Sull’ergastolo ostativo la parola fine non è ancora detta, ma bisognerà aspettare l’8 marzo per sapere se le nuove norme del governo Meloni inserite nel decreto rave, convertito in legge il 30 dicembre 2022, saranno considerate dalla Corte di Cassazione finalmente scevre da dubbi di costituzionalità, come furono invece le precedenti. Gli ermellini del Palazzaccio infatti avrebbero dovuto pronunciarsi di nuovo oggi, alla luce della nuova legge, sul caso del detenuto di mafia Salvatore Pezzino, recluso dal 1984 ma non collaborante con la giustizia e perciò recluso a vita con regime ostativo.

Caso che arrivò in Cassazione dopo che per due volte (nel 2013 e nel 2019) il Tribunale di sorveglianza de L’Aquila aveva negato a Pezzino la liberazione condizionale perché non pentito. Rinviati allora gli atti alla Consulta, i giudici costituzionalisti avevano dato un anno di tempo al legislatore (poi prorogato di altri sei mesi) per adeguare alla Carta le norme dell’articolo 4 bis dell’ordinamento penitenziario che regola l’ergastolo ostativo, laddove preclude a priori ai detenuti non pentiti di accedere ai benefici di legge.

Secondo la difesa (e non solo) la norma “riformata” è altrettanto lontana dai diritti costituzionali. La procura ha ripresentato lo stesso parere – contrario ai benefici – di due anni fa. Ma per sapere se la Cassazione deciderà nel merito sul caso o invece rinvierà di nuovo gli atti alla Consulta bisognerà attendere un mese e mezzo.