioni europee, il 26 maggio si voterà anche per le amministrative, cioè per eleggere tutte le amministrazioni municipali e la grande maggioranza delle comunità autonome. Qualcuno ventilava persino la possibilità di votare anche per le politiche, nel caso in cui Pedro Sánchez non riuscisse a far approvare la finanziaria e decidesse di convocare elezioni anticipate a inizio anno invece di tirare avanti a forza di decreti. Quest’ultima opzione sembra ora più remota: forse si è riaperto un canale di dialogo con gli indipendentisti catalani (che hanno dato luce verde all’inizio della discussione generale sul budget accordato da Psoe e Podemos nell’ultima settimana di lavori parlamentari), inoltre i risultati delle elezioni andaluse hanno fatto tremare i polsi sia ai socialisti sia ai popolari, facendo allontanare dall’orizzonte lo spettro della chiamata anticipata alle urne.

Che siano due o tre le tornate elettorali per le quali gli spagnoli saranno chiamati a votare in primavera, queste saranno europee dall’elevatissimo valore nazionale, e pertanto l’affluenza sarà senz’altro un elemento importante: è dal 1999 che la percentuale di votanti non supera il 50%. Anche allora si votò per amministrative e europee nello stesso giorno.

Nel 2014 la Spagna fu uno dei pochi paesi europei a portare a Bruxelles più eurodeputati di sinistra che di centro o destra (29 contro 25). Quello fu anche il momento in cui Podemos si impose con forza come nuovo protagonista politico: ottenne ben 5 dei 54 seggi assegnati alla Spagna (la storica Izquierda Unida e alleati ne ottennero solo uno in più). Allora Ciudadanos, che certamente a maggio farà il botto, ne ottenne due. Il suo posto nello scacchiere politico, ma con assai meno successo, ce l’aveva l’ormai estinto Upyd, che ottenne 4 seggi. Il Pp, con un quarto dei voti espressi, ottenne 16 seggi, il Psoe 14; il resto dei seggi se li spartirono varie coalizioni di partiti nazionalisti di destra o sinistra.

Il panorama politico è ancora molto fluido, da quando il partito socialista è arrivato al potere in modo rocambolesco (con una mozione di sfiducia a giugno). I partiti hanno appena iniziato a profilare le liste. Per ora, oltre al classico scontro fra Pp e Psoe (in cui a oggi sembra prevarrebbe il Psoe), le tre grandi incognite sono Podemos e Izquierda unida (che stavolta andranno assieme), Ciudadanos (che potrebbe addirittura essere terzo partito) e soprattutto se e come entrerà Vox a rinfoltire le fila di uno dei due gruppi di estrema destra nel parlamento europeo (Europa della nazioni e libertà o dei Conservatori riformisti europei).

Il vantaggio per i partiti spagnoli è che le europee sono le uniche elezioni in cui la rappresentanza si calcola su base nazionale (invece che su base provinciale): nessun partito parte dunque avvantaggiato e tutti ottengono una rappresentazione realmente proporzionale. Se l’appartenenza di Pp e Psoe alle rispettive famiglie politiche europee è scontata, già il gruppo in cui entreranno i futuri eurodeputati di Podemos e alleati non è unico. Fra gli eurodeputati di Podemos e alleati, infatti, oltre a parlamentari del gruppo della sinistra europea Gue saranno eletti anche dei verdi. Oggi Ciudadanos siede fra i liberali dell’Alde (dove in questa legislatura siedono anche i rappresentanti dello scomparso Upyd) e così continuerà ad essere, mentre i nazionalisti catalani di sinistra di Esquerra Republicana curiosamente siedono fra i verdi. Il gruppo europeo fra le cui fila sceglierà di sedere Vox inaugurerà la presenza spagnola in un partito più a destra del Partito popolare europeo. E infine il piccola formazione animalista Pacma, rimasta fuori per un soffio come Vox nel 2014, potrebbe ottenere un rappresentante che probabilmente siederà nelle file verdi, grazie anche al fatto che, in virtù del Brexit, i rappresentanti spagnoli passeranno a 59 (e dunque la soglia per ottenere un seggio si abbasserà). La presenza spagnola nel partito dei verdi europei, dunque, potrebbe passare dai 4 attuali ai 6/7 futuri, il che è piuttosto interessante dato che in Spagna non esiste un grande partito verde ma solo partitini verdi locali.

Alcune delle coalizioni di partiti nazionalisti che hanno ottenuto solo un seggio, poi, accordano una turnazione, come per esempio è accaduto in questa legislatura per il galiziano Bng e i baschi di Eh Bildu, che ottennero un solo seggio: metà legislatura è stato deputato un esponente del Bng (fra i verdi), e l’altra metà uno di Eh Bildu (nella sinistra europea).

Riuscirà la Spagna ancora una volta a eleggere più deputati di sinistra? O accadrà come in Andalusia dove per la prima volta quest’anno la destra ha superato la sinistra? A maggio la risposta.