Vasco Errani lascia. Il commissario alla ricostruzione del terremoto del centro Italia ha deciso di abbandonare il proprio ruolo: la comunicazione ufficiale arriverà domani, durante la conferenza stampa convocata da palazzo Chigi per fare il punto della situazione a un anno dal sisma che il 24 agosto 2016 ha distrutto Amatrice, Arquata del Tronto e Accumoli, lasciando 300 morti dietro di sé.

Da qualche mese il commissario Errani era scomparso dai radar: poche apparizioni pubbliche, dichiarazioni rilasciate col contagocce, molta prudenza e un ruolo sostanzialmente di secondo piano nella gestione di uno stato di emergenza prorogato fino al prossimo febbraio. In parte si tratta delle annunciate ripercussioni della scissione del Pd: lo scorso febbraio Errani annunciò di essere uscito dal partito e di aver aderito al bersaniano Mdp. La faccenda venne suggellata dalla diffusione di un audio clandestino in cui il commissario si sfogava a porte chiuse, davanti ai sindaci: «Siamo indietro su macerie, casette e stalle, che non sono miei compiti». Ovviamente il legame tra le due vicende fu escluso da tutti, ma era chiaro che qualcosa si fosse rotto.

La sua nomina risale al primo settembre di un anno fa, fu voluta dall’allora presidente del consiglio Matteo Renzi e – malgrado le frasi di rito sulla grande esperienza e sull’indubitabile capacità amministrativa dell’uomo che aveva gestito il sisma emiliano del 2012 – venne letta come manovra per cercare di non rompere con quel pezzo di Pd che avrebbe votato No al referendum costituzionale e poi se ne sarebbe andato sbattendo la porta alla vigilia del congresso del partito. Errani era e rimane un fedelissimo di Bersani, naturale che l’abbia seguito quando si arrivò alla scissione.

Così, nei suoi mesi da commissario, l’ex presidente della regione Emilia Romagna si è trovato in mezzo a un palco già affollato da troppi attori: il governo, la protezione civile, quattro regioni, ciascuno con competenze molto simili, una dispersione di responsabilità che è una delle cause principali degli enormi ritardi nella fase post-sisma. Infatti, nei piani del governo, Errani non verrà sostituito e le sue mansioni verranno spartite tra i governatori di Lazio, Marche, Umbria e Abruzzo: resta il dubbio sulla sua effettiva utilità durante quest’anno di lavoro.
L’addio del commissario arriva a pochi giorni da un altro forfait: quello del capo della protezione civile Fabrizio Curcio, che ha mollato tutto per «motivi personali» ed è stato subito sostituito da Angelo Borrelli. Un cambio della guardia arrivato senza grandi scossoni né rimpianti.

Per Errani la faccenda è diversa: nessun commento, per ora, ma anche nessun motivo personale a cui aggrapparsi. La verità sta nell’incrocio tra due eventi prossimi venturi: le elezioni politiche e la scadenza del suo mandato, fissata per settembre. Perché, in fondo, lui l’aveva sempre detto di aver accettato l’incarico di commissario soltanto «a tempo determinato» e infatti dagli ambienti vicini al Pd non mancano di sottolineare che, comunque, il suo incarico era ormai agli sgoccioli.

I sindaci dei comuni del cratere, comunque, sembrano schierati in blocco col commissario. «Se è una decisione sua, spero che ci ripensi – commenta il sindaco di Arquata Aleandro Petrucci -, se invece è una scelta del governo, che ci pensino due volte».

L’aria che si respira, per il resto, intorno alla gestione dell’emergenza, è pesante: i ritardi in tutti i settori stanno irritando sempre di più le popolazioni colpite dal terremoto e così Errani, che al di là di tutto un certo fiuto politico l’ha sempre avuto, si tira indietro anche per evitare di diventare un capro espiatorio. In certe situazioni è meglio congedarsi che farsi congedare e, dovesse partire la girandola di accuse e contro accuse tra le varie istituzioni coinvolte, lui avrà le mani libere e molto da raccontare su quello che non ha funzionato. Infine, certo, c’è anche la campagna elettorale: Errani avrà un posto in lista con Mdp, il suo addio, in fondo, è soltanto l’ennesimo atto della guerra tra dem ed ex dem.