Nel cosiddetto Camerun anglofono le violenze non sembrano cedere il passo alla pace, anzi. Vi è stata un ulteriore escalation in prossimità delle elezioni senatoriali che si sono svolte lo scorso 25 marzo. Da quando è stata proclamata la Repubblica indipendente di Ambazonia (ottobre 2017) nelle regioni del sud-ovest e del nord-ovest, le forze di sicurezza hanno continuato a scontrarsi con i separatisti anglofoni spesso a spese dei civili.

L’arresto in Nigeria e la deportazione in Camerun di 47 separatisti il mese scorso, tra cui uno dei loro leader Sisiku Ayuk Tabe, è stata condannata dalle Nazioni Unite (perché i separatisti avevano chiesto asilo politico) e ha provocato una nuova ondata di violenza. Tuttavia, la Nigeria ha promesso di «intensificare» la sua cooperazione militare con il Camerun per stanare i ribelli dalle sue regioni di confine.

Intanto le forze di sicurezza del Camerun e i separatisti non hanno smesso di scontrarsi anche dopo il rimpasto di governo, avvenuto il 2 marzo, con cui il presidente Paul Biya (nella foto) ha cercato di accontentare la regione anglofona attraverso un maggiore decentramento dei poteri, ma ha nel contempo mantenuto la fermezza della scelta militare. Sono pertanto proseguiti gli episodi di violenza e i rapimenti da parte del gruppo Ambazonia Defence Force. Ma in questo ultimo mese sono cresciuti i gruppi armati separatisti: alle Tigri e alle Forze di Difesa si sono aggiunti Banso Resistance Army e Donga Mantung Liberation Force. Contemporaneamente sono continuati, nell’estremo nord, gli attacchi armati di Boko Haram.

I risultati delle elezioni senatoriali del 25 marzo saranno proclamati tra 15 giorni (100 membri eletti non a suffragio universale bensì dai 10.000 consiglieri comunali – 70 senatori e 30 nominati dal Presidente) ma appare scontata una vittoria per il partito di Biya, il Movimento democratico popolare camerunese. L’esperienza di questi ultimi mesi non sembra insegnare quasi nulla, anzi crea una sorta di assuefazione alla violenza.

In questo crogiuolo che trita destini c’è un’altra faccia, perlopiù inedita, che racconta un Paese che è anche luogo di integrazione di rifugiati. Infatti, il Camerun ospita quasi 350 mila rifugiati fuggiti dalla Nigeria e dalla Repubblica centrafricana.

È un processo iniziato nel 2014 quando sono arrivate a causa della guerra in Centrafrica almeno 250 mila persone, per la maggior parte ospitate dalla popolazione locale. In molti casi si tratta di amici, persone che si conoscevano come Abo del Camerun e Baba del Centrafrica che ricorda con tremore il giorno in cui fuggì dalla guerra insieme ai suoi figli e la gioia di trovare il suo amico Abo ad attenderlo oltre confine: bienvenue. I due mettono presto insieme (quasi dal nulla) una cooperativa grazie a un sostegno della Fao e di Unhcr per acquistare 500 pulcini e successivamente aprono anche un negozio di alimentari nel piccolo villaggio di Nyabodan. È uno dei risultati positivi dei progetti di inclusione sociale portati avanti da Unhcr e dai suoi partner.

Una sfida che resta molto complessa, perché le regioni del Camerun che ospitano rifugiati sono anche le più povere del paese e le loro popolazioni sono vulnerabili quanto i rifugiati e inoltre, come spiega Johannes Zech, incaricato di Unhcr, gli aiuti sono in diminuzione.