Espulsioni rapide dall’area Schengen di tutti i profughi senza permesso di soggiorno. Controllo sistematico delle utenze dei telefoni cellulari dei rifugiati, per evitare le identità multiple come nel caso dei terroristi di Berlino e Ansbach. Sorveglianza dei 1600 soggetti pericolosi da parte  dei servizi. E più che raddoppio del tempo massimo di detenzione preventiva: da 4 a 10 giorni.

Sono i cardini del progetto di legge scritto dal ministro dell’interno Thomas de Maizière (Cdu), approvato dal governo Merkel, e interpretato ieri in conferenza stampa.

«La politica dell’esecutivo tedesco ha sempre due facce: chi ha bisogno di protezione rimane da noi, gli altri devono lasciare prima possibile la Germania e l’area Schengen» riassume il responsabile della politica (anche elettorale) di sicurezza approvata dalla cancelliera Angela Merkel, assai preoccupata del calo di consenso nei sondaggi. Da qui l’ennesimo giro di vite; le nuove misure servono a «migliorare l’applicazione dell’obbligo di espatrio» secondo de Maizière.

Ma il provvedimento è tutt’altro che benvenuto. I ministri dei Land boicottano l’espulsione-veloce decisa a Berlino e plaudita quasi solo in Baviera, dove da ieri vige il divieto di indossare il velo integrale nei luoghi pubblici. Sabotaggio in piena regola: il presidente dello Schleswig-Holstein Torsten Albig (Spd) si oppone con tutti i mezzi che il federalismo gli consente. «Sono deluso dal governo. L’Afghanistan non è un Paese sicuro. Non si può fare».

E infatti a Kiel hanno già tirato il freno a mano: da una settimana tutte le procedure di espulsione di profughi verso Kabul sono sospese. Funziona così nella Bundesrepublik e «il punto mi infastisce perché fino a ieri eravamo d’accordo» replica stizzito de Maizière.
Identica disobbedienza viene praticata in altri Stati, tra cui la Turingia governata dalla coalizione rosso-rosso-verde, pronti a resistere al disegno di legge che recepisce l’accordo di riammissione con l’Afghanistan firmato dalla Germania a ottobre 2016. Le prime «deportazioni» collettive sono iniziate due mesi fa.

Ieri a Monaco è andato in scena comunque il rimpatrio di 50 afghani imbarcati all’aeroporto. È la terza espulsione di massa di richiedenti-asilo verso Kabul da dicembre 2016.

Ma «Il rimpatrio su piccola scala» predisposto da de Maizière non funziona davvero come dovrebbe, e in attesa degli effetti del progetto di legge approvato ieri da Cdu-Csu e Spd, Katja Kipping, leader della Linke richiama la maggioranza al rispetto delle norme, ricordando che «cellulari e computer rientrano nell’area sensibile della privacy». A Sinistra non ci stanno ad affidare ai funzionari del Bamf (ufficio federale immigrazione) il ruolo di poliziotti abilitati al sequestro di oggetti o dati personali.

«Brutalizzazione dell’espulsione» è la definizione dell’associazione Pro Asyl da sempre impegnata sul fronte dell’integrazione, e «una misura propagandistica in vista delle elezioni» federali del 22 settembre a sentire la galassia di Ong contrarie a una legge soprattutto inutile. «Già oggi si può detenere un arrestato fino a 18 mesi: quella del governo Merkel è solo tattica elettorale» spiega la volontaria in un centro-profughi a Berlino. Mentre de Maizière promette che i rimpatri volontari (55.000 nel 2016) rimangono la principale soluzione all’emergenza-profughi «ma per chi non accetterà l’incentivo al ritorno ora ci sono gli strumenti legali per la sua rimozione» è l’allegato del ministro Cdu.