La tragica conta dei mortiper coronavirus, insieme alla recessione in Germania e Francia, stanno lentamente cambiando posizioni consolidate e pregiudizi ideologici al tavolo dell’Eurogruppo dei 27 ministri dell’economia che si rivedranno oggi dopo la videoconferenza di martedì 7 aprile. Chi ha deciso il rinvio di due settimane della discussione sul coordinamento europeo delle politiche economiche antivirus il 26 marzo scorso al Consiglio Europeo sta vincendo quella che appare una cinica scommessa. Al termine di 16 ore di trattative ieri il ministro tedesco Olaf Scholz e quello francese Bruno LeMaire hanno trovato, anche su twitter, un accordo su una versione del Meccanismo europeo di stabilità (Mes, Fondo Salva Stati) in versione alleggerita da condizionalità e sul fondo per la ripresa basato su un bond comune con scadenza 15-20 anni, simile a quello proposto a fine marzo nella lettera di nove paesi, (Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Slovenia, Lussemburgo, Irlanda, Grecia, Belgio) e a quello indicato dai commissari Ue all’economia e al mercato interno Gentiloni e Breton e quantificato in 1500 miliardi di euro. Non si parla in modo diretto di titoli comuni, ma di un «Fondo per la ripresa». In ogni caso i bond dovrebbero essere emessi da un’istituzione europea, ma non sarebbero intesi come un’obbligazione emessa dalla Commissione Europea, dalla Banca europea degli investimenti (Bei) o dal Mes, un’entità intergovernativa basata su un trattato tra gli Stati.

L’intesa tra Scholz e LeMaire non ha per ora chiarito come dovrebbe essere finanziato tale fondo, non è precisato il capitale di partenza, quando dovrebbe iniziare ad operare e se come si dice abbia bisogno di un probabile passaggio parlamentare negli stati membri. Ma è già un fatto si siano accordati sul nome da dare a questa «cosa». Può essere un progresso in una trattativa tutta in salita dove il gioco delle parti è molto più sfumato rispetto al teatrale aut aut tutto italiano tra «Sì agli Eurobond, no al Mes». Uno slogan che serve al governo per allontanare una crisi con i Cinque Stelle, ma che rischia di complicare il gioco dei posizionamenti al tavolo dell’Eurogruppo. In un momento in cui francesi e tedeschi stanno provando ad annacquare la tradizionale distante spietatezza della diplomazia in un accento di solidarietà con le popolazioni traumatizzate dal virus.

Il premier Giuseppe Conte che ieri alla Bild ha continuato a inviare messaggi drammatici: «Abbiamo bisogno degli eurobond per non far perdere competitività a tutta l’Europa – ha detto – Vanno allentate le regole di politica fiscale, altrimenti dovremo cancellare l’Europa e ciascuno farà le cose per proprio conto». Un’alternativa che non sussiste per l’Italia. Conte però ha un problema: il Mes in formato light è uno dei pilastri dei negoziati, insieme al modesto piano antidisoccupazione «Sure» da 100 miliardi e a uno stanziamento da 200 miliardi della Bei. È il Mes «scremato» a non convincere il governo, dopo che Conte lo ha proposto nei virgolettati riportati dal Financial Times del 19 marzo. Il 20 marzo ipotizzò anche la sua trasformazione in un «Coronavirus fund» ma «senza condizionalità». Fu l’inizio dell’epopea dei «coronabond» che, come l’araba fenice, sono risorti in una forma diversa. Sul tavolo resta la prima versione del Mes proposta da Conte sulla quale ci sarebbe una convergenza. Dall’altro lato si oppone il governo olandese. Per il ministro delle finanze Hoekstra le euro-obbligazioni creerebbero più problemi che soluzioni mentre Il Mes andrebbe usato per le spese mediche e poi vincolato a condizioni economiche più stringenti. Per i francesi si tratta di un veto «incomprensibile» che «non può durare». Per Parigi i compromessi vanno trovati in 24 ore. Non è chiaro cosa accadrà quando finirà la crisi sanitaria. Molto dipende dalle regole, per ora sospese e non certo cancellate, dell’austerità previste dal patto di stabilità gestito dalla commissione Ue. Un’altra incognita che riempie il vuoto progettuale in cui avanza la crisi in Europa.