Nelle elezioni di oggi la sinistra spagnola si gioca tutto. Con la repentina decisione di Pedro Sánchez di convocare elezioni anticipate subito dopo i risultati poco edificanti delle elezioni amministrative, il presidente del primo governo di coalizione spagnolo aveva fatto una scommessa abile e rischiosa. Sapeva bene che lasciare il tempo alla destra per riorganizzarsi e martellare gli spagnoli con la litania antisanchista fino alla data reale delle elezioni (a dicembre) sarebbe stato controproducente. E allo stesso tempo ha avuto l’intuizione di vedere che tutto sommato i socialisti, in termini assoluti, non avevano perso molti voti, mentre alla sua sinistra si stavano dissanguando in una guerra intestina Sumar, il movimento guidato dalla vicepresidente del governo e ministra del lavoro Yolanda Díaz, e Unidas Podemos, che alla fine ha ceduto e si è integrato nella piattaforma che ingloba al suo interno partiti come Izquierda Unida, i Comuns di Ada Colau, i verdi, i valenziani di Compromís, Más Madrid di Ínigo Errejón e molti altri.

Il test delle urne di oggi è fondamentale, e sarà un riferimento per la malmessa sinistra di tutto il continente, per due motivi. Il primo, più importante, per capire se la forza di un’azione di governo che ha dato risposte diverse e più sociali, oltre che complessivamente efficaci, alla crisi mondiale rispetto alla crisi di 10 anni fa riesce imporsi alla narrazione catastrofica delle destre, che invece di proporre una ricetta alternativa dichiarano di voler distruggere tutte le iniziative dal governo rosso-viola.

Il secondo motivo è che è un test per il blocco delle sinistre. Prima d’ora, nessuno era stato capace di trovare una formula efficace perché si riuscisse a correre tutti insieme nella stessa lista. Nel suo momento di maggiore successo, Podemos era riuscito ad arrivare ad accordi con altre forze di sinistra che localmente sono molto forti, ma non era mai riuscito a trasmettere la sensazione di unità che Yolanda Díaz irradia in ogni comizio. Se riuscisse a agglutinare il voto di sinistra e ottenere risultati migliori non solo delle amministrative di maggio, ma anche di Unidas Podemos, si imporrà come una leader autorevole. E riuscirà a far dimenticare lo scontro frontale con la leadership di Podemos quando decise di non presentare nelle sue liste la ministra dell’uguaglianza Irene Montero, che ha lottato tutta la legislatura per imporre un’agenda femminista e Lgbt ed è riuscita a portare a casa alcune fra le leggi più significative: la legge che permette l’autodeterminazione delle persone trans, la legge sull’aborto e sui dolori mestruali, la legge sullo stupro del «solo sì è sì» e l’abbassamento dell’Iva sui prodotti di igiene femminili.

La sfida, soprattutto, è sfilare il terzo posto a Vox. In questo scenario è più probabile che la somma dei voti di Psoe e Sumar superi quella di Pp e Vox, e i giochi si aprirebbero. In questo panorama tornerebbero a giocare un ruolo chiave i partiti di sinistra di ambito più regionale che hanno appoggiato in parlamento il governo in questa legislatura: i catalani di Esquerra Republicana, i baschi di Eh Bildu o sempre i baschi moderati del Pnv.

La speranza dei socialisti, più che del sorpasso con il Pp, improbabile, è di mantenere i voti attuali, e che Sumar si rafforzi. Sánchez e i suoi credono, a torto o a ragione, che Yolanda Díaz sarà un’alleata meno belligerante di Pablo Iglesias. E in ogni caso, anche questa è una novità nella scena politica iberica, per la prima volta nell’ultimo dibattito elettorale (in cui il Pp non si è presentato), Díaz e Sánchez hanno fatto mostra di essere un tandem e hanno chiarito che vogliono governare assieme. Questo non è abituale nella politica spagnola e ha dato un segnale di forza alla sinistra.

Il clima di molto moderato ottimismo è stato rafforzato dalla settimana horribilis del Pp, il cui leader è inciampato nelle sue bugie sul suo fosco passato assieme a un noto contrabbandiere e sulle sue battute maschiliste sul trucco e sui vestiti di Díaz, assieme al timore di una società, fondamentalmente di sinistra e laica, di poter finire governata da un esecutivo marcato dalle politiche fasciste di Vox. Il fattore chiave è l’astensionismo: se vota più del 70% degli spagnoli, la vittoria della sinistra potrebbe diventare una realtà.