«La moglie del presidente Mohamed Lotfy, responsabile delle associazioni che seguono le indagini su Giulio, è stata arrestata con l’accusa di terrorismo subito dopo una telefonata con Alessandra Ballerini, legale della nostra famiglia».

Lo hanno denunciato ieri sera i coniugi Regeni nel corso di un incontro al Salone del Libro di Torino diffondendo la notizia data attraverso facebook dalla Ecrf, la ong egiziana cui appartengono i consulenti della famiglia del ricercatore friulano.

La Ecrf nel post-denuncia, pur non specificando il tipo di accuse, ha raccontato che «alle 2:30 della scorsa notte la sicurezza egiziana ha fatto irruzione» nell’abitazione di Lotfy «e ha fermato lui con la moglie» e il «figlio di tre anni».

Dal testo diffuso si desume che ad essere rimasta in carcere è stata però solo la donna: «Ecrf condanna fortemente la detenzione della moglie del proprio direttore esecutivo e ne chiede l’immediato rilascio».

I coniugi egiziani «sono stati messi sotto grande pressione, la casa perquisita, i telefoni cellulari sequestrati ed è stato negato loro il diritto di comunicare con un avvocato», sostiene l’ong aggiungendo che è «la settima volta» che la Ecrf «patisce intimidazioni e persecuzioni» da parte della Sicurezza. Nel confermare che «la moglie del direttore resta in custodia» cautelare, il post sottolinea che Ecrf «lavora per documentare casi» di «torture in prigione, sparizioni forzate» e «il direttore del board è consulente legale della famiglia Regeni».

La ong definisce «vergognoso» che questo trattamento sia stato riservato al proprio dirigente «una settimana prima della visita tecnica italiana in Egitto che punta ad analizzare il contenuto delle videocamere di stazioni della metro» del Cairo. Il riferimento è alla delegazione italiana, guidata dal sostituto procuratore Sergio Colaiocco, che come annunciato lunedì scorso sarà al Cairo martedì 15.

Il sito d’informazione governativo Al Ahram sostiene che la donna, componente del «Movimento del 6 aprile» e dell’Ecrf, ha pubblicato un video sulla propria pagina Facebook in cui «ha insultato tutto ciò che porta il nome dell’Egitto»: c’è «un’insolenza e una sordidezza punite dalla legge e fa allusioni e affermazioni che rappresentano un oltraggio all’Egitto e alle sue istituzioni», spiega il giornale.

Il «6 aprile», nato come movimento opposizione anti-Mubarak, come noto è entrato poi in rotta di collisione anche con il presidente Abdel Fattah Al Sisi.

Al Ahram sostiene che il movimento, con la diffusione di video come questo, «cerca di provocare l’opinione pubblica e istigarla ancora una volta con lo Stato» seguendo «piani che mirano a provocare il caos».