A più di due mesi dai primi casi registrati in Italia, il Ministero della Salute nella serata di martedì ha emanato una circolare che delinea la strategia del governo contro l’epidemia di vaiolo delle scimmie. Dall’inizio della pandemia, sono stati registrati 25 mila casi in oltre 80 Paesi, che hanno spinto l’Oms a classificare l’epidemia tra le «emergenze di salute pubblica internazionale». Quasi tutti i casi si riferiscono a Paesi in cui la presenza del virus era stata finora sporadica, in primo luogo Europa e Stati Uniti. Negli ultimi giorni sono stati registrati i primi casi mortali in India, Spagna e Brasile. Ma il quadro soffre di una distorsione prospettica che relega sullo sfondo i popolosi Paesi dell’Africa centrale, e in particolare Nigeria e Congo in cui la malattia è endemica. In questa regione i casi ufficiali ammontano poco più di un migliaio ma l’elevato numero di morti sospette (75 solo nel 2022) e la scarsa presenza di strutture sanitarie suggeriscono che il focolaio africano sia molto più ampio.

In Italia finora i casi positivi sono stati 505, nessuno dei quali letale. La circolare emanata dal Ministero specifica quali sintomi caratterizzino i casi «sospetti»: oltre alle classiche pustole, «mal di testa, insorgenza acuta di febbre (>38,5°C), linfoadenopatia, mialgia, mal di schiena, astenia». Nel 97% dei casi l’incubazione dura 21 giorni. La buona notizia è che il contagio, per quanto se ne sa, avviene solo da persone che hanno già sviluppato i sintomi e dura fino alla scomparsa delle lesioni cutanee. Questo facilita il tracciamento dei contatti a rischio rispetto al coronavirus, trasmesso anche da persone asintomatiche che dunque non prendono particolari precauzioni.

Per i casi confermati non ci sono terapie consolidate. Un farmaco antivirale, il Tecovirimat, è autorizzato dall’Agenzia europea del farmaco (Ema) «in circostanze eccezionali». La maggior parte dei dati a suo supporto provengono da studi effettuati su macachi e non da trial clinici randomizzati, in cui il farmaco è somministrato a un gruppo di pazienti da confrontare con un altro simile che riceve un placebo. L’adozione di questo farmaco, scrive il Ministero, «può essere presa in considerazione nell’ambito di protocolli di uso sperimentale o compassionevole, in particolare per coloro che presentano sintomi gravi o che possono essere a rischio di scarsi risultati, come le persone immunodepresse».

Sempre in «circostanze eccezionali» è stato autorizzato il vaccino anti-vaiolo Imvanex a virus attenuato, vivo ma incapace di replicarsi, prodotto dalla Bavarian Nordic. La maggioranza della comunità scientifica ritiene che esso sia efficace anche contro il vaiolo delle scimmie, visto che si tratta di due patogeni molto simili. Ma per ora gli studi lo hanno confermato solo in «primati non umani». Come per il farmaco, anche il vaccino sarà sottoposto a studi sul campo per l’attuale epidemia che ne valutino l’efficacia reale.

L’Italia ha acquistato 16 mila dosi del vaccino. Il Ministero annuncia una «successiva pubblicazione» in cui descriverne l’uso. Ma le incertezze sono poche.

Fonti dell’Agenzia italiana del farmaco hanno confermato al manifesto che «non sarà avviata alcuna vaccinazione di massa ma si procederà a “anello”», come raccomandato dall’Oms. Si immunizzeranno cioè solo i contatti stretti dei casi, nell’ipotesi che il vaccino assunto entro i primi quattro giorni dall’esposizione al virus prevenga l’insorgenza della malattia, e gli operatori sanitari a rischio. Per il vaiolo delle scimmie, si considerano contatti stretti partner sessuali, familiari, operatori prolungati e chi abbia condiviso lo stesso spazio chiuso per un tempo prolungato (ore) senza mascherina. «In specifici contesti ambientali ed epidemiologici, sulla base delle valutazioni delle autorità sanitarie», recita la circolare, per questi casi potrà essere disposta anche la quarantena.