Incarcerati, a petto nudo, ammassati e senza mascherine. Sono le immagini uscite dalle carceri del Salvador per iniziativa della stessa presidenza della Repubblica a seguito dell’autorizzazione, da parte del presidente Bukele, all’uso della forza letale contro le “maras”, le bande criminali locali. Lo Stato garantirà la difesa legale ai militari e agenti di polizia. Per le carceri il progetto prevede che le celle siano sigillate e che all’interno siano mescolati membri di gang rivali.

NEGLI ULTIMI MESI Bukele rivendicava il calo generalizzato della violenza. Ma negli ultimi giorni questa sarebbe riesplosa e ciò giustificherebbe la risoluta azione presidenziale, volta a proteggere «il lavoro che stiamo facendo per proteggere la vita dei salvadoregni».

Difficile capire il perché, ora, della violenza urbana attribuita alle maras, visto che meno di un mese fa le tre principali pandillas del paese, ovvero la Mara Salvatrucha-13 e le due fazioni del Barrio 18, avevano, più o meno nelle stesse ore, «indicato di rispettare le disposizione anti Covid 19 disposte dal governo»e quindi promesso di contenere la loro azioni nel contesto della pandemia», come fa notare Paolo Jacob, cooperante italiano nel paese.

MA VENERDÌ 24 APRILE quell’equilibrio traballante è stato rotto e in El Salvador si sono contati 23 omicidi in 24 ore. Il giorno successivo, sabato, si è chiuso con 13 morti; domenica con 24 e lunedì 14.

È una dinamica che in piccolo, ricorda l’inizio della mal chiamata «guerra alla droga» messicana, quando all’improvviso i gruppi di trafficanti di droga iniziarono a farsi la guerra a suon di morti e questo portò a giustificare la militarizzazione del paese, con i risultati che tutto il mondo conosce.

Il falso conflitto messicano animato da relazioni tra politica e gruppi criminali, come l’inchiesta su Garcia Luna dimostra potrebbe essere un buon esempio visto che indiscrezioni giornalistiche raccontano di legami e accordi intercorsi tra le maras e Bukele.

LA PANDEMIA COVID-19 nel paese non è particolarmente grave ma sta diventando lo scenario dello scontro tra poteri. Certo il coronavirus ha accelerato lo scontro tra Bukele e l’Assemblea legislativa, e quindi con i partiti Arena e Fronte Farabundo Martí per la Liberazione nazionale (Fmln), prima in merito alle misure di contenimento volute dal presidente e (condannate anche dagli osservatori dei diritti umani, che prevedono l’incarcerazione diretta di chi viola le regole, poi in merito ai finanziamenti milionari per il contrasto alle maras.
E proprio sul finanziamento del progetto di controllo territoriale contro le bande criminali già a inizio 2020 si consumò lo scontro tra presidente e Assemblea legislativa, con Bukele a chiedere all’esercito di accompagnare una riunione straordinaria boicottata dai parlamentari di Arena e Fmln.

MA «BUKELE È UNO dei presidenti che ha il tasso di consenso più alto in America Latina, si parla di circa l’80% – aggiunge Jacob -. Oggi il paese tratta una misura da 1 miliardo di dollari per gestire la pandemia Covid-19. Un affare enorme che scalda gli interessi di molti. Il conflitto Bukele-maras potrebbe esserne parte integrante».