Il conflitto tra l’esercito etiope e il Tigrayan People’s Liberation Forces (Tplf) procede senza cenni di distensione. La presa del capoluogo regionale Makallè viene considerata un obiettivo imprescindibile, così come l’arresto di quella che il premier etiope chiama la «cricca criminale del Tplf» derubricando il conflitto in atto come «operazione di polizia».

Tuttavia, seppure nel Tigray le connessioni telefoniche e Internet sono interrotte e l’accesso all’area è strettamente controllato, quello che filtra segnala a tutti gli effetti la dimensione di una guerra che non sarebbe più solo interna, ma coinvolgerebbe l’Eritrea e non come si ipotizzava nei primi giorni come un semplice hub logistico delle truppe etiopi. Infatti, secondo le testimonianze raccolte da Afp nella cittadina di Humera i missili che hanno bombardato la città arrivavano da nord (dall’Eritrea).

SECONDO ELSA CHYRUM, direttrice di Human Rights Concern – Eritrea (Hrce) sono presenti nel Tigray truppe eritree, un migliaio di soldati tra coscritti, fanteria e divisioni corazzate meccanizzate. Chyrum indica fonti affidabili in Eritrea – persone che hanno fratelli e sorelle nelle unità dell’esercito eritreo nel Tigray. Le unità di fanteria eritrea sarebbero costituite in gran parte da giovani reclute inesperte che, infatti, starebbero subendo pesanti perdite. Cosa confermata indirettamente dallo stesso governo del Tigray che sostiene di aver catturato molti soldati eritrei. Il dominio, come sempre, parte dai giovani, si serve dei giovani, manda al massacro i giovani.

SI PROFILA INOLTRE un’etnicizzazione del conflitto. Vengono ritirate fuori vecchie mappe che dimostrano che tutto il confine con il Sudan era territorio Amhara e poi nelle zone «liberate» dal Tplf ,come la cittadina di Humera, i funzionari pubblici che stanno reimpostando l’amministrazione verrebbero proprio dalla vicina regione Amhara. Anche la sicurezza sarebbe gestita dalle “forze speciali” in uniforme dell’Amhara. Tutti fatti che alimentano i timori di un’occupazione e fanno riemergere dispute decennali sulla terra tra tigrini e amharini.

Per i tigrini sembra profilarsi, secondo Alex de Waal di World Peace Foundation, la «terza woyane» (ribellione): la prima fu nel 1943 contro Haile Selassie, repressa dalla Royal Air Force britannica che bombardò Makallè dalla sua base in Yemen; la seconda fu l’insurrezione del 1975 contro la giunta militare del Derg, ma quella odierna «potrebbe essere la peggiore». Come hanno scritto i vescovi eritrei «una volta che una guerra è iniziata, nessuno può sapere quando e dove finisce».

SUL PIANO INFORMATIVO emerge il tema delle divise, il governo etiope accusa il Tplf di utilizzare uniformi simili a quelle dell’esercito eritreo per «dimostrare l’aggressione dell’Eritrea al Tigray». Il governo sostiene, inoltre, che tra i rifugiati fuggiti in Sudan, vi siano agenti del Tplf infiltrati per svolgere attività di disinformazione. Forse per questa ragione sono stati dispiegati militari dell’esercito etiope lungo il confine con il Sudan. Una presenza che sta bloccando il flusso di rifugiati (arrivati già quota 42.000) che cercano di attraversare il fiume Sittet a Hamdayit.

 

foto Ap

 

Il Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite riunitosi martedì si è concluso senza una dichiarazione perché alcuni Paesi avrebbero chiesto più tempo per consentire all’Unione africana di proseguire i suoi sforzi diplomatici. Ma intanto l’ultimatum è scaduto e il premier etiope Abyi Ahmed ha dato il via a quella che ha denominato «campagna finale di ripristino della legge».

SECONDO QUANTO RIFERITO dal premier migliaia di combattenti del Tigray si sarebbero arresi negli ultimi tre giorni. Ma dal Tplf negano defezioni.  Abiy ha anche affermato che sarà prestata grande attenzione per proteggere i civili: «Chiediamo alla gente di Makallè di lasciare le armi, di rimanere a casa e stare lontano dagli obiettivi militari, così da limitare i danni causati da una manciata di criminali. Verranno compiuti tutti gli sforzi per garantire che la città di Makallè, che è stata costruita grazie al duro lavoro della nostra gente, non venga gravemente danneggiata. Le nostre forze di difesa hanno ideato una strategia per assicurare alla giustizia la cricca criminale del Tplf senza danneggiare civili innocenti, siti del patrimonio, luoghi di culto, istituzioni di sviluppo e proprietà».

MAKALLÈ HA 500 MILA ABITANTI ed è densamente popolata. Human Rights Watch ha lanciato un appello al governo e al Tplf perché «evitino di mettere in pericolo i civili».

I tre mediatori individuati dall’Unione africana, gli ex presidenti Chissano del Mozambico, Sirleaf della Liberia e Motlanthe del Sudafrica sono arrivati nella capitale etiope Addis Abeba. Ma, al momento, possono solo discutere se sia meglio negoziare sulla vita e la morte intorno a un tavolo rotondo oppure a uno quadrato.