Cuba ha un nuovo presidente che per la prima volta non porta il cognome storico dei Castro. Seppur attesa e annunciata da tempo, la candidatura ufficiale a capo dello Stato e del governo di Miguel Díaz Canel fatta in diretta tv ha suscitato nell’Assemblea nazionale del Poder popular riunita ieri nel Palazzo delle Convenzioni una forte ed evidente emozione. Si tratta di un «evento storico» voluto dallo stesso Raúl Castro che ha deciso di non ricandidarsi per lasciare il posto a «un rinnovamento generazionale».

Lo stesso presidente – in completo blu – appariva raggiante ieri mentre applaudiva, rivolto alla sua sinistra, al «giovane» candidato alla successione, in completo grigio, emozionato e un po’ rigido di fronte al «compito storico» che gli compete. È stato proprio Raúl infatti a sceglierlo e a portarlo nel 2012 alla vicepresidenza. E sarà lui, che manterrà prevedibilmente fino al 2021 la carica di primo segretario del Pc cubano – oltre che la leadership delle Forze armate rivoluzionarie -, a fornire l’ombrello protettivo al nuovo presidente per i tremendi compiti che gli stanno di fronte.

«Il nuovo presidente dovrà crearsi un nuovo consenso politico. Non ne erediterà uno», sostiene Rafael Hernández, direttore della rivista Temas riferendosi al fatto che, pur apparendo da anni in tv, il nuovo capo di stato ha, per così dire, brillato di luce riflessa. L’essere «giovane», un quadro cresciuto nella Rivoluzione e con una immagine non ingessata, viene pagato dalla mancanza di carisma di chi la Rivoluzione non l’ha fatta. Per questo avrà bisogno dell’appoggio della «vecchia guardia».

Non solo, dovrà iniziare a lavorare in squadra con altri personaggi emergenti della sua generazione: la segretaria del partito dell’Avana, Mercedes López Acea, il ministro degli Esteri, Bruno Rodriguez, che avrà il compito di affrontare la politica sempre più aggressiva del presidente statunitense Donald Trump; lo «zar» dell’economia Murillo che dovrà affrontare i temi più attesi dalla popolazione: una crescita economica che elevi i salari, l’eliminazione della doppia moneta, il problema delle abitazioni, la conferma del ruolo strategico dei piccoli imprenditori i e degli investimenti privati.

«Il rinnovamento generazionale della classe dirigente è uno degli obiettivi che si è proposto Raúl Castro», sostiene lo storico e saggista Rafael Rojas. Solo in questo modo il nuovo presidente potrà superare la debolezza che gli deriva dal non detenere, oltre al potere istituzionale, la segreteria del Pc. Il sistema politico costruito dai due fratelli Castro prevede infatti che la massima autorità abbia tutte le redini del paese saldamente nelle sue mani.

In più, rispetto a Fidel, Raúl aveva – e continuerà ad avere – anche la leadership delle Forze armate rivoluzionarie che controllano quasi il 70% dell’economia dell’isola. «Mentre Raúl resta in vita non mancherà al nuovo presidente la lealtà dell’esercito e del partito», sostiene Rojas.

Pedro Campos, ex diplomatico e analista, ritiene invece che vi potranno essere problemi con la burocrazia del partito-stato, se vorrà accelerare le riforme economico-sociali previste dai ’Lineamenti’ approvati sette anni fa ma ancora in gran parte incompiute.

«Nonostante lo vediamo spesso, in realtà non lo conosciamo. Non sappiamo se sia in grado o meno di sostituire la vecchia guardia, che ha fatto la rivoluzione e che ha assicurato la sovranità e l’indipendenza dell’isola. Inoltre l’economia non va bene. Quelli come me hanno sempre più difficoltà ad arrivare alla fine del mese. Più che parole, comunque, chiediamo fatti al nuovo presidente», afferma Yudaisi, professoressa delle superiori.

Chi punta sul nuovo leader è Harold Cárdenas, ex professore di marxismo all’università di Matanzas e creatore di un blog la Joven Cuba che ospitava interventi di militanti critici nei confronti di alcune scelte del governo. Furono accusati di sinistrismo e il blog si trovò in pericolo. Fu Díaz Canel a riunirsi con i blogger, a sentire le loro ragioni e a appoggiarli, convinto che la nuova generazione, quella nata dopo la Rivoluzione, seppur critica «darà continuità al processo rivoluzionario cubano».

«Díaz-Canel – ci dice Harold Cárdenas – da anni occupa una posizione scomoda, nessuno della nostra generazione è riuscito ad arrivare al suo livello. Però è molto più comunicativo dell’immagine ufficiale. E più aperto».