Con l’avvio della roadmap, scattata dopo la deposizione dell’ex presidente Mohammed Morsi, e che dovrebbe chiudersi con elezioni parlamentari in seguito alle presidenziali, previste il 26 e 27 maggio, i governi ad interim di Hazem Beblawi prima e Ibrahim Mahleb poi si sono presentati come esecutivi social-democratici. Non solo, la stampa ha definito «candidato di sinistra» l’unico rivale dell’ex generale Abdel Fattah Sisi, il nasserista Hamdin Sabbahi.

Questo tentativo di contrapporre programmi definiti di «sinistra» alle politiche neoliberiste, promosse nell’anno al potere (2012-2013) dai Fratelli musulmani, è contraddetto sia dalle scelte in politica economica degli esecutivi ad interim sia dalla formazione «riformista» dell’unico candidato delle opposizioni. Non solo, l’uso strumentale dell’etichetta di «sinistra» nasconde anche l’estrema frammentazione dei movimenti progressisti egiziani in vista del voto.

Per il boicottaggio delle presidenziali si sono espressi Egitto Forte, guidato dall’islamista moderato Moneim Abul Fotuh, candidato alle presidenziali del 2012, fuoriuscito dalla Fratellanza nel 2011 e vicino ai giovani islamisti de la Corrente egiziana (Tyar Marsi). Pur criticando duramente l’intervento dei militari in politica, il movimento, che si definisce di «centro-sinistra», ha preferito optare per la ricerca politica piuttosto che per un diretto impegno elettorale. Nella campagna per il referendum costituzionale del 14 gennaio 2014, tre sostenitori di Egitto Forte sono stati arrestati e condannati dai due ai tre anni per aver promosso assembramenti, fuori dai seggi elettorali, per il «no» alla Costituzione.

Non appoggeranno né il sindacalista Sabbahi né l’ex generale Sisi, neppure i comunisti di Khaled Ali. L’ex candidato alle presidenziali del 2012 e potenziale rivale di Sisi nella tornata del 2014, prima del suo ritiro, annunciato nel marzo scorso, definì il voto in Egitto una «farsa».

A sostenere Hamdin Sabbahi, si annoverano invece tre partiti della frammentata «sinistra» egiziana. Prima di tutto, Corrente popolare (Tyar shaabi), movimento nato a sostegno della candidatura di Sabbahi alle presidenziali del giugno 2012, quando ottenne a sorpresa il terzo posto dopo l’islamista Mohammed Morsi e il nazionalista Ahmed Shafiq. Pur opponendosi a un ritorno in politica dei Fratelli musulmani, il partito – parte del Fronte di salvezza nazionale, maggior gruppo di opposizione laico, socialista e liberale, sfaldatosi dopo il referendum costituzionale del gennaio 2014 – ha promesso la cancellazione della legge anti-proteste che ha messo alla sbarra i più noti attivisti dei movimenti giovanili, e, in caso di vittoria, uno «stato più progressista».

Con Sabbahi, si è schierato anche il partito dell’Alleanza socialista popolare (Tahluf shaabi al-Ishtiraki) di Abdel Gaffar Chokry, che, pur criticando il massacro di Rabaa al Adaweya dell’agosto 2013, si è opposto alle scelte dell’ex presidente Morsi. Anche il partito dei Socialisti rivoluzionari, gui­dato da Hos­sam el Hama­lawy, si è espresso a sorpresa per il voto al candidato nas­se­ri­sta. In un docu­mento, il movi­mento vicino ai lavo­ra­tori, pur ammet­tendo la for­ma­zione «rifor­mi­sta» dell’unico rivale di Sisi, ha annun­ciato che pun­terà su un voto di «pro­te­sta» piut­to­sto che dare il via libera al lea­der della «contro-rivoluzione».

Questo gruppo, insieme ad alcuni sostenitori del movimento nato dagli scioperi del 2008 6 aprile, messo al bando con l’accusa di finanziamenti illegali dall’estero, e alcuni movimenti di resistenza studentesca hanno fondato la campagna anti-Sisi «Contro di te» (Dedak). Il movimento ha solidarizzato con la Fratellanza dopo il massacro di Rabaa al Adaweya dell’agosto scorso, stigmatizzando l’uso eccessivo della violenza da parte dei militari.
Ad appoggiare, invece l’ex ministro della Difesa egiziana, tra i movimenti percepiti come progressisti, insieme ai salafiti del partito al Nour, all’ex diplomatico Amr Moussa e ai liberali di Wafd e Egiziani liberi del magnate Naguib Sawiris, ci sarà un partito storico della «sinistra», cooptato dal regime di Gamal Abdel Nasser prima e Hosni Mubarak poi: l’Unione progressista (Tagammu).

Infine, sebbene il partito Social-democratico egiziano (Esdp), che vanta tra le sue fila l’ex premier Beblawi, si sia espresso per il boicottaggio del voto, 31 alti esponenti sono fuoriusciti dal gruppo per entrare tra le fila del movimento di Sawiris e sostenere la candidatura di Sisi.