Malgrado l’«accordo di pace» firmato ieri a Abuja tra i principali leader politici del paese (solo annunciata la presenza di Bill Clinton) per evitare ilo ripetersi delle violenze elettorali che nel 2008 provocarono un migliaio di morti, si aggrava il bilancio di sangue della campagna che conduce al voto di sabato 16 febbraio in Nigeria, quando 82 milioni di persone saranno chiamate ad eleggere un nuovo presidente e un nuovo parlamento per il gigante petrolifero del continente africano, la cui economia torna a crescere (+1,9 secondo i dati diffusi ieri) in sintonia con il prezzo del greggio.

Alle violenze diffuse e a tragedie come quella accaduta ieri a Port Harcourt, dove almeno 15 persone sono rimaste schiacciate nella calca esplosa durante una manifestazione del Congresso di tutti i progressisti (Apc), il partito che sostiene il presidente uscente Buhari, si aggiunge il numero ancora incerto delle vittime – da 3 a 10 a seconda delle fonti – causate da un attacco dei miliziani di Boko Haram, che nel nord est hanno rialzato la testa dopo i rovesci militari di un anno fa, al convoglio di Kashim Shettima, governatore dello stato del Borno e membro dell’Apc. Al partito di governo appartenevano anche le 5 persone uccise martedì a colpi di pistola nello stato del Delta.

A margine di tutto ciò, il Tribunale di buona condotta ha ratificato in senso “peggiorativo” la decisione con cui Buhari aveva sospeso il presidente della Corte suprema, Walter Onnoghen (cosa che a pochi giorni del voto aveva sollevato molte polemiche), ordinandone l’arresto per «parzialità» e illeciti finanziari.

Buhari, a caccia del suo secondo mandato, troverà nelle urne la concorrenza di una settantina di aspiranti nuovi presidenti. Ma gli analisti concordano nel ridurre la corsa a due e in parte nell’annunciare un testa a testa tra Buhari e Atiku Abubakar, ex vicepresidente e candidato del Partito popolare democratico (Pdp). Se al primo turno nessun candidato otterrà più del 50% si tornerà al voto il 2 marzo per il ballottaggio.