Elettra Deiana, ricordarla non può definirsi un esercizio di memoria. Perché per tutti noi che l’abbiamo conosciuta e amata, Elettra è ancora presente alla mente come per tanti anni è stata l’incessante e indimenticabile esserci di un’intelligenza ironica e sagace, mai arresa alle gerarchie e sempre pronta a scacciare ogni conservatorismo.

Avremo occasione nei prossimi mesi di tornare sulle sue riflessioni, perché saranno tante, a partire da Sinistra Italiana, le comunità che vorranno organizzare momenti per una rilettura collettiva.

Oggi però è giusto ricordare come per Elettra la politica sia stata l’arte dello stare nel mondo per stabilire nuove e diverse relazioni: tra la superficie dei fatti e le forze che nel profondo li determinano, come nei tanti scritti e interventi sulla crisi della democrazia o sull’ipocrisia della guerra e delle dottrine che tornano a giustificarla, o come nelle relazioni tra donne, e tra il maschile e il femminile, per agire quel conflitto femminista indispensabile alla liberazione e quindi alla libertà di ognuno e ognuna. E relazione imprescindibile per Elettra era anche quella tra il dentro, il partito e l’organizzazione politica, e il fuori, la società, che scrutava mai sazia, perennemente in polemica con quanti alle assemblee manifestavano la pretesa di indicare la strada dando mostra di non aver nemmeno cercato di conoscere il paesaggio. Lo stesso in cui Elettra, che considerava la sconfitta storica della sinistra dopo l’89 qualcosa di ben diverso da un disorientamento transitorio, invece cercava. Non la strada maestra ma un movimento sotto la superficie, un sentiero o passaggio attraverso il quale riprendere quel cammino trasformativo e generativo cui lei e tanti della sua generazione hanno dedicato la vita intera.

L’ultima volta che ci parlai a lungo fu il giorno che l’accompagnai in auto al campeggio dei giovani di Sinistra Italiana, nell’agosto del 2021. Un’ora e mezza insieme, andata e ritorno. Parlammo di tutto, ma lei aveva sopratutto voglia di parlare del suo passato. La storia della sua famiglia, la Sardegna, il rapporto con il padre e con la madre, la militanza comunista da giovane nei movimenti rivoluzionari e femministi a Roma e Milano, poi Rifondazione Comunista e l’elezione alla Camera dei Deputati con il suo impegno pacifista e sui temi della politica estera. Ridemmo insieme di quella volta che a Genova fu manganellata nella piazza ‘moderatissima’ delle donne, con quelle mani alzate dipinte di bianco che non servirono a convincere la polizia della non pericolosità delle manifestanti. Ne era ancora scandalizzata. E ancora ricordo quanti sorrisi mi strapparono le sue battute taglienti sui ‘maschi’ del partito, mentre ripercorreva disordinata quella lunga sequela di riunioni e congressi a cui anch’io avevo partecipato.

Avevo già capito che non stava bene, ma non smetteva di incantarmi la tenacia del suo spirito di cambiamento e la forza del suo pensiero critico. La libertà per Elettra passava dal conflitto femminista e da quello sociale, e per una piccola parte anche da quella mano che ricordo spesso alzata per chiedere la parola e fare spazio, sempre e comunque, al suo punto di vista, a quello delle donne e in tante occasioni anche a quello di noi più giovani.

Ecco, forse tra le tante cose che Elettra ci ha donato nella sua lunga e piena vita, per me la più importante è stata insegnarci a non avere paura di rompere le liturgie e sembrare fuori luogo. E anche se a ben pensarci forse non ho ancora imparato a combattere un certo mio naturale istinto per alcune forme di disciplina, ancora oggi, ogni volta che sento il bisogno di far deragliare altrove l’andamento di una noiosa riunione, penso alla sua mano alzata e quella mano mi fa compagnia e coraggio. Sono certa di non essere l’unica.

Grazie Elettra, ti abbiamo voluto bene e non ti dimenticheremo.

*Deputata Avs, Segreteria Nazionale Sinistra Italiana