Eccone un altro. Il ministro dell’interno Piantedosi ha avuto un’idea. Per festeggiare il prossimo 25 aprile, 78esimo anniversario della Liberazione dal nazifascismo, andrà a Castelvetrano, in provincia di Trapani, a ricordare la strage di mafia di Capaci. Per carità, la memoria di Giovanni Falcone e delle altre vittime di Cosa nostra va sempre coltivata, però a questo punto ci domandiamo perché quando hanno arrestato Messina Denaro il ministro si è precipitato a Palermo, e non a Marzabotto. L’idea di Piantedosi non è neanche originale. Prima di lui un altro ministro dell’interno, un certo Salvini che certamente ricorderà perché gli faceva da capo di gabinetto, il 25 aprile del 2019 scelse di andarsene in Sicilia. Precisamente a Monreale perché, disse, «è ora di uscire dal vecchio dibattito fascisti, comunisti. La liberazione che ci serve è quella dalla mafia». Per uscire, il giorno della Liberazione andò a fare un barbecue e un comizio. A Monreale la settimana dopo si votava e la Lega aveva un candidato sindaco.

Che fare il 25 aprile per tenersi lontani da una festa che non sopportano è da sempre un problemone per tutti i politici di destra che non si riconoscono nell’antifascismo, cioè quasi tutti. Cominciano a pensarci anni prima, come prova l’intervista di La Russa a Libero del 26 aprile 2022 in cui solennemente proclamava «Ci siamo liberati dalla Liberazione». L’anno scorso, confessò, stava già rievocando «eroi alla Jan Palach, lo studente che si diede fuoco per scuotere le coscienze contro il regime di Mosca». Rievoca rievoca, quest’anno se ne andrà a Praga essendo già andato, nel 2009 da ministro della difesa, a rendere omaggio ai caduti della Repubblica sociale e ai partigiani con identico mazzo di fiori perché «a torto o a ragione avevano tutti un ideale». Qualcosa bisogna pur fare quando si ha una carica istituzionale, la festa non essendo stata abolita, come propose il La Russa fratello (quello a cui scappa il saluto romano) nel 2009 e neanche sostituita da una data per ricordare i morti di Covid, come propose proprio lui, Ignazio, nel 2020.

Meglio di lui, da presidente della camera, riuscì a fare Fini, che il 25 aprile del 2011 volò ad Herat a far visita, proprio quel giorno, ai militari italiani. Perché: «Oggi la liberazione è quella dell’Afghanistan dalla schiavitù». Invece l’attuale presidente della camera, il leghista Fontana, questo 25 aprile sarà al mattino anche lui all’altare della patria con Mattarella e le altre autorità*. Ma il giorno prima – guarda caso – anche lui è a Praga per impegni istituzionali. Dunque La Russa faccia attenzione, potrebbe avere la sorpresa di trovare un’altra corona italiana già sistemata accanto alla lapide di Palach. Il problema delle partenze intelligenti, va a finire che anche gli altri hanno avuto la stessa idea.

Giorgia Meloni quest’anno, da presidente del Consiglio, non può evitare l’omaggio, almeno, al Milite ignoto, ma la sua agenda finisce qui. L’anno scorso invece ci tenne a far sapere che sarebbe rimasta chiusa in casa a preparare la conferenza programmatica di Fratelli d’Italia. Qualche anno prima, nel 2018, aveva spiegato che per lei non c’era niente da celebrare visto che «siamo l’unico popolo che festeggia quando ci siamo ammazzati tra noi». E prima ancora, il 25 aprile del 2015, tentò anche lei il dirottamento, puntando sui «pratoni del Piave». Ma quello è il 24 maggio!, le fecero notare. Lei però ci andò lo stesso, rispettando il calendario, ma annunciandolo il mese prima nel giorno della Liberazione.

E se Grillo il 25 aprile convocava i suoi «Vaffanculo day», nel 2008 per «liberarsi dei giornali», concludendo qualche anno dopo che «il 25 aprile è morto», nessuno è mai riuscito a stare al passo di Berlusconi in fatto di distrazioni. Il primo 25 aprile della sua «discesa in campo», il Cavaliere si chiuse nella cappella privata della villa di Arcore, una specie di cattedrale, costringendo anche i familiari a una messa in memoria di «tutte le vittime». L’anno dopo spiegò che «ragioni di sicurezza» lo tenevano lontano dalla piazza. In seguito il 25 aprile ha fatto di tutto, dall’andare a Porzus al marcare visita in costa Smeralda, dal ricevere Putin a cena all’invitare Ciarrapico, noto fascista, a pranzo. E quando ha deciso, invece, di rendere omaggio alla Resistenza, è andato a farlo dai terremotati, a Onna, con il fazzoletto dell’Anpi che – vuole la leggenda – custodisce ancora in una teca.

*In una precedente versione di questo articolo, sbagliando, non avevo citato la partecipazione di Fontana a questa cerimonia. (a. fab.)